Amici del Timone n�51 del 01 gennaio 2016

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1 LA GIORNATA DEL NEONATO PREMATURO, OCCASIONE DI RIFLESSIONE
Il neonatologo Carlo Bellieni invita a riflettere su come è cambiata la nascita negli ultimi tempi
di Carlo Bellieni - Fonte: Radio Vaticana
2 LA FAMIGLIA PROTEGGE LE DONNE
E' falso affermare che ci sarebbe più violenza contro le donne all'interno della famiglia; è vero il contrario
di Giuliano Guzzo - Fonte: Uccr online
3 PRESTO GLI UOMINI POTRANNO PARTORIRE?
Il trapianto di utero in un corpo maschile, l'ultima follia di una scienza anti umana
di Rodolfo de Mattei - Fonte: Osservatorio Gender
4 GLI SLOGAN DELL'ATEISMO SCIENTIFICO NON CI DICONO NULLA SU DI NOI, ANZI, SONO BUGIE
Crediamo ancora di essere grossi scimpanzé per il 98% dei geni in comune?
Fonte: UCCR online
5 PARIGI: STORICO ACCORDO PER IL PIANETA? MA QUANDO MAI?
Perché non è vero che ridurranno il consumo di petrolio
di Enzo Pennetta - Fonte: Critica scientifica
6 CONTRORDINE COMPAGNI: IL PAESE HA BISOGNO DI FIGLI
Cecità, ignoranza e isolamento scientifico hanno guidato le politiche antinataliste dei paesi comunisti: dopo la Cina anche la Corea fa marcia indietro....forse troppo tardi
di Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 NUOVA CONFERMA SCIENTIFICA: LA SINDONE E' AUTENTICA
Intervista al dottore che ha fatto l'autopsia alla Sacra Sindone
di Marco Respinti - Fonte: Libero

1 - LA GIORNATA DEL NEONATO PREMATURO, OCCASIONE DI RIFLESSIONE
Il neonatologo Carlo Bellieni invita a riflettere su come è cambiata la nascita negli ultimi tempi
di Carlo Bellieni - Fonte: Radio Vaticana, 17/11/2015

Nel mondo ogni anno circa 13 milioni di bambini nascono prematuri, ma migliora la loro possibilità di sopravvivenza grazie alle terapie intensive neonatali. Al neonato pretermine è dedicata l'odierna Giornata celebrata a livello mondiale. Paolo Ondarza ha intervistato Carlo Valerio Bellieni, neonatologo presso l'Ospedale Universitario Le Scotte di Siena:

