Amici del Timone n�61 del 01 novembre 2016
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BOTTA E RISPOSTA SUI GIORNALI : E' EVIDENTE CHE I RADICALI NON SONO DALLA PARTE DELLA VITA
Il presidente di Scienza e Vita Siena replica alla radicale Giulia Simi
Fonte: Blog di David Busato
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L'OBIEZIONE DI COSCIENZA E' NELLA STESSA ESSENZA DELLA PROFESSIONE MEDICA
Lo sforzo dei bioeticisti per giustificare aborto ed eutanasia capovolge il rapporto tra legge positiva e legge morale. Che resta della libertà?
di Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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SBUGIARDATA LA BUFALA EVOLUZIONISTA DELLE FALENE
Le falene secondo i darwinisti avrebbero cambiato colore per adattarsi al nuovo ambiente, ma in realtà... non c'è nessuna nuova specie e nessuna mutazione mimetica per sopravvivere (VIDEO: La definitiva sconfitta dell'evoluzione)
di Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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NATURA E RAGIONE DIFENDONO LA VITA
Ormai l'uomo sta dimenticando il suo fine
di Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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SI GIOCA CON IL DNA DELL'UOMO MA GUAI A TOCCARE GLI ANIMALI
A questo porta l'indifferentismo morale dilagante
di Lorenzo Schoepflin - Fonte: Il Timone
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IL SOLE TESTIMONIA L'ESISTENZA DI DIO CREATORE
La conoscenza della natura porta inevitabilmente ad apprezzare l'azione creatrice di Dio
di Umberto Fasol - Fonte: Il Timone
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BOTTA E RISPOSTA SUI GIORNALI : E' EVIDENTE CHE I RADICALI NON SONO DALLA PARTE DELLA VITA
Il presidente di Scienza e Vita Siena replica alla radicale Giulia Simi
Fonte Blog di David Busato
Siena. Riceviamo e pubblichiamo:"Caro Direttore, leggo suo tuo blog la posizione della radicale Giulia Simi sul tema dell'eutanasia (https://davidbusato.it/eutanasia-parere-della-radicale-giulia-simi-164/) e ti chiedo cortesemente di ospitare nuovamente un mio contributo in merito. Io credo che occorra essere estremamente franchi ormai. La nostra posizione e quella dei Radicali su tutti i temi legati alla bioetica è totalmente inconciliabile e non c'è compromesso che possa tenere. Non mi voglio con questo sottarre al dialogo e al confronto, ma anche per lealtà verso chi segue questa discussione occorre dire le cose come stanno. Da una parte abbiamo chi si fa da sempre paladino del principio assoluto dell'autodeterminazione individuale, al punto tale da ignorare ogni ricaduta sociale legata ai comportamenti individuali e financo arrivando (più o meno consapevolmente) a disinteressarsi delle condizioni in cui matura questa autoderminazione e il suo grado di libertà dai condizionamenti esterni e dalla cultura sociale in cui questa si forma. Dal'altra abbiamo invece chi si sforza di ricordare che ogni vita umana è preziosa e irripetibile in sè e che assicurare "qualità della vita" a tutti in realtà è un compito e una responsabilità che grava su ognuno di noi e sulla società nel suo complesso, percependo quindi come un fallimento (anche della politica) ogni situazione in cui una vita umana venga soppressa perchè percepità come "non degna di essere vissuta". E' con un certo brivido, quindi, che leggo l'ultima parte dell'intervento della Simi dove viene rivendicato con fierezza questo triste servizio alla morte che alcuni svolgeranno, accompagnando in Svizzera malati terminali, per fare ciò che è facile intuire. Un esempio chiarissimo che spiega senza ombra di dubbio la distanza incolmabile tra le nostre due posizioni. Mi sembra peraltro interessante il fatto che proprio oggi debutta nelle sale cinematografiche italiane un docu-film intitolato "La teoria svedese dell'amore" che, a mio avviso e in manera del tutto asettica e laica, fa il punto della situazione della società svedese dopo 40 anni di politiche e legislazioni sociali che hanno fatto diventare il paese scandinavo il paradiso dei diritti individuali, ovvero il sogno realizzato dei nostri amici Radicali. Si tratta di un ritratto desolante e inquietante: la Svezia oggi ci viene rappresentata come il Paese dove i rapporti autentici tra le persone sono praticamente spariti. Il benessere e il welfare hanno raggiunto esattamente l'obiettivo che il