Amici del Timone n�59 del 01 settembre 2016

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1 GIORNALI E TV AVEVANO ANNUNCIATO LA CREAZIONE DELLA VITA IN LABORATORIO... MA, OVVIAMENTE, E' FALSO!
Gli scienziati non sono riusciti a creare la vita come sembrava da un recente esperimento, ma sono partiti da una cellula già vivente (ennesima conferma che solo Dio è Signore e dà la vita)
di Umberto Fasol - Fonte: Il Timone
2 CARO SAVIANO, LEGALIZZARE LA MARIJUANA E' UN ERRORE
Incalcolabili i danni per la persona e per la società e inoltre non si riduce, ma al contrario si rilancia il potere delle mafie (VIDEO: ex tossicodipendenti contro la cannabis libera)
Fonte: Tempi
3 I NOSTRI OCCUPATISSIMI POLITICI SI DEDICANO ALLA LIBERALIZZAZIONE DELLA DROGA QUANDO TUTTI NEL MONDO DICONO CHE FA MALE
Ormai tutti sanno che la cannabis è dannosa, allora perchè continuare a dire bugie?
di Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 MI AVEVANO DETTO DI ABORTIRE, MA MIA FIGLIA E' NATA SANA
Ma in realtà ogni madre ama suo figlio, comunque sia
di Margherita Borsalino Garrone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 L'OLIO DI PALMA E' DAVVERO IL PRINCIPIO DI TUTTI I MALI NELLA NOSTRA AIMENTAZIONE?
Al di là degli slogan, capire per non farci abbindolare
Fonte: carlobellieni.com
6 QUELLO CHE QUI SI CHIAMA DIRITTO E' UNA VIOLENZA: OVUNQUE
Le donne yazide vengono costrette all'aborto: la loro sofferenza ci spiega quanto male il relativismo ha fatto alle nostre donne
di Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

1 - GIORNALI E TV AVEVANO ANNUNCIATO LA CREAZIONE DELLA VITA IN LABORATORIO... MA, OVVIAMENTE, E' FALSO!
Gli scienziati non sono riusciti a creare la vita come sembrava da un recente esperimento, ma sono partiti da una cellula già vivente (ennesima conferma che solo Dio è Signore e dà la vita)
di Umberto Fasol - Fonte: Il Timone, giugno 2016 (n.154)
Fonte: Il Timone, giugno 2016 (n.154)

2 - CARO SAVIANO, LEGALIZZARE LA MARIJUANA E' UN ERRORE
Incalcolabili i danni per la persona e per la società e inoltre non si riduce, ma al contrario si rilancia il potere delle mafie (VIDEO: ex tossicodipendenti contro la cannabis libera)
Fonte Tempi, 8 e 26/07/2016
Fonte: Tempi, 8 e 26/07/2016

3 - I NOSTRI OCCUPATISSIMI POLITICI SI DEDICANO ALLA LIBERALIZZAZIONE DELLA DROGA QUANDO TUTTI NEL MONDO DICONO CHE FA MALE
Ormai tutti sanno che la cannabis è dannosa, allora perchè continuare a dire bugie?
di Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27/07/2016