R. – Si parla di bambino prematuro quando nasce prima di 37 settimane.
D. – Quale incidenza ha il fenomeno dei bambini prematuri all'interno delle nascite a livello generale?
R. – Bassa perché ormai si riesce a contenere la nascita prematura con sistemi medici sempre più avanzati. In tanti Paesi occidentali, negli ultimi anni, il fatto di avere un figlio in un'età avanzata, magari ricorrendo a tecniche farmacologiche di inseminazione, aumenta il rischio di avere un bambino prematuro.
D. - E' migliorata negli ultimi anni la possibilità di sopravvivenza per i neonati pretermine?
R. – Pensi che nel 1970, prima dei sei mesi di gravidanza era difficile che un bambino che nasceva poteva aver speranza di sopravvivere. Adesso bastano 23, 24 settimane di gravidanza perché si possa sperare ragionevolmente che il bambino possa sopravvivere: sempre con dei rischi, però si sono fatti grandissimi passi.
D. – Dopo quanto tempo si può dire che un bambino nato prematuro sarà in grado di condurre una vita normale?
R. – Questo dipende da bambino a bambino. Purtroppo sappiamo che i bambini prematuri hanno gravi rischi di avere problemi di salute sia a breve termine sia a lungo termine. Diciamo che nei primi giorni di vita, soprattutto al momento della nascita, non si può assolutamente essere sicuri di niente. E' una cosa che si vede con lo svilupparsi dell'età e con lo svilupparsi dei progressi che farà. I primi danni cerebrali si possono vedere dopo una ventina di giorni dalla nascita, non prima, prima si possono avere soltanto degli indizi.
D. – C'è una sufficiente attenzione dal suo punto di vista, verso il tema del bambino nato pretermine a livello di opinione pubblica?
R. – Purtroppo penso di no, c'è ancora molta disinformazione. Inoltre c'è una banalizzazione del fatto che uno può far figli a qualunque età. Questo purtroppo non è vero perché con l'età avanzata aumentano i rischi e questo è bene che le persone lo sappiano.
D. – Età avanzata delle madri, delle gestanti, e anche aumento delle gravidanze medicalmente assistite tra le cause delle nascite pretermine…
R. – Sì perché noi sappiamo che queste gravidanze spesso hanno un tasso maggiore della norma di bambini che sono gemelli e questo è uno dei fattori di rischio per nascere prematuri.
D. – Parlare di neonati pretermine porta inevitabilmente ad una riflessione sul valore della vita intrauterina, quindi ha delle ricadute anche sul dibattito relativo all'interruzione volontaria di gravidanza…
R. - Certo, prima di tutto perché la legge italiana dice che quando il feto può sopravvivere al di fuori dell'utero della mamma, la gravidanza non può essere interrotta volontariamente. Quando la legge 194 (sull'interruzione volontaria di gravidanza) fu fatta nel '78 i bambini non sopravvivevano prima di 26 settimane adesso sopravvivono a 22, 23 settimane quindi il limite per fare l'interruzione di gravidanza deve essere necessariamente, in ottemperanza alla legge, anticipato. Detto questo con la nascita di un bambino prematuro che pure è un fatto faticoso per i genitori, ci rendiamo conto della bellezza della vita: questi bambini, che sarebbero rimasti ancora per alcuni mesi dentro la pancia della mamma, hanno una loro capacità di interagire, sentono il dolore - e quindi noi abbiamo l'obbligo grandissimo di non farglielo sentire - sentono i suoni, i rumori. Quello che prima noi potevamo soltanto immaginare che faceva un feto dentro la pancia della mamma, adesso lo vediamo. In realtà, la distinzione tra feto e bambino è una distinzione che ha realmente pochissimo senso: il feto è un bambino che ancora è dentro la pancia della mamma, il bambino è un feto che è uscito dalla pancia della mamma. Pensiamo soltanto al paradosso che ci sono dei feti arrivati alla fine della gravidanza che ancora dentro la pancia della mamma pesano 4 kg e ci sono bambini prematuri che pesano 4 etti. Quindi un bambino può arrivare a pesare 10 volte meno di un feto!
D. – Celebrare la Giornata internazionale del neonato pretermine vuol dire anche interrogarsi su questo?
R. – Certamente, non ci deve essere nessun criterio di differenza di trattamento tra un paziente di 50 anni e un bambino prematuro che pesa 5 etti.

Fonte: Radio Vaticana, 17/11/2015

2 - LA FAMIGLIA PROTEGGE LE DONNE
E' falso affermare che ci sarebbe più violenza contro le donne all'interno della famiglia; è vero il contrario
di Giuliano Guzzo - Fonte: Uccr online, 10/12/2015