Paese si era dato 40 anni prima: liberare ogni cittadino da qualsiasi dipendenza da altri. Peccato che nel far questo, la Svezia sia diventato un Paese di individui che non creano legami, in cui le donne fanno figli comprando il seme su Internet, in cui uno svedese su quattro muore da solo. Un confortevole inferno. Ecco il frutto delle "battaglie" che puntano a stabilire il primato assoluto dell'autodeterminazione individuale. Non è giunto forse il momento di capire dove questa ideologia ci sta portando? A ben pensarci anche qui in Italia abbiamo abbastanza elementi per tirare le somme. Basti pensare alla situazione sempre più disgregata e "nucleare" delle famiglie e dei giovani, alla nostra natalità e nuzialità ormai scese a livelli insostenibili. Abbiamo davvero bisogno di ulteriori spinte individualiste? O forse non è il caso di immaginare e creare una società basata sulla solidarietà e l'interdipendenza tra le persone? Io personalmente non ho dubbi in proposito e spero davvero che sempre più persone si rendano conto che le proposte dei Radicali dietro una patina di "progressismo" e "civilita", nascondono in realtà disumanizzazione e una sensazione di gelido freddo nella schiena. Siamo ancora in tempo per cambiare strada e non chiudere gli occhi. Di "paradisi in terra" ne abbiamo già visti altri nella Storia, non commettiamo di nuovo gli stessi errori. Grazie dell'attenzione.
Fonte: Blog di David Busato
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L'OBIEZIONE DI COSCIENZA E' NELLA STESSA ESSENZA DELLA PROFESSIONE MEDICA
Lo sforzo dei bioeticisti per giustificare aborto ed eutanasia capovolge il rapporto tra legge positiva e legge morale. Che resta della libertà?
di Ermes Dovico - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/10/2016
Che l'obiezione di coscienza sia sotto attacco in quasi tutti i Paesi occidentali (dall'Italia della legge Cirinnà agli Stati Uniti del "mandato contraccettivo" contenuto nella riforma sanitaria di Obama) è chiaro come la luce del sole, così come è chiaro che questo attacco sta avvenendo su molteplici livelli, dal terreno politico-istituzionale a quello mediatico e culturale. Uno degli ultimi esempi in ordine di tempo viene dalla rivista Bioethics, che il 22 settembre ha pubblicato un articolo di due influenti bioeticisti, Julian Savulescu della Oxford University e Udo Schuklenk della Queen's University (condirettore del suddetto giornale), i quali nell'analizzare il rapporto medico-paziente propongono tre cambiamenti radicali: 1) rimuovere il diritto del medico all'obiezione di coscienza; 2) selezionare tra gli aspiranti medici coloro che sono privi di remore di coscienza; 3) consentire che anche al di fuori della professione medica si possano fornire servizi (sic!) come l'aborto, la contraccezione e l'eutanasia. Sovvertendo completamente i più elementari principi del Giuramento di Ippocrate, che vede nel medico un essere libero da condizionamenti e impegnato a tutelare la vita di ogni paziente in un rapporto di fiducia reciproca, e biasimando l'influenza della religione, i due studiosi affermano che "i dottori devono mettere gli interessi del paziente prima della propria moralità. Devono assicurare che servizi legali, benefici e desiderati vengano forniti, se non da loro, da altri. Se ciò porta a sensi di colpa, rimorso o causa il loro abbandono della professione, così sia". Senza spiegare che cosa ci sarebbe di "benefico" nel togliere la vita a un bambino nel grembo materno o a un malato, Savulescu e Schuklenk continuano il loro intervento, argomentando che "c'è una sovrabbondanza di persone che desiderano diventare medici. Il posto per discutere questioni come la contraccezione, l'aborto e l'eutanasia è a livello sociale, non al capezzale, una volta che queste procedure diventano legali e parte della pratica medica". Per i due bioeticisti, insomma, poco importa se una pratica legale possa essere immorale. L'idea alla base di un pensiero del genere è che i medici - o qualunque altro cittadino che nell'esercizio pubblico delle sue funzioni si trovi a dover decidere sul compimento di un atto contrario alla sua coscienza (vedi quanto sta avvenendo in Italia con le "unioni civili" e i sindaci non disposti a celebrarle) - debbano diventare meri esecutori di ciò che prevede la legge, soddisfacendo ogni richiesta del paziente, anche qualora questa vada contro il bene del paziente