"Ma lei lo farebbe salire suo figlio su uno scuolabus guidato da un autista che fa uso di cannabis?". Il professore Gilberto Gerra ama fare esempi iperbolici (ma non più di tanto…) per far capire non solo la pericolosità della cannabis, ma anche il guazzabuglio di ipocrisie che si circonda dietro il mantra liberalizzazione delle droghe cosiddette leggere. Tema buono per tutte le stagioni dal '68 ad oggi che puntualmente torna alla ribalta politica. E che lunedì si è affacciato per la prima volta in un'aula parlamentare italiana con la discussione, poi rinviata a settembre, del ddl proposto dal deputato radicale Pd Roberto Giacchetti.
"Fa male?" "No, non fa niente". "Arricchisce le mafie, meglio liberalizzarla". "E allora l'alcol?". Attorno al dibattitto si polarizzano scuole di pensiero che il più delle volte utilizzano stati emozionali e semplici opinioni. Perché la scienza, su questo, sulla dannosità della cannabis, è chiara. Da tempo.
Gilberto Gerra è un endocrinologo di Parma, ma da molti anni ormai vive a Vienna dove dirige la divisione dell'Onu per le operazioni antidroga. Un organismo internazionale, autorevole, come autorevole è l'Onu tutte le volte che si pronuncia per una qualunque questione che riguardi l'umanità. Ma che sconta un pregiudizio ideologico che di fatto la rende inoperativa di fronte agli stati. Anche se gli studi che conduce e soprattutto i programmi che svolge per la prevenzione dell'uso di sostanze sono all'avanguardia.
Professore Gerra, eccoci arrivati in Parlamento. Era l'obiettivo dei Radicali. Da almeno 40 anni.
Un errore gravissimo. Dettato da una politica che ignora bellamente che ci sono tre trattati internazionali che riguardano la normativa sull'uso delle droghe.
E che dicono?
Inseriscono la cannabis e tutti i suoi derivati nella prima fascia di sostanze dannose e pericolose. Ci sono non una, ma tre convenzioni internazionali che hanno dato luogo a trattati tra gli Stati e che hanno lo stesso valore, per intenderci degli accordi internazionali sul clima o sui trattati contro la proliferazione degli armamenti nucleari che tanto fanno parlare.
Ma che sono inascoltati?
Esattamente. Sulle droghe esistono tre convenzioni: una del 1961, una del 1971 e una del 1988.
L'ultima è di quasi 25 anni fa…
Sarebbe troppo comodo pensarlo. Ma non è vero: nell'assemblea dell'aprile scorso al Palazzo di Vetro a New York è stato approvato un documento che dice che la pietra angolare del sistema di controllo delle droghe sta in quei trattati. E si badi: è stato approvato all'unanimità con 193 voti su 193. L'accordo sul clima di due giorni dopo ha avuto 170 voti. Eppure…
Eppure?
Eppure c'è una discriminazione dei media. Nessuno ne ha dato notizia. E questo è tragico.
Sì, ma che cosa dicono i trattati?
Che la cannabis è nella tabella 1, la più problematica, esattamente come la cocaina e l'eroina. Infatti gli Stati vorrebbero cambiarle categoria.
Se tutti gli Stati sono d'accordo perché arrivano questi progetti di legge?
Perché ci sono influenze fuori dalle istituzioni, ma quando le istituzioni lavorano seriamente, come all'Onu, pensando al loro elettorato stanno attenti e pensano: non posso mettere un venditore di droga davanti alla scuola di mio figlio.
Dunque: cannabis pericolosa, eppure c'è chi non lo sostiene.
C'è una grande confusione, ma la scienza dice una cosa molto chiara: non deve essere usata per scopi non medici.
I cosiddetti scopi ricreazionali…
Lei andrebbe a chiedere al suo medico il prozac per scopi ricreazionali?
Non so… direi di no.
Chiaro. Perché il medico la interpreterebbe come una domanda senza senso. Provi a chiedere ad un diabetologo una ricetta di insulina per "uso personale".
Mi prenderebbe per matto.
Appunto. Ma per la cannabis stiamo rivendicando una specie di diritto all'uso non medico di sostanze che hanno reazioni nel cervello ben peggiori del prozac.
Che comunque non è un antidepressivo leggero…
Il prozac serve per aumentare i livelli di serotonina e questo fa essere meno depressi.
Sa qual è l'effetto farmacologico dell'ecstasy?
No…
Lo stesso del prozac.
E allora perché l'ecstasy è nei trattati?
Perché il prozac è "gentile". Ci mette 20 giorni ad ottenere un effetto controllato che l'ecstasy raggiunge in 40 minuti. E come in tutte le cose dirompenti qua il danno neurologico è senza ritorno. Per non parlare di altri effetti collaterali.
Torniamo al discorso dell'uso ricreazionale…
Una parola inventata dagli adulti per continuare a negare la situazione dei giovani, i quali non chiedono altro che essere ascoltati.
Non ci fa farà anche lei che è scienziato il solito fervorino sul disagio?
Ma è così. Quando un adolescente sta bene, ha una vita sana, piena, una vita realizzata, si sente amato e ascoltato non pensa di ricorrere a sostanze d'abuso.