Se c'è un tormentone che, oramai da anni, viene ripetuto ossessivamente e che, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre scorso, è guarda caso tornato di attualità, è quello secondo cui la maggior parte delle violenze contro le donne avverrebbe «in famiglia», dove il marito-padre-padrone, confidando nel silenzio della consorte, si sentirebbe libero di scatenarsi in atti di violenza agendo di conseguenza.
E' una tesi che si è liberi di sostenere, naturalmente: a patto, però, che non si abbia il desiderio di tentare di dimostrarla. In quel caso infatti il rischio, anzi la certezza è di essere smentiti da studi e ricerche internazionali che, quasi senza eccezioni, da decenni indicano per esempio la convivenza extramatrimoniale, più che la condizione coniugale, come l'ambito di coppia nel quale si registrano i più elevati tassi di violenza domestica (BMC Public Health, 2011; Intimate Violence in Families, 1997; Journal of Marriage and Family, 1991, Interpersonal Violence among Married and Cohabiting Couples, 1981).
In letteratura vi sono persino evidenze secondo le quali le donne divorziate, separate o nubili, in media, risulterebbero vittime di violenza addirittura quattro volte di più di quelle sposate (Heritage Foundation Backgrounder, 2002; Sex, Power, Conflict, Oxford University Press, 1996). Esagerazioni, si obietterà.
Peccato che anche l'Istat – fra l'altro in un report diffuso nel giugno di quest'anno, e che su questo punto non ha avuto la visibilità che avrebbe meritato – sia pervenuto a conclusioni analoghe: considerando le donne dai 16 ai 70 anni rimaste vittime, gli ultimi cinque anni, di violenza fisica o sessuale da un uomo nel 2006 si è infatti registrata come categoria più esposta quella delle nubili, quindi le separate o divorziate e solo dopo le donne coniugate; la stessa rilevazione, per l'anno 2014, ha visto donne coniugate come percentualmente le meno esposte al rischio di subire violenza (6,5%), superate solo dalle vedove (4,0%), verosimilmente perché donne più avanti con l'età e che escono pure meno frequentemente di casa. Spiegano i ricercatori: «Sono le donne più giovani (fino a 34 anni), le nubili, le separate o divorziate, le studentesse le donne più a rischio di violenza fisica o sessuale», specificando la «maggiore esposizione al rischio delle donne separate e divorziate sia per le violenze da ex partner, sia da uomini non partner. Queste donne sono più a rischio di subire tutti i tipi di violenze, sia quelle fisiche da parte degli ex, sia quelle sessuali da parte di altri uomini».
Dunque l'idea che «la maggior parte delle violenze» avvenga in famiglia è semplicemente falsa e plausibile solo in termini assoluti per l'ovvio fatto che i nuclei familiari intatti, rispetto alle convivenze o ad altre situazioni, sono numericamente la maggioranza. Si può tuttavia affermare, senza timore di essere smentiti, che per una donna la vituperata famiglia non costituisca pericolo alcuno. Tutt'altro.

Fonte: Uccr online, 10/12/2015

3 - PRESTO GLI UOMINI POTRANNO PARTORIRE?
Il trapianto di utero in un corpo maschile, l'ultima follia di una scienza anti umana
di Rodolfo de Mattei - Fonte: Osservatorio Gender, 03/12/2015