stesso e, quindi, contro i principi che la sua professione e la sua coscienza gli chiedono di salvaguardare. Questa tendenza a capovolgere il rapporto tra legge civile e legge morale (considerato in una prospettiva opposta rispetto a quanto efficacemente spiegato da san Giovanni Paolo II ai paragrafi 68-74 della Evangelium Vitae, dove si chiarisce tra l'altro che le leggi ingiuste, come quelle su aborto ed eutanasia, "non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma sollevano piuttosto un grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante obiezione di coscienza") è purtroppo sempre più diffusa, come si può constatare in una dichiarazione firmata a giugno da quindici filosofi e bioeticisti riunitisi a Ginevra presso la Brocher Foundation, nella quale si mettono nero su bianco dieci punti con concetti molto simili a quelli diffusi dalla rivista Bioethics: "I primi doveri dei professionisti della sanità sono verso i loro pazienti, non verso la loro personale coscienza", si legge per esempio al primo punto. Nel gruppo dei quindici, oltre a Savulescu, figurano anche gli italiani Alberto Giubilini, Francesca Minerva e Maurizio Mori, tre dei più noti esponenti della Consulta di Bioetica Onlus, un'associazione di impronta laicista, pro aborto ed eutanasia. Giubilini e Minerva, in particolare, sono gli stessi studiosi che nel 2012 sollevarono un dibattito internazionale con il loro articolo sul Journal of Medical Ethics (diretto dal solito Savulescu), scrivendo che l'infanticidio, da loro ribattezzato "aborto post-natale", dovrebbe essere permesso in tutte le circostanze in cui è consentito l'aborto (una conclusione aberrante, ma basata su una premessa vera, ossia che non c'è discontinuità tra il concepito nel grembo materno e il neonato, i quali vanno ugualmente tutelati). L'argomentazione di Giubilini e Minerva sviluppava delle idee sostenute decenni prima da Michael Tooley e dal guru dell'animalismo e dell'antispecismo Peter Singer. Nell'occasione, Mori prese le difese dei due colleghi, affermando che la loro tesi non poteva essere "scartata a priori solo perché scuote sentimenti profondi o tocca corde molto sensibili". Paradossalmente, Mori si appellava allora alla "libertà di ricerca intellettuale e scientifica": e perché da un lato invoca questa libertà, spinta al punto di suggerire l'idea che un male assoluto (l'infanticidio) possa in certe circostanze considerarsi lecito, e dall'altro chiede che i medici - coloro, si intende, impegnati a difendere un bene oggettivo (la vita) - vengano professionalmente limitati nella loro libertà di coscienza? Misteri del relativismo etico.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/10/2016
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SBUGIARDATA LA BUFALA EVOLUZIONISTA DELLE FALENE
Le falene secondo i darwinisti avrebbero cambiato colore per adattarsi al nuovo ambiente, ma in realtà... non c'è nessuna nuova specie e nessuna mutazione mimetica per sopravvivere (VIDEO: La definitiva sconfitta dell'evoluzione)
di Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/09/2016
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/09/2016
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NATURA E RAGIONE DIFENDONO LA VITA
Ormai l'uomo sta dimenticando il suo fine
di Giampaolo Crepaldi, vescovo di Trieste - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/10/2016
E' in uscita l'ultimo fascicolo del "Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa" dell'Osservatorio Cardinale Van Thuân dedicato a "Per la vita senza compromessi". Si possono trovare quasi tutte le relazioni del convegno il 7 maggio scorso dallo stesso titolo organizzato a Roma, in preparazione per la Marcia per la Vita, da Vita Umana Internazionale e il Comitato Verità e Vita. Il fascicolo contiene gli interventi di Giacomo Rocchi, Stefano Fontana, Stefano Tardani, Angelo Francesco Filardo, l'Arcivescovo Luigi Negri e Mons. Livio Melina. Pubblichiamo qui l'Editoriale dell'Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, Vescovo di Trieste e Presidente dell'Osservatorio. Per informazioni, acquisti ed abbonamenti: abbonamentibollettino@edizionicantagalli.com; info@vanthuanobservatory.org. Questo numero del Bollettino è dedicato ad una riflessione sulla centralità del tema della difesa della vita umana fin dal concepimento per la Dottrina sociale della Chiesa e, in generale, per