Eppure il legislatore lo prevede.
Perché quella parola, ricreazionale, è utilizzata per occultare le difficoltà, uno stress da coprire che non si riesce a gestire, frustrazioni, accumulo di sofferenze fin dalla tenera infanzia, una sfera emozionale anaffettiva. Il ragazzo spera che le sostanze possano migliorare la sua condizione in questo disperato tentativo di automedicazione che lo porta al baratro. E tutto questo il legislatore lo chiama "uso ricreazionale".
Ma la scienza che cosa dice?
Io studio da 20 anni gli effetti della marijuana sui ragazzi. Ho studiato le loro famiglie e le assicuro che chi fa uso di cannabis non sta bene dal punto di vista relazionale.
Ma gli effetti?
Allora, cominciamo col dire che il minimo che ti può venire fumando una canna è un deficit della memoria e delle capacità cognitive. Chi ha interesse a far sì che il proprio fisico possa subire tutto questo se non un disagiato psicologico?
L'avvocato del diavolo dice: è sempre una questione di quantità.
Balle. Assieme all'Oms in questi anni abbiamo operato una sistematica revisione della letteratura scientifica e abbiamo visto cose impressionanti: rischio incidenti stradali, molto aggravato rispetto all'alcol, danni al polmone, danni cardiovascoari, danni allo sviluppo emozionale degli adolescenti con alterazioni che possono condurre in una minoranza del 15% a disturbi mentali veri e propri, che si fa fatica a riconoscere rispetto ai disturbi classici.
Ad esempio?
Quando uno psichiatra vede un quadro di un adolescente non capisce se è un esordio di schizofrenia o se è indotto da disturbi psicotici da marijuana. Ci sono casi dove la schizofrenia è diventata permanente.
Sempre l'avvocato del diavolo: ma è solo una minoranza.
E allora perché le istituzioni fanno la battaglia alle minoranze a rischio infarto per le malattie cardiovascolari o per il colesterolo? Non tutti quelli che mangiano salame sono vulnerabili all'infarto, ma lo Stato non tutela la maggioranza immune, bensì la minoranza vulnerabile.
Il suo ufficio si occupa anche di criminalità legata allo spaccio. Roberto Saviano continua a dire che la legalizzazione toglierebbe il potere alla malavita.
Opinione funesta da smantellare prima che faccia danni.
E' falsa?
Falsissima. Ammettiamo che lo Stato venda cannabis in un dispensario pubblico ai maggiorenni con una bassa concentrazione di principio attivo e un prezzo alto per scoraggiare gli avventori.
Ammesso.
Che cosa fa la malavita?
Entra nel business con offerte più vantaggiose...
Esatto. Che si traducono nella messa in circolazione di marijuana a prezzi più bassi e a maggior concentrazione di principio attivo. La malavita così diventa un concorrente dello Stato in un'offerta vasta per minorenni e maggiorenni. E può continuare indisturbata a fare affari sulla morte dei suoi clienti. Compra legale e vende illegale e si fa beffe dello Stato. Senza contare tutti i problemi di relazione sociale.
Come ad esempio?
Nel 2007 ci fu un caso drammatico di un autista di scuolabus che guidava sotto l'effetto di marijuana, ferì 22 bambini. Lei ce li manderebbe a scuola i suoi figli…?
No.
E la maestra che fa uso di cannabis e si dimentica i bambini al parco? E il pilota d'aereo? Potremmo continuare all'infinito.
Che cosa teme come ufficio Onu?
La creazione di una multinazionale della cannabis. Così come c'è Big Tobacco o Big Pharma avremo Big Cannabis.
Come cercate di prevenire?
Guardi, dopo anni di impegno abbiamo capito che l'unica strada è educativa.
In che modo?
Abbiamo programmi molto specifici per formare giovani che a loro volta formano i loro compagni, ma soprattutto abbiamo programmi di family skills per rinforzare le capacità genitoriali. Ci sono metodologie attraverso le quali informiamo i genitori, utilizziamo le sedi dei municipi o le parrocchie. Da questi momenti emerge che il problema principale è la mancanza di tempo che passano con i loro figli. Ci sono genitori che dicono: "Non avevo mai giocato con mio figlio perché nessuno mi aveva detto che era importante".
Eppure i ragazzi sono sfuggenti.
Dare regole ai propri figli è una missione sacrosanta. La loro corteccia le rifiuta, ma il loro subconscio dice: "Mio padre, mia madre mi sta dando questa regola perché per lui sono importante, ho un valore". Gli studi dimostrano che quando un adolescente entra in questa dinamica riduce l'utilizzo per il 40% dei casi. Il problema principale è quando l'adolescente viene neglected, gli viene usata negligenza nei rapporti. Lì qualcosa si incrina.
Adesso il Ddl tornerà in commissione. Spera che qualcuno in Parlamento la chiami a relazionare su quanto ci ha detto?
Lo spero, ma temo che non accadrà.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27/07/2016