La sezione "Salute" del portale Yahoo ha pubblicato il 18 novembre l' articolo "Surgery Could Give Men Wombs of Their Own Within 5 Years", un titolo che tradotto in italiano suona surreale ed inquietante: "La chirurgia potrà fornire gli uomini di un proprio utero nello spazio di 5 anni".
Il pezzo, a firma della giornalista statunitense Lisa Kaplan Gordon, prende spunto dalla notizia che, presso la "Cleveland Clinic", nello Stato dell'Ohio, è possibile eseguire interventi chirurgici di trapianto di utero per donne che ne sono nate prive o lo hanno malato o malfunzionante. La Gordon scrive come la novità gli abbia fatto sorgere una domanda immediata e spontanea,
"se la scienza può trapiantare un utero in una donna, perché non può trapiantarlo anche in un uomo?".
La risposta se la dà lei stessa, dichiarando tranquillamente come il fatidico giorno sia molto più vicino di quello che si possa immaginare.
A sostegno della sua tesi, la giornalista di Yahoo riporta infatti il parere della dottoressa Karen Chung, esperta di studi sulla fertilità presso la "Southern California's Keck School of Medicine", la quale ha affermato di essere assolutamente ottimista e fiduciosa riguardo il fatto che i tempi per la gravidanza maschile siano ormai maturi ed imminenti: "La mia ipotesi è di cinque, dieci anni di distanza, forse anche prima". La Gordon sottolinea inoltre come il traguardo dell'utero maschile sia quasi un risultato scontato in un contesto medico sempre più all'avanguardia, che evolve di continuo facendo, di giorno in giorno, nuove impensabili "conquiste" scientifiche:
"oggi i passi in avanti della medicina permettono alle donne transgender di aggiustare la loro biochimica per sopprimere gli ormoni maschili a favore di quelli femminili, hanno seni che possono persino allattare e le loro vagine ricostruite hanno un "neoclitoride" in grado di provare piacere".
Il chirurgo plastico Christine McGinn, consulente per il film, "The Danish Girl", vincitore quest'anno a Venezia del "Queer Lion", il "Leone gay" dedicato al miglior film a tematica omosessuale, è certa che il trapianto di utero sarà "gettonatissimo" all'interno della comunità transgender, specie se coperto dalla spese assicurative: "Scommetto che quasi tutte le persone transgender di sesso femminile vorranno farlo, se sarà coperto dall'assicurazione". McGinn, lei stessa una donna transgender, madre di due gemelli, dichiara, candidamente, che, l'istinto umano ad essere madre, va assecondato a prescindere, anche quando queste pulsioni provengono da un maschio:
"la pulsione umana ad essere una madre per una donna è una cosa molto seria. Per le donne transgender queste pulsioni non sono diverse".
Allo stato attuale i trapianti di utero sono ancora in una fase di studio e ricerca, riservati alle donne che soffrono di un fattore di infertilità uterino (UFI). Un team svedese, scrive la Gordon, ha già trapiantato con successo uteri ottenuti da donatori vivi, ottenendo cinque gravidanze e quattro nati vivi. Nei prossimi mesi, il gruppo di esperti della "Cleveland Clinic" ha in programma di trapiantare uteri da donatori deceduti in pazienti di sesso femminile affetti da "UFI". Il trapianto chirurgico di utero, specifica inoltre la giornalista di Yahoo,
"è difficile e pericoloso, dal momento che richiede ai pazienti di assumere farmaci antirigetto per tutta la loro gravidanza, esponendoli inoltre a rischio di infezioni. Ma per molte donne, e presumibilmente per molte donne transgender, il rischio vale la ricompensa".
In conclusione del suo articolo, la Gordon non può fare a meno alla fine di evidenziare l'indubbio ed evidente "vantaggio competitivo" che hanno le donne rispetto agli uomini in questo tipo di trapianti, specificando la loro innata predisposizione naturale:
"tuttavia, le donne biologiche hanno un vantaggio in più rispetto ai maschi biologici nel momento in cui si tratta di accettare e nutrire un utero trapiantato. Le donne hanno già: la vascolarizzazione necessaria ad alimentare l'utero con il sangue, i legamenti pelvici progettati per supportare un utero, una vagina e la cervice, e ormoni naturali che preparano l'utero ad implementare e sostenere la gravidanza. Gli uomini non hanno nessuno di questi sistemi di supporto – in maniera naturale – ma nulla è impossibile da creare".
A tranquillizzare la Gordon, riguardo le improbabili chances degli uomini, sono le deliranti rassicurazioni della Chung per la quale essere maschio o femmina non fai poi tanta differenza da un punto di vista anatomico:
"L'anatomia maschile e femminile non è molto diversa. Probabilmente a un certo punto qualcuno capirà come fare anche questo tipo di lavoro. (…) è qualcosa di fattibile, solo che non è ancora stato fatto".
Con un accurata terapia ormonale, scrive la Gordon, è dunque possibile disattivare l'influsso del testosterone ed invertire il processo, introducendo gli estrogeni e il progesterone necessari per preparare l'utero ad affrontare una gravidanza. Al momento, chiarisce la giornalista, il problema più spinoso, che separa l'uomo dalla gravidanza, è rappresentato dal trasferimento dell'embrione coltivato in vitro nell'utero trapiantato. La donna, ammette la Gordon, è infatti, a differenza dell'uomo, predisposta per natura, attraverso la vagina e la cervice, a questo tipo di trattamento, "e, dal momento che ancora nessun utero è stato trapiantato in un maschio, le tecniche per collegare una vagina artificiale ad un utero trapiantato non sono ancora state affrontate".
L'utopistico desiderio di trapiantare l'apparato riproduttivo femminile in un corpo maschile, in maniera che anche gli uomini possano portare avanti una gravidanza, esprime in maniera coerente ed emblematica i folli ed aberranti esiti di un approccio ed una ricerca scientifica svincolati da qualsiasi riferimento o paletto etico. Il tentativo di trapiantare un utero in un corpo maschile rappresenta una sfrontata e imperdonabile ribellione dell'uomo contro il proprio progetto umano e dunque contro il piano di Dio, suo stesso Creatore. Una sconsiderata e illimitata ambizione contro natura destinata a fallire inesorabilmente.