continuare a permettere che la religione cattolica abbia un ruolo pubblico, come deve necessariamente avere. Ritengo importante situare la riflessione sulla difesa della vita, anche quella condotta dal punto di vista scientifico-medico come viene fatto in questo fascicolo, dentro la Dottrina sociale della Chiesa, ossia dentro il rapporto della Chiesa con il mondo. Perché in questo consiste il ruolo pubblico della fede cattolica, che non parla solo all'interiorità delle persone, ma esprime la regalità di Cristo anche sull'ordine temporale e attende la ricapitolazione di tutte le cose in Lui, Alfa e Omega. La regalità di Cristo ha un significato spirituale, certamente, ma ne ha anche uno cosmico e sociale. Senza questa dimensione pubblica, la fede cattolica diventa una gnosi individuale, un culto non del Dio Vero ed Unico ma degli dèi, una setta che persegue obiettivi di rassicurazione psicologica rispetto alla paura di essere "gettati" nell'esistenza. Innanzitutto il tema della difesa della vita porta con sé il messaggio della natura. Ci dice che esiste una natura e, in particolare, una natura umana. Non ci sono altre motivazioni valide per chiedere il rispetto del diritto alla vita e, per contro, chi non lo rispetta è perché nega l'esistenza di una natura umana o la riduce ad una serie di fenomeni governati dalla necessità. La vita, invece, ci riconduce alla natura orientata finalisticamente, come lingua, come codice. La nostra cultura ha perso l'idea di fine. Ha cominciato a perderla quando Cartesio ha interpretato il mondo come una macchina e Dio come colui che ha dato un calcio al mondo, o forse anche prima. Oggi viviamo in una cultura post-naturale e, di conseguenza, post-finalistica. Il principio di causalità, che nella filosofia classica, era connesso con quello di finalità, se ne è staccato. La realtà non esprime più un disegno ma solo una sequenza di cause materiali. Rilanciare una cultura della difesa della vita significa allora anche recuperare la cultura della natura e la cultura dei fini. Il concetto di natura porta con sé la dimensione dell'indisponibile. Se la natura è "discorso" e "parola", essa esprime un senso che ci precede. Non siamo solo produttori di parole, siamo anche uditori della parola che promana dalle cose, dalla realtà, dalla sinfonia dell'essere. Ammettere la vita come dono inestimabile significa riconoscere che nella natura c'è una parola che ci viene incontro e che ci precede. Ogni nostro fare deve tener conto di qualcosa che viene prima: il ricevere precede il fare. C'è qualcosa di stabile prima di ogni divenire. Negare la natura apre la porta culturale alla manipolazione della vita, perché viene meno la dimensione dell'accoglienza e della gratitudine. Non si è accoglienti e grati nei confronti di ciò che produciamo noi, ma solo di ciò che ci viene incontro e si manifesta come un dono di senso. Se questa dimensione viene meno a proposito della vita nascente si indebolirà anche in tutte le altre situazioni della vita e la società perderà inesorabilmente la dimensione della reciproca responsabilità, come afferma la Caritas in veritate al paragrafo 28. Se la natura è un discorso che ci interpella non ne è però il fondamento ultimo. La natura non dice mai solo se stessa. La vita nascente non dice mai solo se stessa. E' discorso che rimanda ad un Autore. Anche nella persona umana nessun livello dice solo se stesso e non c'è nulla nell'uomo di esclusivamente materiale. Nessun livello della realtà è pienamente comprensibile rimanendo al suo proprio livello. Quando pretendiamo di considerare qualcosa solo al suo livello finisce che non la consideriamo più nemmeno a quel livello. Scriveva Gómez d'Ávila: «Quando le cose ci sembrano essere solo quel che sembrano, presto ci sembreranno essere ancor meno». La natura rivela il Creatore, si presenta non solo come discorso ma anche come "discorso pronunciato", come Parola. Quando si è tentato di staccare la natura dal Creatore si è finito per perdere anche la natura. Quando si vuole staccare il diritto naturale dal diritto divino si finisce per perdere anche il diritto naturale. Quando si stacca la dimensione fisica della persona dalla sua dimensione spirituale e trascendente si finisce per non tutelare più nemmeno la sua dimensione fisica. Se si pensa che la natura dica solo se stessa finisce che la natura non ci dice più niente. Oggi la vita