Amici del Timone n�71 del 07 ottobre 2017

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1 LIBERALIZZARE LE DROGHE E' UN ERRORE
Non si tratta di moralismo, ma di evidenze dei fatti: fumare cannabis aumenta di sei volte la possibilità di passare a droghe più pesanti.
di Carlo Bellieni - Fonte: ilsussidiario.net
2 MENTRE INFURIA L'URAGANO HARVEY LA MORTE E' IN OFFERTA: ABORTI GRATIS IN TEXAS
La tremenda logica del business dietro le cliniche abortiste americane
di Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 SMASCHERATE DAI FATTI TUTTE LE BUFALE SUL CLIMA
Gli orsi polari non si sono estinti e stanno benissimo.....e adesso cosa ci racconteranno per farci spaventare?
di Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 L'AMERICA DI TRUMP SI SCHIERA CONTRO GLI ABORTI FORZATI IN CINA
Dietro il diritto di scelta difeso dall'ONU si nascondono barbari abusi sui neonati e sulle famiglie vittim della politica del figlio unico
di Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 ALFIE COME CHARLIE: MA IL PROBLEMA ORMAI E' GENERALIZZATO. QUANTO VALE LA VITA UMANA?
Ci stupiamo nel veder uccidere un innocente, ma presto tutto questo sembrearà normale
di Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 UN MONDO SENZA DOWN. E ALLORA PERCHE' NON UN MONDO SENZA MIOPI?
L'assurda pretesa di cancellare la sofferenza è un abominio che snatura il senso dell'accoglienza del figlio e maschera l'omicidio da atto pietoso
di Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 COME DEMOLIRE GLI ARGOMENTI PRO ABORTO
Capito il trucco è facile controbattere ai classici argomenti pro-choice: Chi sei tu per giudicare? Perché vuoi controllare il corpo delle donne? Se permetti gli aborti negli ospedali elimini quelli clandestini!
di Lorenza Perfori - Fonte: Libertà e Persona
8 I PREGIUDIZI E LA CENSURA IDEOLOGICA DI GOOGLE
Google licenzia l'ingegnere che invitava l'azienda a non ignorare, nella gestione del personale, il determinate fattore biologico (cioè che maschi e femmine sono diversi)
di Rodolfo de Mattei - Fonte: Osservatorio Gender

1 - LIBERALIZZARE LE DROGHE E' UN ERRORE
Non si tratta di moralismo, ma di evidenze dei fatti: fumare cannabis aumenta di sei volte la possibilità di passare a droghe più pesanti.
di Carlo Bellieni - Fonte: ilsussidiario.net, 05/09/2017