Fonte: Osservatorio Gender, 03/12/2015

4 - GLI SLOGAN DELL'ATEISMO SCIENTIFICO NON CI DICONO NULLA SU DI NOI, ANZI, SONO BUGIE
Crediamo ancora di essere grossi scimpanzé per il 98% dei geni in comune?
Fonte UCCR online, 26/11/2015

E' vero, condividiamo il 98% dei nostri geni con le scimmie antropomorfe. Peccato che questa informazione non venga usata strettamente nell'ambito evolutivo, come si dovrebbe invece fare, ma per anni è stata strumentalizzata per fini riduzionistici, ovvero filosofici: l'uomo non è nient'altro che -celebre formula lessicale del riduzionismo- una scimmia poco più evoluta, perciò la creatura non ha nulla di speciale e quindi non esiste alcun Creatore.
Questa è l'estrema sintesi dell'ateismo scientifico (anche se platealmente non esiste più) che abusa dell'evoluzione biologica per cercare di sostenere conclusioni teologiche. Nessuno nega che vi sia una parentela evolutiva con i primati, ma è indubbio che l'uomo abbia misteriosamente ed improvvisamente effettuato un salto ontologico (non soltanto quantitativo, dunque) rispetto ai suoi antecedenti, che lo rende unico, irriducibile, un sistema complesso dove i componenti sono tutti connessi e interdipendenti e il sistema non è dato dalla somma delle parti. Altrimenti non si spiegherebbero tante altre informazioni, fortemente nascoste dai riduzionisti di professione, come quella che abbiamo anche il 90% dei geni in comune con i coralli marini, abbiamo parecchi geni uguali a quelli delle ostriche, il 95% dei nostri geni sono simili a quelli della fragola, l'80% del nostro Dna è in comune con un verme di 1 mm (il Caenorhabditis elegans), mentre per il 50% è condiviso con quello della banana. Abbiamo lo stesso numero di geni della gallina e la nostra composizione atomica non è differente da un ficus. Dunque saremmo scimmie poco più grosse, ma anche grandi ostriche, coralli, topi, fragole e per metà anche delle banane. Se non si vuole cadere nel ridicolo bisognerebbe comprendere che evidentemente l'uomo "non si spiega" nei suoi geni.
Sembra però non tenerlo in considerazione purtroppo Danilo Mainardi, famoso etologo e divulgatore scientifico italiano, nonché presidente onorario dell'Unione Atei Agnostici Razionalisti (insieme a Odifreddi, Nonna Papera e al Gabibbo). In un recente articolo contro la sperimentazione sugli scimpanzé, Mainardi ha infatti sostenuto che essi soffrono tanto quanto l'uomo poiché abbiamo il 98% dei geni in comune con loro. Eppure, Mainardi lo sa bene, l'uomo condivide anche il 97,5% di DNA con il ratto, perché allora non invoca il divieto di ogni tipo di sperimentazione anche sui topi, bloccando quindi tutta la ricerca scientifica e farmacologica (senza contare che anche gli ortaggi "soffrono")? Perché probabilmente si è più interessati, per motivi filosofici, a umanizzare sui media soltanto le scimmie antropomorfe, per i motivi ateologici ricordati poco sopra. Non a caso tutti coloro che si battono pubblicamente per concedere diritti umani agli scimpanzé sono contemporaneamente militanti anti-teisti, come ad esempio il bioeticista Peter Singer e l'ex zoologo Richard Dawkins.