nascente rischia di non dire più niente, ossia di non venire nemmeno più compresa come vita nascente, ma come semplice processo biologico o, peggio ancora, tecnico. Nei suoi confronti ci si comporta sempre più come produttori piuttosto che come uditori. Ma non è la natura a non dirci più niente, è la nostra cultura che ha perso il codice per comprenderla. E questo codice è solo un alfabeto non solo umano. Allora il tema della difesa della vita rimanda alla natura, rimanda a quanto ci precede e rimanda al Creatore. Difendere la vita è difendere la vita, ma è anche fare un'operazione culturale alternativa alla cultura attuale: ricominciare a parlare di un ordine e non solo di autodeterminazione. C'è un ordine che ci precede voluto da un Ordinatore. Il Creato è un ordine e non un mucchio di cose gettate a caso. Questo ordine è ordinato ed ordinativo, ossia esprime un dover essere e un dover fare. In altre parole è un ordine morale. Se quello ontologico è un ordine, non può non tradursi in un ordine morale. Eliminato il bene ontologico non c'è più spazio per il bene morale. All'ordine morale radicato nell'ordine ontologico appartiene anche la società, la convivenza umana. Ecco perché il tema della difesa della vita è centrale per la costruzione della convivenza umana degna della dignità naturale e soprannaturale della persona. Ecco perché - credo di poter dire – negli elenchi dei cosiddetti "principi non negoziabili" che in varie occasioni il Sommo magistero della Chiesa ha formulato, il principio del rispetto della vita figura sempre al primo posto e non manca mai. Solo se c'è una natura, e solo se questa natura è in sé un discorso, è possibile l'uso della ragione. Parlo qui non della ragione misurante i fenomeni, ma della ragione che scopre orizzonti di senso. Solo se l'ordine sociale si fonda su una simile natura è possibile l'uso della ragione pubblica. Viceversa, si avrà solo la ragione procedurale. Si capisce quindi perché la difesa della vita abbia una importanza fondamentale per ricostruire la possibilità stessa di un uso pubblico della ragione. Ed infatti – lo vediamo – la negazione del dovere pubblico di proteggere la vita nascente nasce da una diserzione della ragione ad essere ragione pubblica, riducendosi a ragione privata. La verità accomuna, le opinioni dividono. E' molto significativo che anche filosofi come Habermas abbiano di recente riconosciuto la fondamentale importanza del concetto di natura, visto ancora in senso non pieno, ma comunque tale da riconoscere i limiti di una ragione solo procedurale, con il che il dialogo pubblico è inquinato in partenza. L'uso pubblico della ragione è di fondamentale importanza per il ruolo pubblico della fede cattolica. Questa, infatti, non trasferisce immediatamente il diritto rivelato nel diritto civile, ma si affida al diritto naturale, quindi al concetto di natura e di ragione pubblica. A quest'ultima spetta il compito di riconoscere l'ordine sociale come un discorso finalistico sulla convivenza umana. La fede non si sostituisce alla ragione. Ma non la abbandona nemmeno a se stessa. Se non c'è ordine naturale non c'è ragione pubblica, se non c'è ragione pubblica non c'è dialogo pubblico tra ragione e fede. Se non c'è dialogo pubblico tra ragione e fede non c'è dimensione pubblica della fede cattolica. Se non c'è dimensione pubblica della fede cattolica non c'è la fede cattolica. Lo riscontriamo: man mano che la ragione si privatizza anche la fede si privatizza. Se il credente, quando entra nella pubblica piazza, deve rinunciare alle ragioni della propria fede, alla fine pensa che la propria fede non abbia ragioni. Ma senza ragioni viene meno non solo il versante pubblico della fede, bensì anche quello personale ed intimo. Ecco perché il tema della difesa della vita umana fin dal concepimento è fondamentale per mantenere e sviluppare il dialogo tra la ragione e la fede. E, come si sa, proprio in questo consiste la Dottrina sociale della Chiesa. E' necessario collocare il tema della difesa della vita dentro la Dottrina sociale della Chiesa, come del resto ha fatto il Magistero a cominciare dalla Evangelium vitae. In questo caso non si chiude il tema della vita dentro un recinto. In realtà, così facendo, lo si colloca là dove la Chiesa si interfaccia con il mondo e dove ragione pubblica e fede pubblica dialogano tra loro dentro l'unità della Verità.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/10/2016