Fumare cannabis aumenta di sei volte la possibilità di passare a droghe più pesanti. Lo spiega uno studio pubblicato in agosto sulla rivista Scandinavian Journal of Public Health, che ha analizzato dal 2013 quasi 4mila soggetti tra 16 e 24 anni. Lo studio si basa su un questionario proposto ai giovani, in cui veniva misurato quanto sentissero "fashion" assumere droga, e quali droghe avessero consumato nell'ultimo periodo. Il percorso della dipendenza, conclude lo studio, parte dall'assunzione di alcol e tabacco in giovane età, per passare poi alla cannabis e da questa a droghe peggiori.
A questo punto diventa un bel problema spiegare alla popolazione che è vero il contrario, come vorrebbero certi fautori della liberalizzazione della cannabis, da sempre peraltro osteggiata dal mondo pediatrico capeggiato dall'American Academy of Pediatrics. L'associazione tra cannabis, insuccesso scolastico e passaggio ad altre droghe già era stata dimostrata anni or sono sulla rivista Lancet che aveva fatto una rassegna di tutti gli studi disponibili in proposito. E che la cannabis in sé non faccia bene non è neanche questo un mistero, tanto che la letteratura scientifica mostra studi su studi che mettono in rapporto lo spinello con la perdita di memoria, con incidenti automobilistici, con insuccesso scolastico e alterazioni neurologiche e polmonari. Si sente dire che anche altre sostanze come alcol e tabacco non fanno bene e allora legalizziamo anche la cannabis: un'orribile corsa al ribasso in un momento in cui, scoperti i danni da tabacco e alcol, si studiano campagne per limitarne l'uso e la pubblicità. Invece assistiamo a indebite entrate a gamba tesa per lasciare campo ibero alla cannabis.
La via alla cannabis libera ha dietro una strategia pubblicitaria fatta di cinque stadi. a) Creare il bisogno: mostrare il quadro del disagio come superabile solo "facendosi" o creare il mito del ragazzo che è fashion se si fa di spinelli. b) I testimonial: quanti cantanti e conduttori televisivi sentiamo vantarsi o alludere con simpatia ai loro trascorsi con lo spinello? c) I casi pietosi: è l'indebito passaggio dal fatto che forse la cannabis (ma non lo spinello in sé) ha effetti utilizzabili per due o tre malattie rare al proclama che "la cannabis fa bene". d) Il vantaggio economico: è di questi giorni la proposta in Svizzera di tassare la cannabis per aumentare le pensioni parallela ad analoga proposta di legge in Italia. e) La censura sui danni da cannabis sui massmedia. Insomma, pubblicità pura, come se si trattasse di vendere caramelle alla fragola; già nota come "disease mongering", una strategia per spaventare e commuovere la popolazione al fine di promuovere e far comprare medicine inutili, già denunciata su molti giornali medici.
Strategia o non strategia, quello che ci angoscia è la diffusione del fenomeno. Secondo il dipartimento antidroga del Governo, il 33% della popolazione studentesca delle superiori ha fatto uso di cannabis, circa 804mila ragazzi tra i 15 e i 19 anni ha utilizzato cannabis almeno una volta nella vita, il 16% ovvero 400mila studenti ne ha fatto uso nell'ultimo mese, 90mila di questi ne fa un uso quasi quotidiano. E pare che non sia un problema procurarsela. Ma, qui il punctum dolens, come reagire?
C'è chi vuole inasprire il proibizionismo, con leggi punitive e c'è chi invece vuole una liberalizzazione completa. Ma entrambi saltano a piè pari il vero problema: perché i ragazzi delegano ad una sostanza (che sia l'alcol, la cannabis o altro) la soluzione del loro disagio? Se non si risponde a questo è puerile pensare a manovre che agiscano solo sugli effetti, vuol dire non voler affrontare il problema o farlo all'italiana, cioè agire solo sulle emergenze, quando ci scappa il morto in tv e poi lasciar perdere e non voler vedere. Come spiega la psicologa delle dipendenze americana Mandy Saligari, bisogna invece aiutare i giovani a gestire i propri sentimenti ("prima che i nostri sentimenti inizino a gestire noi"), il proprio disagio, ma in questo campo c'è una voragine, c'è il nulla: più facile per qualunque governo pensare di agire con la polizia o con le tabaccherie della cannabis piuttosto che iniziare un serio lavoro di inclusione, di apertura e abbraccio al disagio giovanile.
Lo studio svedese che citavamo all'inizio dimostra che la cannabis in sé è sia un aperitivo ad altre droghe, sia un pungiglione velenoso per la salute. Tra un po' si apre l'anno scolastico: sarà un buon motivo per suggerire a chi di dovere di rendere le scuole non solo dispensatrici di nozioni o iniziatrici al mondo del lavoro, ma renderle più inclusive, più centri di socialità, più collaborative con le famiglie, per abbracciare il disagio dei giovani, davvero diffuso e letale.

Fonte: ilsussidiario.net, 05/09/2017

2 - MENTRE INFURIA L'URAGANO HARVEY LA MORTE E' IN OFFERTA: ABORTI GRATIS IN TEXAS
La tremenda logica del business dietro le cliniche abortiste americane
di Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/09/2017