4 - MI AVEVANO DETTO DI ABORTIRE, MA MIA FIGLIA E' NATA SANA
Ma in realtà ogni madre ama suo figlio, comunque sia
di Margherita Borsalino Garrone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/08/2016

Una storia di fiducia nella vita e di speranza fa da sfondo al convegno organizzato dal Movimento per la Vita di Casale Monferrato che si svolgerà venerdì e sabato all'Auditorium di Piazza Statuto della cittadina piemontese. Diritto di aborto o diritto al consenso informato? questo il titolo dato dagli organizzatori (MpV e Cav) in collaborazione con Giuristi per la vita, Orizzonti di vita Piemonte, Consiglio Regionale Piemonte, Diocesi di Casale Monferrato e Comitato Verità e vita.
Il convegno, che vedrà le relazioni di esperti giuristi, bioeticisti e scienziati tra i più autorevoli, come il prof Giuseppe Noia, Padre Giorgio Maria Carbone, Renzo Puccetti e altri, inizierà venerdì sera alle 20.30 con la relazione del presidente dell'Associazione Medici Cattolici Franco Balzaretti e si concluderà sabato pomeriggio con la lectio di Padre Carbone.
Il convegno è aperto a medici, biologi, farmacisti, infermieri, ostetriche, tecnici di laboratorio. Per tali professioni al convegno sono stati conteggiati n. 10 crediti ECM, il cui conseguimento è subordinato al superamento della verifica finale.
Di seguito la storia che il MpV di Casale ha voluto rendere nota per pubblicizzare l'evento:
"Questa è la storia di una bimba fantastica! Tutto ha avuto inizio il 26 gennaio 1999, data dell'ultima ecografia ospedaliera obbligatoria, mancavano due mesi esatti e avremmo conosciuto il nostro frugolino. Ha inizio il controllo ecografico e io e mio marito siamo emozionati, aspettiamo che il medico ci dica come sta procedendo la gravidanza e se tutto va bene. Dopo pochi minuti il medico ci fa vedere un'immagine e ci dice: "Vedete… è una femminuccia". Abbiamo desiderato da sempre una bimba, anche se il nostro motto è sempre stato "l'importante è che stia bene poi maschio o femmina non importa!".
Una gioia immensa che da li a qualche minuto si sarebbe trasformata in un dolore indescrivibile. Il medico continua il controllo ma è sempre fermo in un punto ben preciso e discute con un collega, parlano di ventricoli. Io comincio ad agitarmi e chiedo se ci sono problemi al cuore della bimba, la risposta arriva come una pugnalata: "No il cuore è perfetto, vedo una macchia a livello dei ventricoli cerebrali…".
Non riuscivo a credere a quelle parole. Il medico propone un controllo a distanza di quindici giorni per vedere l'evolversi della situazione e decidere poi a chi rivolgersi perché la sua diagnosi era idrocefalia grave. Quindici giorni. Un tempo interminabile, credevo di impazzire! Non potevo aspettare.
Due giorni dopo eravamo all'ospedale Gaslini di Genova, dove uno staff di medici fantastici si è preso a cuore la nostra situazione. Dopo esami accurati è stata smentita la diagnosi fatta all'ospedale di Casale, un problema era presente, ma non riuscivano a capire di cosa si trattasse. Dopo un'altra serie di esami senza risposte precise, la dottoressa pianifica le varie tappe di fine gravidanza: il parto dovrà essere con taglio cesareo perché la testa della piccola non dovrà essere sollecitata per nessuna ragione e sala operatoria già pronta per ogni eventuale intervento in urgenza.
Come ultima cosa ha aggiunto che se non mi sentivo di portare a termine la gravidanza per tutta una serie di motivi avrei avuto la possibilità di varcare il confine e in Francia avrei potuto abortire. Potevo pensarci e poi comunicare la mia decisione, ma io non avevo niente a cui pensare perché io sapevo già cosa volevo: la mia bambina! Avevamo già fatto tante cose insieme io e la mia piccolina, avevamo scelto la culla, il corredino ma avevamo ancora tante cose da fare e la più importante era guardarci negli occhi. Sapevo che il buon Dio e l'amore delle persone a noi vicine mi, anzi, ci avrebbero dato la forza di superare tutte le difficoltà.
Ed ecco il 12 marzo la nostra principessa viene alla luce, viene sottoposta da subito a mille controlli che durano diversi giorni e che si concludono con il lieto fine: la piccola è sanissima! I medici sono stati deviati da una forma diversa di una parte del cervello che tutti abbiamo di forma tonda mentre quella della mia piccolina è fatta a goccia! In questi anni sono state tante le volte che mi fermavo e, non lo nego, mi fermo ancora a guardare mia figlia e penso a cosa avrei perso se solo avessi varcato quel confine: una creatura meravigliosa!".
Questa testimonianza mette in luce come l'atteggiamento eugenetico verso la vita fragile e gravata da malformazione sia, benché non legalmente riconosciuto, un fatto in rapida evoluzione.