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SI GIOCA CON IL DNA DELL'UOMO MA GUAI A TOCCARE GLI ANIMALI
A questo porta l'indifferentismo morale dilagante
di Lorenzo Schoepflin - Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2016 (n.156)
Esiste forse qualcuno pronto ad affermare che gli esperimenti dei medici nazisti su cavie umane - i prigionieri dei lager - siano moralmente accettabili. se non addirittura encomiabili, per il contributo che possono aver dato al progresso della medicina? Chiunque lo facesse sarebbe accusato di essere un pazzo criminale. Eppure, oggi, non c'è unanimità nel condannare la pratica del Gene editing, che è un vero e proprio esperimento su esseri umani. Evidentemente, se ad un lager si sostituisce un laboratorio e se gli esperimenti non sono visibili ad occhio nudo, sono in tanti a sentirsi in pace con la loro coscienza. Ma che cos'è il Gene editing? Si tratta, letteralmente, di una riscrittura del genoma: con degli enzimi, che funzionano come delle forbici, si taglia il DNA in corrispondenza di un punto dove si pensa che la modifica genetica porti benefici. Le diverse tecniche utilizzate per apportare queste modifiche al DNA solitamente vengono indicate con degli acronimi riconducibili al loro funzionamento. La tecnica di cui si discute più spesso è denominata CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palíndromic Repeats), ma ne esistono altre, meno recenti e diverse nelle applicazioni speciñche, simili nel funzionamento generale: alterazione del genoma, con eliminazione di geni, sostituzione di interi tratti o riparazione di mutazioni. Il Gene editing presenta prospettive interessanti per l'agricoltura - molte colture verrebbero rese più resistenti con vantaggi per il soddisfacimento dei bisogni alimentari in gran parte del mondo - ma il tema è caldissimo soprattutto quando si parla di applicazione sull'uomo. Le riserve sono innanzitutto morali. Il Gene editing, quando utilizzato a livello embrionale, presuppone il ricorso alla fecondazione artificiale, pratica in se stessa inaccettabile a prescindere dal fine per il quale la si applica. Inoltre, come detto, la manipolazione genetica si configura a tutt'oggi come un vero e proprio esperimento su cavie umane che, nel caso in cui si parli di embrioni, sono destinate ad essere eliminate. È quanto accaduto, ad esempio, in Cina, dove presso l'università di San Yat-sen di Guangzhou si è tenuto uno dei primi esperimenti di gene editing cui è seguita la pubblicazione dei risultati sulla rivista scientifica Protein and cell. Nei laboratori dell'ateneo cinese si sono prodotti degli embrioni, per poi congelare quelli identificati come adatti alle ricerche da effettuare: la descrizione del Processo è impressionante, per la freddezza con cui si parla di embrioni umani quasi fossero surgelati da supermercato. Se gli stessi esperimenti si conducessero su un topo o su un pomodoro, si può star certi che animalisti ed ambientalisti scenderebbero in piazza. Ma quando di mezzo ci sono esseri umani allo stato embrionale, la sensibilità di quella fetta di opinione pubblica è come anestetizzata. Molti addetti ai lavori hanno chiesto di interrompere subito le manipolazioni genetiche su embrioni umani, facendo notare che il più grande rischio consiste nell'impossibilità di prevedere come queste modifiche del DNA si ripercuoteranno sulle generazioni future. Un problema inquietante e che, in base al principio di precauzione, dovrebbe suggerire un immediato ripensamento all'intera comunità scientifica. A chiederlo, tra gli altri, anche Francis Collins, illustre genetista e direttore dell'ente statunitense National Institute of Health (Nih). Collins ha manifestato timori proprio sulle conseguenze del Gene editing sui figli di chi ha subito modifiche del genoma, oltre a evidenziare che le manipolazioni genetiche hanno come obiettivo quello del miglioramento della specie. Quanto sia concreta la tentazione eugenetica lo dimostra un articolo comparso a fine giugno sul Financial Times, a firma di Anjana Aliuja, autorevole commentatrice in ambito scientifico. Il titolo è molto esplicito: «Gene editing: un passo avanti verso l'homo perfectus» ed altrettanto chiara è la definizione che si dà delle tecniche di manipolazione genetica: «Un salto verso l'ignoto››. Nell'articolo si parla dell'approvazione da parte