L'uragano Harvey ha devastato il Texas. Le immagini di morte e distruzione che ha seminato sul proprio cammino sono state trasmesse in mondovisione. Il cordoglio è stato unanime. Per un attimo (sì, soltanto un attimo) si sono fermate, come sospese a mezz'aria, persino le polemiche scatenate quotidianamente contro il presidente Donald J. Trump, peraltro subito accorso sui luoghi del disastro. L'unico che invece non ha rallentato la propria lena è il demonio.
Venerdì l'altro era il 1° settembre, inizio del nuovo mese. Data perfetta per reclamizzare il lancio di un sensazionale saldo stagionale della durata appunto del solo mese di settembre. La catena texana di abortifici Whole Woman's Health (un nome la cui ipocrisia mortale proferita col sorrisetto sulle labbra fa prudere le mani) offre a tutte le donne incinte travolte dalla furia di Harvey di uccidere il bimbo che hanno in grembo senza sborsare un cent. Solo a loro. Per il limitato periodo di trenta giorni. Occasione unica, offerta imperdibile: mancano solo gli sconti per comitive. Il claim pubblicitario recita così, sloganistico come impone il prendere-o-lasciare del "tutto è business", gelido come si trattasse di peperoni venduti a cassette intere: «Per il mese di settembre forniamo aborti gratuiti per pazienti colpite dall'uragano Harvey. Vogliamo aiutare. Chiamaci». «Vogliamo aiutare»? «Pazienti»? Sì, perché "ovviamente" la gravidanza è una malattia, una iattura, a cui gli angeli della morte pongono rimedio. Non centra un fico secco, l'aborto, con l'uragano Harvey, ma gli alacri zeloti del nichilismo sono attentissimi a non perdere un colpo. Sbirciano da dietro l'uscio, origliano, bisbigliano; e appena si presenta l'occasione buona, saltano fuori gridando a pieni polmoni: "Venghino, venghino siore. Qui si dan via aborti come i soldati americani distribuivano la cioccolata ai sciuscà dell'Italia liberata".
La presentazione della mortale campagna texana prosegue così: «Sfortunatamente, sappiamo tutti sin troppo bene che in alcune parti del Paese può essere difficile accedere all'aborto, specialmente in Texas». Vero. Per merito dell'Amministrazione Trump che alle strutture abortive ha chiuso i rubinetti pubblici lasciati invece scrosciare per otto anni da Barack Obama, motivo per cui molti abortifici sono finito sul lastrico chiudendo i battenti. Particolarmente in Texas, dove il governatore, cattolico, Greg Abbott, ha applicato localmente la direttiva nazionale con grande celerità. «Già ci sono tante barriere che ostacolano l'accesso a questa procedura necessaria», prosegue la campagna della Whole Woman's Health, «poi arrivano i disastri naturali a mettersi di mezzo alle donne che cercano di arrivare al proprio appuntamento e/o cercano di permettersi le cure». Sembra di essere su "Scherzi a parte". L'aborto è una «procedura necessaria»? Le intemperie cattive che fanno fare tardi dal macellaio di bambini? Cure, quali cure, l'aborto è una cura?
Le cliniche di Houston hanno chiuso per allagamento e dunque, dice la Whole Woman's Health, urgono aiuti: quelli del Lilith Fund for Reproductive Equity di Austin e quelli dello Stigma Relief Fund. La seconda è la "finanziaria" della Whole Woman's Health che raccoglie dollari per pagare gli aborti ai poveri. La prima paga pure gli aborti di chi non se li può permettere, ma perché diamine porta il nome di un demone femminile degli antichi culti mesopotamici? Lilith infatti, ritenuta portatrice di sciagure, malattie e morti (originariamente legati alle tempeste, curioso visto il frangente dell'uragano Harvey), era identificata nei testi cabalistici e talmudici ebraici prima come la moglie originaria poi ripudiata di Adamo poi come un demone notturno, nel Medioevo associata all'adulterio, alla stregoneria e alla lussuria, prezzemolo di un certo occultismo moderno, nel neopaganesimo contemporaneo associata all'inquietante culto della Grande Madre e in certa pop culture descritta come la madre di tutti i vampiri.
La Society for the Protection of the Unborn Child, la più grande e antica organizzazione pro-life britannica, ricorda del resto che forse l'iniziativa dell'abortificio texano di uccidere bambini gratis è stata imbeccata il 31 agosto da una femminista che, nel mezzo dello scempio, mentre in Texas si precipitavano solerti i primi soccorritori, non ha trovato di meglio che twittare così: «Posso suggerire, tra le vostre donazioni per l'#Harvey relief, di prendere in considerazione anche l'idea di donare a un fondo texano per l'aborto? C'è bisogno pure di questo». Lo stesso 31 agosto, infatti, il Lilith Fund ha lanciato la campagna di raccolta. Di più ancora.
Oggi Abby Johnson ha 37 anni. È diventata famosa per avere abbandonato nell'ottobre 2009 la direzione di una clinica della Planned Parenthood (il maggior abortificio del mondo) dopo esserne stata nominata "impiegata dell'anno" nel 2008. Ciò che l'ha trasformata nell'indomabile attivista pro-life che è oggi è stato l'avere assistito in diretta a un aborto guidato dagli ultrasuoni. Abby ricorda che i suoi vecchi datori di lavoro, appunto la famosa e famigerata Planned Parenthood già coinvolta nel traffico di resti fetali esito di aborti, fece lo stesso quando l'uragano Katrina devastò la Louisiana nell'agosto 2005. Il diavolo probabilmente, s'intitola quel vecchio film di Robert Bresson.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/09/2017