E' comunque possibile e giusta una sperimentazione etica, senza sofferenza o sofferenza prolungata per gli animali, così come hanno ribadito in questi anni i più autorevoli scienziati e ricercatori internazionali, come anche laicissimi divulgatori scientifici, da Gilberto Corbellini e Michele De Luca fino al vegetariano Umberto Veronesi. Posizioni, quelle dell'animalismo radicale e del riduzionismo ateologo, che andrebbero abbandonate secondo i colleghi di Mainardi, come ha spiegato Enrico Alleva, già presidente della Società Italiana di Etologia e direttore del Reparto di Neuroscienze comportamentali all'Istituto Superiore di Sanità di Roma, o il neuroscienziato Vittorio Gallese.
Condivisibile l'intervento di qualche mese fa dell'epistemologo Mauro Ceruti, docente di Filosofia della scienza all'Università Iulm di Milano, che ha criticato la divulgazione scientifica che sui quotidiani diffonde i miti del "gene dell'intelligenza", del "gene della fedeltà" ecc. «Penso a quante volte si continui a dare un'immagine addirittura falsa e fuorviante degli sviluppi più interessanti della genetica. Quasi ogni giorno leggiamo della scoperta del gene dell'intelligenza o del talento musicale o dell'aggressività o di qualunque altra caratteristica si voglia enfatizzare». Ed invece, ha proseguito il filosofo, «la scienza richiede l'elaborazione di una cultura in grado di concepirne il senso e di utilizzare appieno le sue straordinarie potenzialità, superando le barriere che frammentando le conoscenze frammentano il reale, rendono incapaci di considerare il 'contesto' e il 'complesso', rendono incoscienti e irresponsabili dinanzi alle conseguenze delle nostre azioni proprio perché diamo arbitrariamente per scontato di essere capaci di prevederle e di controllarle». «Per inerzia», invece, «anche da parte di molti suoi comunicatori, il modo in cui la scienza viene rappresentata è tornato positivista fuori tempo massimo, per così dire, ignorando come ormai da più di un secolo la scienza abbia cambiato paradigma abbandonando l'idea di essere autosufficiente. Anche nel campo dell'epistemologia permangono vive le tendenze riduzioniste, secondo le quali il compito della scienza sarebbe quello di scoprire in modo oggettivo, assoluto, un codice semplice nascosto dietro l''apparente' complessità del mondo».
Nel 2007, sempre il noto filosofo italiano, elogiò il proficuo dialogo tra scienza e fede, criticando oltre ai creazionisti anche i «tenaci oppositori che ritengono che i sostenitori di una visione scientifica dovrebbero essere necessariamente atei, ed anzi fare opera di proselitismo per condurre le persone "infantili" alla "maturità". Così, il biologo inglese Richard Dawkins e il movimento dei "nuovi atei" auspicano che le persone "ragionevoli" dicano basta alle religioni, giudicate "nocive" al "pensiero indipendente". Parlano di autosufficienza della scienza in virtù di una presunta "maturità", e mettono sotto tiro anche le tradizioni umanistiche. Ma tali affermazioni rischiano di danneggiare soprattutto le scienze, perché entrano in collisione col loro pluralismo, con la loro libertà di interrogazione».