di una commissione del Nih di una campagna di esperimenti clinici su pazienti affetti da cancro. La tecnica, infatti, non si applica solo su embrioni, ma anche su pazienti adulti. Alcune cellule vengono estratte per manipolarne il genoma e rafforzarne la capacità di combattere quelle tumorali, per poi essere iniettate nuovamente nel malato. Le cellule modificate vengono controllate prima di introdurle nel sangue del paziente, ma ciò che è impossibile prevedere è se, e come, l'enzima deputato al "taglio" del DNA possa continuare ad agire nell'organismo della persona. Tanto che l'obiettivo di queste ricerche non è quello di sconfiggere il cancro, ma di dimostrare la sicurezza del Gene editing applicato sull'uomo. Ma, conclude Anjana Ahuja alludendo all'inevitabíle esito eugenetico, se adesso possiamo correggere il genoma umano, perché non dovremmo renderlo migliore? Owiamente, la possibilità di manipolare il DNA viene spesso presentata come un fondamentale passo in avanti per il bene dell'umanità: si può leggere sulle più disparate riviste scientifiche e divulgative che in futuro hiv, cancro, Alzheimer e tante altre malattie saranno sconñtte grazie al Gene editing. Difficilmente sarà fatto cenno agli scenari futuri che potrebbero concretizzarsi per l'intero genere umano. La visione materialista alla base di queste ricerche è ben esplicitata dalla parole di Andrew May, direttore scientifico della Caribou Bíoscíences, azienda leader negli studi applicativi del CRISPR: «Se si pensa al DNA come ad un codice software alla base di computer quali sono le cellule, [con il Gene editing, ndr] si sta essenzialmente programmando queste cellule». L'uomo inteso come prodotto, identificato con i suoi geni e nulla più, l'eliminazione di confini invalicabili per la scienza, sono l'essenza di questo tipo di ricerche. È ragionevole prevedere che nei prossimi anni si sentirà parlare di questo argomento con sempre maggiore frequenza. Perciò è utile essere informati e prepararsi alle usuali accuse di essere contrari al progresso scientifico. Saremo con ogni probabilità i soli a difendere la persona umana nella sua dignità e sacralità, mentre il mondo si preoccuperà che a bietole e chicchi di riso non venga torto un capello.
Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2016 (n.156)
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IL SOLE TESTIMONIA L'ESISTENZA DI DIO CREATORE
La conoscenza della natura porta inevitabilmente ad apprezzare l'azione creatrice di Dio
di Umberto Fasol - Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2016 (n.156)
La vita in generale e la vita umana sono emerse per caso? Anche soltanto considerando il sole, protagonista dell'estate, ci rendiamo conto che le condizioni necessarie per ospitare la vita sulla terra richiedono una "regia". Chiediamoci ad esempio: come fa la Terra a rimanere sospesa nello spazio? Si può rispondere: sta sospesa grazie alla forza di gravità esercitata dal Sole. Ma questa risposta, pur corretta, non dice tutto: esaminiamo anche solo un piccolo particolare dell'universo come il nostro sistema solare e cerchiamo di renderci conto della complessità dei fenomeni che sono posti in essere per consentire la nostra vita. Un po' di numeri Parto con i numeri: il sole si trova a 150 milioni di km dalla Terra ed ha una massa gassosa così grande da poter contenere il nostro pianeta circa 333.000 volte. Il Sole ha un raggio di circa 700.000 km (quello della Terra è poco più di 6.000 km) ed è costituito per intero da una massa gassosa a base di idrogeno, con una piccola quantità di elio nel centro e tracce di una sessantina di altri elementi chimici negli strati più esterni. Rimane insieme per opera della forza di gravità, che è quella proprietà attrattiva della materia per cui essa rimane compatta, anziché disgregarsi nello spazio. Siamo di fronte ad una stella enorme, anche se piccola rispetto alle dimensioni medie delle stelle del firmamento, difficile da concepire per la nostra mente, tarata su dimensioni più modeste. Ma c'è un altro dato ancora più impressionante e riguarda l`attività quotidiana del Sole, la fusione termonucleare che avviene nel suo a nucleo, dove la temperatura di milioni di gradi consente a quattro atomi di idrogeno di concentrarsi in un unico atomo di elio liberando nello spazio l'energia, che poi raggiunge anche la Terra e consente i movimenti atmosferici, la