3 - SMASCHERATE DAI FATTI TUTTE LE BUFALE SUL CLIMA
Gli orsi polari non si sono estinti e stanno benissimo.....e adesso cosa ci racconteranno per farci spaventare?
di Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/08/2017

Ricordate le estati passate? A un certo punto partiva il tormentone dell'orso polare affamato e sfinito, a rischio di estinzione a causa della scomparsa dei ghiacci artici. Con tanto di foto di orsi smagriti alla deriva su un pezzo di ghiaccio. Da un po' invece non se ne parla più, anche se anni di propaganda martellante ci garantiscono che Greenpeace e WWF continueranno ad usare ancora per qualche tempo questo argomento per provare la catastrofe provocata dal riscaldamento globale e rimpinguare le loro casse.
Ma ormai il povero orso polare, che poteva venire salvato solo mangiando una certa caramella, è morto come icona del cambiamento climatico. Il perché è semplice: lui, l'orso, è più vivo che mai e anche ben pasciuto. È quello che dimostra l'osservazione in loco. Le foto più recenti degli orsi presenti nella baia di Hudson li mostrano belli grassi ma soprattutto numerosi proprio lì dove – a dare retta alle previsioni di 15-20 anni fa – dovrebbero ormai essere solo estinti, come a Churchill, in territorio canadese, conosciuta come la capitale degli orsi polari. Avevano ragione gli inhuit – la popolazione autoctona – che già dieci anni fa contestavano gli allarmi catastrofisti affermando che la popolazione degli orsi stava aumentando e non diminuendo. In realtà, oltre agli inhuit c'era chi già allora aveva smascherato la bufala dell'estinzione degli orsi polari (clicca qui), ma gli interessi dei gruppi ecologisti sostenuti dai grandi media conquistavano comunque l'opinione pubblica.
Fatto sta che oggi abbiamo dati incontrovertibili sull'aumento della popolazione degli orsi polari, che sono stimati in un numero che va dai 23mila ai 33mila, e questo malgrado si sia raggiunto nel 2016 la minima estensione estiva dei ghiacci artici che – secondo le previsioni dei soliti esperti – avrebbe dovuto far diminuire di almeno 2/3 la popolazione degli orsi polari. Una dettagliata e aggiornata mappa della loro presenza, che invece smentisce quanto sostenuto negli anni scorsi, è contenuta in un corposo rapporto (oltre 600 pagine) pubblicato dal Gruppo di lavoro scientifico (SWG) della Commissione congiunta Groenlandia-Canada sull'orso polare e riferito al 2016. Per fare un raffronto, l'anno precedente le stime andavano dai 22mila ai 31 mila esemplari, ma nel 2005 si parlava di 20-25mila e alla fine degli anni '60 di 8-10mila. Alla faccia dell'estinzione.
Ma non aspettatevi che qualcuno reciti il mea culpa, avverta delle previsioni sbagliate e rassicuri l'opinione pubblica che vive ormai con ansia il destino degli orsi polari. La battaglia sui cambiamenti climatici deve andare avanti, così c'è già la scusa pronta e l'individuazione di altre parole d'ordine. Come si capisce dall'intervento di Michael Mann, uno degli scienziati che deve la sua notorietà al catastrofismo climatico, secondo cui «abbiamo sbagliato a usare orsi polari e pinguini come manifesto del cambiamento climatico perché abbiamo dato l'impressione che questo sia una specie di problema dal sapore esotico e perciò lontano».
Nessuna ammissione di previsioni sbagliate, si passa direttamente alla nuova immagine da usare per la propaganda. Si deve far capire che il riscaldamento globale causato dall'uomo riguarda tutti, perciò ecco l'idea: «l'Artico è l'aria condizionata che rinfresca il pianeta». Chiaro il collegamento: se si sciolgono i ghiacciai muoriamo di caldo. E la chiamano scienza.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26/08/2017