Fonte: UCCR online, 26/11/2015

5 - PARIGI: STORICO ACCORDO PER IL PIANETA? MA QUANDO MAI?
Perché non è vero che ridurranno il consumo di petrolio
di Enzo Pennetta - Fonte: Critica scientifica, 14/12/2015

Ecco che finalmente dopo giorni e giorni di faticoso dibattito si è arrivati all'annuncio dello "Storico accordo per salvare il pianeta", "salvare il pianeta", manco fosse arrivato un super eroe, una frase che può pronunciare solo gente che ha visto troppi film della Marvel. Ma non basta, si è deciso che non ci accontentiamo più di limitare l'aumento della temperatura a 2 gradi centigradi entro il 2100, nossignore, vogliamo stupire con effetti speciali limitando l'aumento a meno di 2 gradi, possibilmente a 1,5. Ma sì, proprio una bella idea, che poi mettiamo la scritta sulla Torre Eiffel che fa tanto bene al turismo:
E così scopriamo che abbiamo trovato il termostato del pianeta, un po' come a casa quando hai il riscaldamento autonomo, una giratina alla rotellina coi gradi e sei a posto. In questo modo ridurremo le emissioni di CO2, finalmente quel dannato 5% che emettiamo (il restante 95% è di origine naturale) scenderà di uno zero virgola qualcosa e il pianeta sarà salvo... L'entusiasmo è stato grande, come riporta Rai News "Molte persone, uscite dalla plenaria del centro congressi di Le Bourget, facevano il segno della vittoria", quasi duecento paesi si sono trovati d'accordo nel continuare sostanzialmente a lasciare usare i combustibili fossili al nord del mondo e pagare il sud perché continui a non usarli. Circa 100 MLD di Dollari l'anno sono una bella cifra per comprare l'accondiscendenza di governi più o meno democratici del Terzo Mondo.
Quindi saremmo in un mondo che si appresta a i fare a meno dei combustibili fossili, un modo che dagli anni '90 ad oggi ha devastato paesi come l'Irak e la Libia per controllarne il giacimenti di petrolio, che ha scatenato una guerra in Siria anche per far passare un gasdotto. E ancora di gasdotti si tratta quando si parla di guerra in Ucraina, nel frattempo si fanno nuove ricerche nell'Artico e nel Mediterraneo, uno strano mondo che vuol rinunciare ai fossili, al punto di massacrare anche il sottosuolo degli Stati Uniti (e non solo) col fracking per estrarre lo Shale gas.
La realtà è diversa da quello che si è detto a Parigi, la realtà mostra un ruolo ancora centrale del petrolio e del gas per il futuro, chi può mettere in campo il proprio peso politico e militare cerca disperatamente di controllare le riserve e il mercato del petrolio. Nessuno che oggi è disposto a devastare con la guerra intere regioni del pianeta ha evidentemente la minima intenzione di farne a ameno dei combustibili fossili o ne ridurrà l'impiego. E' una semplice questione di coerenza.
Il confronto "Conferenza COP21 Vs guerre in Medio Oriente, in Africa e in Ucraina" è impietoso, chi vuol credere alle balle esulti per l'accordo sul clima, per gli altri la vera partita è sui campi di battaglia per accaparrarsi le fonti energetiche che emettono CO2.
Di sicuro tutti sono d'accordo che in cambio di un po' di quattrini, che andranno a finire non si sa dove, i paesi del Terzo Mondo sono destinati a restare senza energia e nella miseria. Il vero accordo è questo.

Fonte: Critica scientifica, 14/12/2015

6 - CONTRORDINE COMPAGNI: IL PAESE HA BISOGNO DI FIGLI
Cecità, ignoranza e isolamento scientifico hanno guidato le politiche antinataliste dei paesi comunisti: dopo la Cina anche la Corea fa marcia indietro....forse troppo tardi
di Marco Respinti - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/11/2015