Testimoniano le statistiche: il tasso di aborto volontario genetico dopo le 12 settimane, cioè dopo il terzo mese (scadenza per l'interruzione di gravidanza secondo la legge 194) è passato dallo 0,5% del 1981 al 4,2% nel 2013. Ma a fronte di questa infausta tendenza si registra proprio dagli anni '80 uno sviluppo eccezionale della medicina fetale, cioè la possibilità di curare il bambino in utero anche in caso di gravi patologie. Una sinergia tra ginecologi, neonatologi, neurochirughi infantili, pediatri, ha diffuso la convinzione che il feto è un paziente a tutti gli effetti.
"Con una valutazione etica e scientifica del rischio-beneficio si è intrapresa la terapia fetale". Questo attesta il Prof. Giuseppe Noia, autore di "Le terapie fetali invasive" SEV, Roma, 1998 e "Terapie fetali", Poletto Ed., Vermezzo (Mi), 2009. "I risultati ottenuti nel Centro di Diagnosi e terapia fetale del Gemelli con la terapia integrata, dimostrano che anche in gravi patologie ci sono possibilità di intervento".
Inoltre l'accompagnamento anche con le cure palliative fetali è stato positivo al fine di limitare i danni fisici e psicologici del concepito della famiglia nel più totale rispetto della vita umana. Quando la medicina e la chirurgia si mettono a servizio della vita nascente sia pur essa "life-limited" l'eugenetica è sconfitta. Dice ancora il prof. Noia: "Nei 25 anni di accompagnamento alla vita debole nel nostro Centro, abbiamo individuato 432 casi di condizioni life-limited, dal 1990 al 2015, verificando l'accettazione a proseguire la gravidanza nel 94% dei casi".
Se confrontiamo le percentuali di prosecuzione della gravidanza, nella letteratura internazionale le percentuali di continuazione della maternità variavano dal 37% all'87%. Quindi l'Hospice perinatale ha un impatto culturale significativo a favore del rispetto più totale della preziosità della vita, poiché agisce sulla malattia cercando di curarla e almeno di limitare i danni, e di lenire il dolore testimoniando il valore di ogni vita umana.