4 - L'AMERICA DI TRUMP SI SCHIERA CONTRO GLI ABORTI FORZATI IN CINA
Dietro il diritto di scelta difeso dall'ONU si nascondono barbari abusi sui neonati e sulle famiglie vittim della politica del figlio unico
di Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/09/2017

Dopo la decisione dell'amministrazione Trump di tagliare i finanziamenti al Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), gli Stati Uniti criticano nuovamente l'agenzia dell'Onu per il suo supporto alla politica degli aborti forzati in Cina. Qui, secondo le stime ufficiali, sono stati abortiti circa 400 milioni di bambini dall'inizio degli anni '80 a oggi, con abusi molteplici sui nascituri e sulle loro famiglie che continuano anche dopo che è stata abbandonata la scellerata politica del figlio unico, sostenuta da multinazionali abortiste come la Planned Parenthood e la Marie Stopes International che dicono di essere per la "libertà di scelta" (purché questa sia orientata al profitto, andrebbe aggiunto).
"Fino a quando l'Unfpa supporterà o parteciperà a qualche programma di coercitiva limitazione delle nascite, gli Stati Uniti non finanzieranno l'Unfpa", ha detto giovedì scorso Stephanie Amadeo, vice rappresentante degli Usa al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc). Quest'altro affondo americano arriva dopo che l'Unfpa ha reso noto il suo nuovo piano quadriennale, che intende promuovere politiche sull'educazione sessuale espressamente rifiutate da molti Stati membri. Gli Usa continuano comunque a spendere circa 600 milioni di dollari all'anno in pianificazione familiare (anche se è stata avanzata una proposta volta a eliminare questo stanziamento per il 2018). E la Amadeo ha ribadito che i 32.5 milioni di dollari in precedenza destinati al Fondo dell'Onu saranno girati all'Usaid, l'agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, che ha quantomeno recepito i limiti al finanziamento dell'aborto all'estero stabiliti da Trump attraverso la reintroduzione della Mexico City Policy.
Le parole della rappresentante americana hanno causato la reazione della Cina, che ha rivisto la propria dichiarazione originaria per definire "immotivate" le accuse degli Stati Uniti e contrattaccare sostenendo che starebbero solo cercando "scuse" per ritirare i finanziamenti. Al di là del prevedibile rifiuto della delegazione cinese di ammettere gli orrori compiuti in decenni di controllo delle nascite, il nuovo piano strategico dell'Unfpa per il 2018-2021 desta legittime preoccupazioni. Nel documento si parla infatti varie volte di "diritti di salute sessuale e riproduttiva" e "servizi di salute sessuale e riproduttiva": una terminologia che diversi Stati membri non accettano perché è il mezzo per sdoganare l'aborto a livello internazionale (sempre rimasto fuori dai trattati), assieme ai concetti dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere, che fanno parte della neolingua veicolata dai gruppi Lgbt.
Il piano dell'Unfpa - pienamente appoggiato da Paesi come la Norvegia, tra i più radicali nel sostenere i "nuovi diritti" - spinge inoltre per la promozione di programmi di "educazione sessuale onnicomprensiva" tra i bambini, altra espressione subdola che nelle intenzioni dei suoi ideatori ha il fine di far radicare nelle scuole l'ideologia avversa alla famiglia naturale e al diritto dei nascituri, con l'incoraggiamento di una deresponsabilizzazione e un libertinaggio assoluti, scavalcando la stessa libertà educativa dei genitori. Se l'agenzia dell'Onu realizzasse quest'ultima sua ambizione, supererebbe arbitrariamente un ulteriore limite del suo mandato che prevede di agire con un'adeguata "direzione e guida da parte dei genitori e dei tutori legali". L'Unfpa afferma pure di voler "eliminare le barriere" che limitano l'accesso ai servizi, anche riguardo agli adolescenti, ma non specifica in che cosa consisterebbero queste barriere e nemmeno si sofferma sulla salvaguardia dei diritti dei genitori.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/09/2017