fotosintesi clorofilliana e in generale il riscaldamento dell'aria e del suolo necessari ai viventi. Ogni secondo si stima che nel centro del sole 600 milioni di tonnellate (sì, milioni di tonnellate) di idrogeno si convertano in altrettanti milioni di tonnellate di elio. Con uno scarto di 4 milioni di tonnellate, che è il famoso "difetto di massa", ovvero quella quantità di materia che si sottrae alla reazione perché si trasforma in energia elettromagnetica: la luce e il calore che si irradiano dalla stella. Einstein aveva previsto questa possibilità, per la materia, di trasformarsi in energia, con la ua celebre equazione che mette in relazione le due grandezze con la velocità della luce nel vuoto (Energia = massa x la velocità della luce, al quadrato). Esercita proprio l'attività che serve ai viventi Quello che colpisce di più è la quantità smisurata di gas che deve essere presente nel sole per consentirgli di fare luce, a beneficio dei viventi, in maniera stabile e continuativa, ogni giorno dell'anno, al ritmo appena descritto. Se poi consideriamo che il sole fa luce da circa cinque miliardi di anni e che ha combustibile sufficiente per almeno altrettanti anni, non possiamo accontentarci di dire che "esiste la forza di gravità". Siamo di fronte ad un fenomeno di dimensioni che non sono alla portata della nostra comprensione. La sua esistenza e le sue reazioni termodinamiche sono una finestra aperta sul mistero dell'universo e della nostra condizione umana, perché suscitano le domande di senso che ci caratterizzano: perché esiste e accade tutto questo che vedo intorno a me e per me? Infatti, solo una stella capace di bruciare 1'idrogeno in modo stabile per miliardi di anni avrebbe potuto promuovere lo sviluppo della vita su un pianeta come il nostro, collocato ad una distanza idonea sia per non fondere sia per non congelare: Infatti, la vita ha tempi lunghi ed è "delicata", ovvero è sensibilissima alle minime variazioni ambientali. Ci si pensa poco, ma questo è il vero motivo per cui il Sole ha una vita cosi lunga; gli animali, i vegetali e lo stesso uomo hanno bisogno di una fonte di calore e di energia che non cambi di intensità e che sia duratura nel tempo. E solo la vita dell'uomo, immagine di Dio, dà un senso compiuto all'esistenza di tutto ciò che vediamo, compresa l'attività solare. C'è un altro particolare della funzione del sole che spesso non consideriamo. Il sole è alla base della formazione del suolo della crosta terrestre: il suo calore esercita un'azione modellante su tutte le rocce della superficie del pianeta, sia innescando il ciclo dell'acqua con le conseguenti piogge, necessarie per dissetare i viventi, sia disgregando in modo diretto le rocce. I detriti che conseguono a questa erosione, nel corso di milioni di anni vengono portati a valle o al mare dai torrenti e dai fiumi, generando nuove rocce sedimentarie come il calcare. Grazie a questo movimento i minerali vengono rimossi dalle rocce che li contengono e immessi in circolo nel terreno rendendolo fertile e adatto alla vita: le piante prosperano attraverso lo sfruttamento della luce solare (fotosintesi clorofilliana) ed avviano così il primo anello della catena alimentare, ma non potrebbero farlo senza affondare le radici in un suolo che è stato arricchito di sostanze importanti attraverso la dinamica delle acque e dei fanghi che trasportano. Infine, se il moto di rivoluzione della terra intorno al sole cessasse la terra per attrazione precipiterebbe sul sole. Se invece cessasse l'attrazione solare. la terra si perderebbe negli spazi siderali. Il che accadrebbe anche se l'orbita terrestre fosse troppo ampia, mentre se fosse troppo piccola verremmo inceneriti dal sole. In conclusione: a partire dalla scuola dovremmo considerare lo studio della realtà naturale come un'occasione stupenda per alzare lo sguardo e leggere il mondo come un simbolo. La materia non è opaca, maè piuttosto una realtà eloquente, un vero e proprio "linguaggio di Dio", il quale usa stelle, animali e paesaggi come codici comunicativi . Il sole ne è uno splendido esempio: la natura oggi viene considerata come una cosa puramente meccanica, mentre è fondamentale riscoprire che essa è "Creazione di Dio che parla a noi" (Benedetto XVI, 27.5.2010, discorso alla CEI.
Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2016 (n.156)
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