Questo e molto altro sentiremo nei due interventi del Prof. Noia nelle relazioni di venerdì 23 e sabato 24 settembre, nel Convegno preparato dal Movimento per la Vita di Casale.
Ma molti altri interventi di argomento psicopatologico, medico e giuridico riguardo al diritto-dovere di consenso informato che riteniamo siano largamente disattesi.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/08/2016

5 - L'OLIO DI PALMA E' DAVVERO IL PRINCIPIO DI TUTTI I MALI NELLA NOSTRA AIMENTAZIONE?
Al di là degli slogan, capire per non farci abbindolare
Fonte carlobellieni.com

Parere dell'Istituto superiore di sanità sulle conseguenze per la salute dell'utilizzo dell'olio di palma come ingrediente alimentare

Su richiesta del Ministero della Salute, l'istituto superiore di sanità ha elaborato un parere sulle conseguenze per la salute dell'utilizzo dell'olio di palma come ingrediente alimentare. Di seguito una sintesi.
L'olio di palma è un ingrediente largamente impiegato nell'industria alimentare e rappresenta una rilevante fonte di acidi grassi saturi. Esso è infatti composto per il 50% da acidi grassi saturi (quasi esclusivamente acido palmitico), per il 40% da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e per il restante 10% da acidi grassi poliinsaturi (acido linoleico).
La letteratura scientifica non riporta l'esistenza di componenti specifiche dell'olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute, ma riconduce questi ultimi al suo elevato contenuto di acidi grassi saturi rispetto ad altri grassi alimentari. Evidenze epidemiologiche attribuiscono infatti all'eccesso di acidi grassi saturi nella dieta effetti negativi sulla salute e, in particolare, un aumento del rischio di patologie cardio-vascolari.
L'Istituto Superiore di Sanità ha pertanto stimato il contributo dell'olio di palma all'assunzione complessiva di acidi grassi saturi con la dieta.
Infatti, oltre a quelli contenuti nell'olio di palma aggiunto agli alimenti durante la trasformazione industriale, acidi grassi saturi vengono assunti attraverso il consumo di molti alimenti non trasformati che li contengono naturalmente, come latte e derivati, uova e carne. Nel complesso, i principali organismi sanitari nazionali e internazionali raccomandano livelli di assunzione di acidi grassi saturi non superiori al 10% delle calorie totali.
Le stime di assunzione di acidi grassi saturi effettuate dall'Istituto Superiore di Sanità riportano un consumo nella popolazione generale adulta di circa 27 grammi al giorno, con un contributo dell'olio di palma stimato tra i 2,5 e i 4,7 grammi. Nei bambini di età 3-10 anni, le stime indicano un consumo di acidi grassi saturi tra i 24 e 27 grammi al giorno, con un contributo di saturi da olio di palma tra i 4,4 vs. 7,7 grammi. E' da sottolineare che queste stime sono state ottenute utilizzando come riferimento i dati dei consumo degli alimenti in Italia riferiti agli anni 2005-2006 (gli unici disponibili al momento) e che quindi un aggiornamento di questi possa portare a definire diversi livelli di esposizione agli acidi grassi saturi da parte della popolazione italiana. Negli ultimi dieci anni, infatti, si è osservato un trend di crescita delle importazioni in Italia di olio di palma a scopo alimentare, trend che sottende lo spostamento dell'industria alimentare dall'uso di margarine e burro, a quello di olio di palma.
Complessivamente emerge che il consumo totale di acidi grassi saturi nella popolazione adulta italiana è di poco superiore (11,2%) all'obiettivo suggerito per la prevenzione (inferiore al 10 % delle calorie totali giornaliere). Il consumo complessivo di grassi saturi nei bambini tra i 3 e i 10 anni risulta superiore all'obiettivo fisso del 10%. Occorre tuttavia considerare che i dati di assunzione nelle fasce di età tra i 3 e 10 anni unificano età in cui i consumi si differenziano in maniera significativa e vanno pertanto interpretati con cautela, tenendo anche presente il maggior fabbisogno fisiologico di grassi saturi nei neonati e nei primi anni di vita.