5 - ALFIE COME CHARLIE: MA IL PROBLEMA ORMAI E' GENERALIZZATO. QUANTO VALE LA VITA UMANA?
Ci stupiamo nel veder uccidere un innocente, ma presto tutto questo sembrearà normale
di Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/08/2017

I giovanissimi genitori del piccolo Alfie Evans, il bimbo inglese di quindici mesi in coma da dicembre, stanno ancora cercando un ospedale pronto ad accogliere loro figlio e un neurologo in grado di fare una diagnosi. E hanno lanciato un appello affinché questo tipo di aiuto arrivi al più presto, anche per le difficoltà vissute dal bambino negli ultimi giorni. Come già raccontato su questo quotidiano, i medici dell'Alder Hey di Liverpool non sono fin qui riusciti a individuare la patologia sofferta da Alfie, che ha frequenti crisi epilettiche e viene aiutato a respirare da un ventilatore, di cui dall'inizio del ricovero è riuscito a fare a meno in tre circostanze. La sua famiglia teme che l'ospedale possa prima o poi rinnovare la proposta di staccare il supporto vitale, come già si è sentita dire otto mesi fa dopo un peggioramento del bambino. Proposta che papà Thomas e mamma Kate avevano fermamente respinto, mentre Alfie – battezzato a dicembre proprio in seguito al primo serio pericolo per la sua vita – iniziava a mostrare segni di miglioramento.
All'inizio di questa settimana, tuttavia, i genitori hanno reso noto che Alfie è di nuovo peggiorato, perché la frequenza cardiaca si è abbassata a 50-80 battiti al minuto, non distende i muscoli come prima e non riesce a respirare in modo autonomo, sintomi che i dottori attribuiscono a un problema cerebrale. Sulla pagina Facebook di Alfie's Army, si legge che "il suo cervello non è in salute, ma i medici hanno detto chiaramente che non conoscono l'entità del danno al cervello" e si aggiunge che Alfie ha in ogni caso "un'attività cerebrale" e "non è in stato vegetativo".
Secondo i medici, come riportato pure dal padre sul sito dedicato alla raccolta fondi, Alfie potrebbe in teoria soffrire di una qualche forma di patologia mitocondriale. Ma il condizionale è d'obbligo. Anche alla luce di quanto successo con Charlie Gard, vittima di un'eutanasia di Stato conseguente alla battaglia giudiziaria vinta dal Great Ormond Street Hospital di Londra, i genitori vorrebbero trasferire Alfie in un ospedale al di fuori del Regno Unito. Da indiscrezioni pare che l'Alder Hey sarebbe disponibile ad accettare un trasferimento presso un'altra struttura che fornisca al bimbo la ventilazione assistita. La famiglia chiede aiuto in tal senso e continua a sperare che il piccolo possa ottenere una diagnosi precisa e venga sottoposto a una terapia. "Ha un futuro e una vita da vivere. Lui non si è arreso e nemmeno noi. Per lui ci sono possibilità lì fuori [dal Regno Unito] se riusciamo a portarlo nel luogo di cura giusto".
Nonostante il recente peggioramento, Alfie continua a dare segni di vitalità. "Quando è attaccato al ventilatore tossisce, starnutisce e sbadiglia, reagisce al contatto. È cosciente che tutti stiamo lottando per quello che crediamo sia giusto per lui. Continueremo a lottare fino a quando Alfie non smetterà di lottare". Nel loro ultimo appello, assieme all'aiuto per essere messi in contatto con esperti e ospedali pronti ad assistere il bambino, Kate e Thomas ringraziano tutte le persone che li stanno supportando e chiedono preghiere per il loro bambino. Non facciamogliele mancare.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/08/2017