Contrordine compagni: fare figli fa bene alla Patria socialista. Dalle notizie che Radio Free Asia (clicca qui) è riuscita a carpire, una direttiva emanata l'8 ottobre dal governo della Corea del Nord, l'ultimo baluardo del comunismo più regressivo e oscurantista, cambia drasticamente politica demografia mettendo fuori legge l'aborto e i sistemi anticoncezionali impiantati nei corpi delle donne. I trasgressori, in specie i ginecologi, verranno severamente punti con multe e carcere.
La Corea del Nord sta infatti morendo, per estinzione. Dagli anni 1990 il suo tasso di natalità è in caduta libera. Secondo il World Factbook stilato dalla Cia, la Corea del Nord è al 134° posto su 224 Paesi censiti per tasso di natalità. E tutto per colpa unica e totale del perverso sistema di collettivizzazione economica perseguito dal regime che, stringendo il Paese in un'autarchia improduttiva, genera solo miseria e carestie continue. I nordcoreani, infatti, non hanno di che vivere. Per questo non fanno figli che non saprebbero come mantenere. Moltissime coppie, ridotte letteralmente alla fame, si sono autoimposte la regola del figlio unico, ricorrendo a ogni tipo di tecnica contraccettiva e abortiva. La spirale intrauterina, inoltre, è popolarissima per via dell'altissima diffusione della prostituzione e del numero enorme di stupri che si verificano nel Paese. La qualcosa però non fa che aggiungere aberrazione ad aberrazione, visto che la contraccezione non incide affatto sulla riduzione del numero degli stupri (anzi, semmai il contrario, visto che non producono "conseguenze") e dunque, riducendo tutto al "problema gravidanze", "risolto", ne implica la progressiva accettazione sociale.
In Corea del Nord l'aborto fu totalmente legalizzato dal Codice penale «per ragioni importanti» sin dal marzo 1950. Normalmente avveniva attraverso iniezioni letali per il feto. Quello di Stato veniva praticato specialmente sulle donne riparate illegalmente in Cina e poi rimpatriate (perché la Cina comunista questo fa, rimanda alla Corea del Nord comunista tutti quelli che cercano di scappare): se c'era il sospetto che potessero essere incinte di uomini cinesi, venivano costrette all'aborto e i nati sfuggiti alla mattanza eliminati poco dopo il parto. Ancora il 17 febbraio 2014 un rapporto di quasi 400 pagine sulla situazione dei diritti umani nel Paese asiatico stilato dalle Nazioni Unite (clicca qui) denunciava la depravazione di cui sono oggetto i non-nati e gli handicappati, tra l'altro in una logica perfettamente eugenetica.
Infatti, gli handicappati che per qualche ragione sfuggono all'eliminazione nel grembo materno o subito dopo la nascita sono confinati in aree rurali che li tengono lontani dalle popolazioni "sane" delle città o sottratti alle famiglie (condannate a condizioni di estrema povertà per avere generato figli "impuri") e internati in strutture statali senza che i genitori li possano più vedere. Cosa sarà di loro dopo la nuova direttiva antiabortista nessuno lo sa, ma è verosimile che la loro sorte possa essere stralciata da quella degli aborti "sani" oggi vietati.
Adesso si volta pagina, almeno sull'aborto dei "sani", ma a imporre cautela è il precedente cinese che alla famigerata politica del "figlio unico", quella che con l'aborto obbligatorio impediva alle coppie di avere più di un figlio, ha appena sostituito la politica dei "due figli unici" (clicca qui) solo in nome di un welfare sostenibile. Ieri serviva allo Stato sopprimere vite umane, oggi serve salvarle. Ma proprio questo, dice Steven W. Mosher, fondatore e presidente del Population Research Institute di Front Royal, in Virginia, il primo a documentare anni fa orrore l'orrore della demografia cinese, fa temere che la Corea del Nord possa adesso pensare d'imporre ai cittadini una non meno scioccante politica della riproduzione forzata in nome della ragion di Stato.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/11/2015

7 - NUOVA CONFERMA SCIENTIFICA: LA SINDONE E' AUTENTICA
Intervista al dottore che ha fatto l'autopsia alla Sacra Sindone
di Marco Respinti - Fonte: Libero, 22/11/2015
Fonte: Libero, 22/11/2015

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