L'Istituto Superiore di Sanità conclude che non ci sono evidenze dirette nella letteratura scientifica che l'olio di palma, come fonte di acidi grassi saturi, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione percentuale di grassi saturi e mono/poliinsaturi, quali, ad esempio, il burro. Il minor effetto di altri grassi vegetali, come ad esempio l'olio di girasole, nel modificare l'assetto lipidico plasmatico è dovuto al minor apporto di acidi grassi saturi e al contemporaneo maggior apporto di polinsaturi. Il suo consumo non è correlato all'aumento di fattori di rischio per malattie cardiovascolari nei soggetti normo-colesterolemici, normopeso, giovani e che assumano contemporaneamente le quantità adeguate di polinsaturi. Nel contempo, fasce di popolazione quali bambini, anziani, dislipidemici, obesi, pazienti con pregressi eventi cardiovascolari, ipertesi possono presentare una maggiore vulnerabilità rispetto alla popolazione generale. Per tale ragione, nel contesto di un regime dietetico vario e bilanciato, comprendente alimenti naturalmente contenenti acidi grassi saturi (carne, latticini, uova), occorre ribadire la necessità di contenere il consumo di alimenti apportatori di elevate quantità di grassi saturi.

Fonte: carlobellieni.com

6 - QUELLO CHE QUI SI CHIAMA DIRITTO E' UNA VIOLENZA: OVUNQUE
Le donne yazide vengono costrette all'aborto: la loro sofferenza ci spiega quanto male il relativismo ha fatto alle nostre donne
di Benedetta Frigerio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/08/2016