6 - UN MONDO SENZA DOWN. E ALLORA PERCHE' NON UN MONDO SENZA MIOPI?
L'assurda pretesa di cancellare la sofferenza è un abominio che snatura il senso dell'accoglienza del figlio e maschera l'omicidio da atto pietoso
di Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25/08/2017

Applaudono i giornali italiani che questa settimana hanno dato notizia della possibilità di una nazione come l'Islanda di riuscire a liberarsi dei bambini con la sindrome di Down (trisomia 21), dopo che la Danimarca aveva promesso di debellarla uccidendo tutti i malati entro il 2030. Applaudono sì, ma non troppo forte, che altrimenti sarebbe evidente la loro volontà eugenetica ed efficientista che odia gli imperfetti.
Infatti, come si leggeva nei giorni scorsi sul Corriere della Sera, basta farne una questione di scelta individuale e il gioco è fatto: non esiste coercizione degli Stati, scrivono i benpensanti, dunque il paragone con l'eugenetica nazista non sussisterebbe. Peccato che gli screening prenatali di massa, l'obbligo di informare le donne della loro esistenza e un mondo in cui chi mette al mondo figli disabili è visto come un pazzo egoista, di fatto spingono la gente ad abortire nel caso di sospetta anomalia, incrementando anche l'omicidio di tanti sani (mal diagnosticati come malati). Così, consapevoli o meno, i grandi giornali fanno lo stesso ragionamento di chi capì che dopo il crollo del Terzo Reich l'eugenismo "attivo" non era più praticabile: l'eugenista britannico Carlos P. Blacker parlò di una strategia per ripresentarlo attraverso "una politica di cripto-eugenetica". Nel 1956 Frederick Osborne la spiegò sostenendo che bisognava incidere specialmente sul costume e sulle aspettative sociali del popolo, in modo che "gli individui scelgano da soli la soluzione eugenetica". Osborne la chiamò "selezione volontaria inconsapevole".
E' evidente che ci siamo: oggi si sceglie (pensando di farlo liberamente) di debellare la malattia assassinando senza conseguenze, se non applauditi, i propri figli malati. Come disse il genetista scopritore della sindrome di Down, Jerome Lejeune, spiegando la follia di chi pensava di sconfiggere la trisomia 21 uccidendo i malati. Follia, anche perché rimarranno sempre persone che decidono di non eliminare i propri bimbi malati e perché la diagnostica non sarà mai completamente perfetta. Dunque, l'unico modo per arrivare davvero ad una percentuale di malati dello zero per cento può essere solo la coercizione ad abortirli e, nel caso di diagnosi errata, ad ucciderli appena nati.
Ma prima di allora basterà, appunto, la strategia della "selezione volontaria inconsapevole", alimentata anche dalla rappresentazione falsa dei bambini Down come degli infelici e dal disegnare scenari allucinanti di vita dei loro genitori. Eppure a chi ne conosceva anche uno solo di bimbo disabile, accolto e amato dalla sua famiglia, tutto ciò pare niente di meno che una menzogna ideologica. La maggioranza di questi bambini non solo vuole vivere, ma spesso sa vivere meglio dei cosiddetti sani (chi lo è davvero?). Che siano attaccati alla vita lo dice il piccolo paziente che si rivolse al medico Jerome Lejeune, il quale scoprì l'origine della sindrome di Down, chiedendogli di difenderlo da quanti volevano eliminarlo, così come una sua piccola paziente, Cecilia, che ai suoi funerali disse: "Mio Dio, per favore veglia sul 'mio amico'; per la mia famiglia io sono brutta assai, lui mi trova persino carina, perché sa com'è fatto il mio cuore". Dimostrando, così che egoista non è chi accoglie questi bimbi fragili come un dono da amare, ma chi li vuole eliminare per incapacità di sacrificio, che poi è la definizione vera dell'egoista.
Mentre che i disabili spesso sanno vivere meglio di molte persone in salute lo dicono i loro genitori. Kate Davis-Holmes, mamma di Elijah, il 17 agosto ha scritto: "Mio figlio è straordinario, ha un entusiasmo per la vita che non ho mai visto in nessun altro essere umano. Ha una determinazione che io me la sogno, è felice, sta bene ed è amato…queste sono le caratteristiche che il mondo medico non vede, che i media non vogliono vedere… la gioia che arreca questa piccola persona a me e a tutti quelli che gli stanno intorno supera ogni sfida e negatività… lui è il mio maestro". Poi, facendo emergere l'ideologia dell'uomo perfetto la donna sottolinea: "C'è un test per individuare un extracromosoma" ma non "per individuare un assassino o un pedofilo". E, dunque, come la mettiamo con l'uomo perfetto?
Cosa significa vedere il mondo attraverso le lenti di questi bambini lo ha testimoniato anche la mamma di Max all'inizio di giugno, spiegando che ci "insegna cos'è importante. Ama come non ho mai visto amare nessuno. Mi aiuta a rallentare e ad apprezzare i momenti importanti… andare nel college migliore non vale come trovare il compimento della vita e sperimentare l'amicizia e l'amore veri". Curtney continua: "Mi ritengo graziata per essere stata scelta come sua madre. Sì, ho bisogno di più aiuto di un'altra madre… ma lui è un dono".
Adrian Warnock, medico e scrittore inglese, ha riportato la testimonianza di una madre la cui figlia, Megan, è affetta dalla trisomia 21: "La mia vita è profondamente arricchita da mia figlia… lei ha questo modo unico di tirarmi su di morale, "dai mamma, mi dice, stai su. Andrà tutto bene". Poi mi fa uno dei suoi sorrisi sfacciati… Megan mi ricorda il valore di rimanere bambini nell'approccio alla vita. Non puerile, ma innocente, per i cristiani la fede dei bambini e una delle migliori. La fede di un bambino non mette in dubbio qualsiasi cosa, come quella cinica degli adulti, la fede di un bambino ha fiducia e crede. Mia figlia vede poi la bellezza intorno a sé, vede il divertente e il buono in ogni circostanza…lei non giudica, ma è veloce nel riprendere qualcuno se è sgarbato o se vede un atto scortese". Un giorno, ricorda poi la donna, una parrucchiera sbagliò tagliandole un ciuffo di capelli e "Megan cominciò a piangere". La parrucchiera mortificata abbracciò la ragazzina scusandosi. Megan, immediatamente, "si asciugò le lacrime e disse: "Non preoccuparti, è nel passato, ti ho già perdonato"… meno di un minuto era passato e per lei quello sbaglio non c'era già più… quanto sarebbe più facile la vita se fossimo capaci di vivere così… Spesso penso quanto sarebbe migliore il mondo se tutti potessimo avere questo modo di guardare la vita… io ho imparato così ad essere positiva, grata e buona". E oggi, "come mia figlia, assaporo ogni momento con cui Dio mi benedice".
Ma perché tendenzialmente i bambini malati, accolti ed amati, sanno vedere quello che il mondo pare non vedere più? Forse che la malattia costringe alla dipendenza e quindi all'abbandono in chi li ama? Forse che spinge gli uomini dal cuore duro ad intenerirlo? Forse che questi bimbi generano intorno a loro carità? Forse che il ritardo li aiuta a guardare, mostrandola al mondo, la realtà senza le lenti del razionalismo moderno troppo complicato per loro? Ma, allora perché tutta questa smania di eliminarli? Forse perché, guardando la realtà come un dono, disturbano l'orgoglio dell'uomo che vuole farsi padrone di un mondo a sua misura.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25/08/2017

7 - COME DEMOLIRE GLI ARGOMENTI PRO ABORTO
Capito il trucco è facile controbattere ai classici argomenti pro-choice: Chi sei tu per giudicare? Perché vuoi controllare il corpo delle donne? Se permetti gli aborti negli ospedali elimini quelli clandestini!
di Lorenza Perfori - Fonte: Libertà e Persona, 08/09/2017
Fonte: Libertà e Persona, 08/09/2017

8 - I PREGIUDIZI E LA CENSURA IDEOLOGICA DI GOOGLE
Google licenzia l'ingegnere che invitava l'azienda a non ignorare, nella gestione del personale, il determinate fattore biologico (cioè che maschi e femmine sono diversi)
di Rodolfo de Mattei - Fonte: Osservatorio Gender, 12/08/2017
Fonte: Osservatorio Gender, 12/08/2017

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