Cosa c'è di più sconvolgente e lesivo per il corpo, l'anima e la psiche di una donna della violenza fisica e psicologica perpetrata su di lei? E' difficile immaginare cosa significhi essere abusate ripetutamente, giorno e notte, da più uomini e accettare che la stessa sorte tocchi alle tue sorelle o amiche soprattutto se sono bambine.
Trattate come schiave, avvilite nella propria intimità più profonda fino a farle desiderare di morire piuttosto che sostenere una pena che pare insopportabile. E'il calvario che migliaia di irachene appartenenti alla minoranza religiosa yazida (secondo Human rights watch sarebbero 3 mila di cui 1.500 liberate) subiscono da quando i membri dell'Isis hanno invaso due anni fa il loro paese, rapendole e riducendole in schiavitù. Ma c'è di peggio se si pensa che alcune di quelle fuggite dagli aguzzini, anziché essere accolte, sono state stigmatizzate dalla propria comunità di origine.
L'emittente Voice of America (Voa) ha recentemente descritto quello che avviene all'interno della minoranza yazida quando una sua donna rapita e violentata torna dai parenti. Secondo le norme della comunità religiosa i rapporti sessuali con persone di altre fedi ed etnie vanno condannati persino nel caso in cui l'atto non sia consenziente. E anche se la tragedia, di colossale portata, ha spinto le autorità religiose a fare un'eccezione, invitando alla reintegrazione delle ragazze fuggite dagli islamisti, resta il divieto ad avere prole. Nel settembre 2014, infatti, il leader spirituale degli yazidi, Khurto Hajji Ismail, ha ammesso l'eccezione parlando di una "situazione fuori controllo", ma aggiungendo che se anche "le vittime sono nostre figlie e sorelle resta inaccettabile per la nostra religione permettere la nascita di qualsiasi bambino i cui genitori non siano yazidi".
In questo caso, dunque, l'unica soluzione per quante tornano in comunità incinte è l'aborto, pena l'allontamento per coloro che si rifiutano di praticarlo, il che porterebbe a pensare che molte yazide in questa situazione scelgano per l'omicidio. Anche perché, sebbene la legge irachena vieti l'aborto del nascituro, lo Stato ha sempre tollerato la pratica all'interno della minoranza, come ha sottolineato la parlamentare yazida Vian Dakhil intervistata da Voa.
Eppure i dati fanno pensare che quante scelgono per la vita, accettando piuttosto la croce dell'isolamento persino dopo un patimento al limite del sostenibile, siano parecchie: Nofel Hamadi Akub, governatore della provincia di Ninive controllata dall'Isis, ha dichiarato che il numero dei bambini nati in quell'area da "genitori sconosciuti", come conseguenza della "jihad sessuale", sono circa 3 mila.
L'emittente americana ne ha parlato come di un problema da risolvere, lasciando intendere che la soluzione migliore sarebbe quella dell'aborto legale. Eppure un'altra parlamentare irachena, Reza Dler, ha raccontata la storia di una delle yazide che hanno scelto per la vita: "Era incinta di 8 mesi quando è scappata dall'Isis, voleva tenere suo figlio ma il marito l'ha minacciata di divorziare se avesse avuto il bambino. Alla fine la coppia si è separata. La donna ora vive in un campo profughi con il figlio di 5 mesi".
Viene spontaneo chiedersi che cosa permetta a una donna al limite della resistenza fisica e mentale, che ha assistito ad atrocità anche peggiori di quanti sono passati dai campi di concentramento nazisti, e che magari come tante altre rapite dall'Isis ha pensato al suicidio, di accettare di subire anche il rifiuto dei propri parenti per proteggere la vita del figlio del loro aggressore. Addirittura alcune hanno confessato di preferire la schiavitù "dell'Isis se tornare a casa significa perdere il proprio bambino", ha continuato Dler, ricordando che ci sono pure yazide che hanno dato i loro piccoli in adozione a sposi curdi.
Come a dire che non c'è tragedia peggiore di quella usata contro un figlio, nemmeno la violenza fisica e psicologica ripetuta per mesi e nemmeno l'esclusione sociale. E come a dire che una nuova vita, pur scaturita da una violenza brutale, è capace di infrangere convinzioni religiose radicate e di restituire una forza di autoconservazione misteriosa e forse difficile da comprendere per chi non è madre.
Resta dunque da domandarsi, mentre ci stracciamo le vesti per la bestialità dei jihadisti, quanto sia sottovalutata la potenza della violenza psicologica del nichilismo occidentale che invece riesce a convincere migliaia di donne, ogni giorno in fila davanti agli ambulatori dei nostri ospedali all'avanguardia, ad eliminare in pochi minuti la carne della loro carne. Annientando, spesso come se nulla fosse, una potenza vitale che sa essere più forte della furia dei tagliateste. Così, silenzioso, educato e subdolo il relativismo sa mietere più vittime della jihad.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/08/2016

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