Amici del Timone n�5 del 09 febbraio 2012

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1 LA VERA CURA E’ LA PREVENZIONE
Per non parlare poi dei legami della cannabis con l’insorgenza della schizofrenia, una psicosi gravissima, messa in relazione alla tanto decantata «droga leggera»
di Carlo Bellieni - Fonte: L'Osservatore Romano
2 DICIASSETTENNE, MALATA DI TUMORE, RIFIUTA LE CURE PER PORTARE A TERMINE LA GRAVIDANZA
Se aspetti un figlio, è normale che vuoi dargli tutta te stessa, vita compresa e infatti, come santa Gianna Beretta Molla, Jenni ha detto: ''Ho fatto quello che dovevo fare''
di Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
3 COME CURARE IL POST-ABORTO
Un libro che aiuta a superare il trauma delle maternità interrotte
Fonte: Zenit
4 IN SLOVACCHIA SI PENSA A UN PROGRAMMA DI STERILIZZAZIONE DI MASSA PER GLI ZINGARI
Tornano di moda i progetti attuati dal nazismo in Germania, in molti stati americani e del Canada a partire dagli anni '20 con leggi ad hoc o in Svezia fino agli anni '70
di Danilo Quinto - Fonte: La Bussola Quotidiana
5 SOPRAVVISSUTA ALL'ABORTO: LA STORIA DI GIANNA JESSEN DIVENTA UN FILM
Ecco in anteprima il trailer di ''October Baby'' che uscirà prossimamente al cinema Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali
Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali
6 L'INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA DISTRUGGE LE PERSONE
Gli aborti crescono con leggi che lo liberalizzano
di Renzo Puccetti - Fonte: Zenit
7 ABORTO: UNA REALTÀ CHE NON SI RIESCE A CANCELLARE
E’ incredibile! Quando la realtà rende evidente ciò che contrasta una visione ideologica, essa viene immediatamente censurata.
di Gianfranco Amato - Fonte: Corrispondenza Romana
8 L'INCREDIBILE CONVERSIONE DELLA DIRETTRICE DI UNA CLINICA DEL PIU' GRANDE ENTE ABORTISTA AMERICANO RACCONTATA IN UN LIBRO
''Se pensi che avere un aborto sia una scelta che elimina un problema... ripensaci, perché l'aborto non è la fine di un problema... è solo l'inizio di tanti problemi in più''
di Virginia Lalli - Fonte: Nuove Frontiere Onlus
9 MENTALITA' PERVERSA: ABORTIRE E' UNA QUESTIONE DI LIBERA SCELTA... QUINDI SE SEI CONTRO L'ABORTO NON MERITI NEMMENO DI ESSERE ASSUNTO COME MEDICO!
Lo sanno tutti infatti che compito principale del medico è la soppressione del bambino nel grembo delle madri
di Renzo Puccetti - Fonte: La Bussola Quotidiana
10 IL COMUNE DI GUBBIO ABOLISCE IL REGISTRO DELLE COPPIE DI FATTO: NON HA VALORE GIURIDICO, RISCHIA DI ESSERE ANTICOSTITUZIONALE E DISCRIMINA LE COPPIE SPOSATE
Su proposta di Luigi Girlanda il sindaco PD ha preso atto che il registro è inutile: pur esistendo da 10 anni, su 33mila abitanti aveva ricevuto l'iscrizione di una sola coppia
di Francesco Riccardi - Fonte: Avvenire

1 - LA VERA CURA E’ LA PREVENZIONE
Per non parlare poi dei legami della cannabis con l’insorgenza della schizofrenia, una psicosi gravissima, messa in relazione alla tanto decantata «droga leggera»
di Carlo Bellieni - Fonte: L'Osservatore Romano, 09/06/2011

I ragazzi che usano droga ben presto si rendono conto sulla loro pelle dei danni che ne derivano e li sanno descrivere con esattezza: è quanto emerge da uno studio svizzero appena pubblicato su «Swiss Medical Weekly», che analizza i disturbi di relazione o di ordine sessuale provocati dagli stupefacenti.
I giovani pagano, ma alcuni «maestri» predicano ancora la legalizzazione della droga, magari usandone in televisione l'immagine per attirare audience. Altri — come hanno sostenuto in un documento recenti ex capi di Stato, uomini politici e personalità pubbliche — pensano che liberalizzando si sottragga il mercato alla delinquenza.
Sbagliano entrambi: i primi perché speculano in malafede sulla debolezza dell'adolescenza, i secondi perché la liberalizzazione non ha, per esempio, fatto sparire il gioco d'azzardo clandestino e non ha ridotto l'uso dell'alcol. La droga infatti non è in primis un problema di delinquenza, ma di vuoto di speranza e di progettazione, colmato da una felicità artificiale che distrugge il cervello.
Già, perché la droga fa male. E lo mostra la scienza. Uno studio in uscita questo mese sul «British Journal of Psychiatry» mostra che prima si inizia a drogarsi e peggiori sono le conseguenze neurocognitive future. A conferma di quanto già era noto, e cioè che le capacità mnemoniche e di attenzione escono malconce dal contatto con la droga anche a distanza di anni («Journal of Psychopharmachology», gennaio 2010). La conseguenza pratica è che per chi si droga non basta evitare di farlo durante il lavoro per non provocare gravi danni, come nel caso di autisti o di categorie simili.
Per non parlare poi dei legami della cannabis con l'insorgenza della schizofrenia, una psicosi gravissima, messa in relazione alla tanto decantata «droga leggera»: il «Lancet» nel luglio 2007 mostrava che eliminando la marijuana, le psicosi nella popolazione diminuirebbero del 14 per cento. Per questi motivi, e per l'insuccesso delle politiche depenalizzanti, l'American Academy of Pediatrics si è pronunciata chiaramente contro la liberalizzazione della cannabis. A causa dei suoi effetti sui ragazzi, non ultimo il rischio di tumori, e contro l'idea di una cannabis terapeutica, che in ultima analisi si rivela solo una porta aperta alla liberalizzazione piuttosto che un'arma reale contro il dolore.
In questo scenario da emergenza sanitaria, è patetico il tentativo di intorbidare le acque mettendo nel calderone delle classificazioni delle droghe un po' di tutto — dal vino all'Lsd — per dire che in fondo nella droga basta sapersi regolare, senza evidentemente ricordare che il vino è un alimento, e che il tabacco non fa andare fuori di testa ma la marijuana sì. Siamo noi i primi a restare scandalizzati per l'accesso precoce dei ragazzi a tabacco e alcol, e chiediamo forti restrizioni per i giovani e chiare campagne di dissuasione contro il binge drinking o la nicotina; ma questo non significa che a due sciagure si deve aggiungere una terza, soprattutto in un momento in cui la lotta alle prime due sta riscuotendo successi.
La liberalizzazione di una sostanza nociva finisce col far sentire ingiusta la lotta alle altre. E può essere voluta solo da un'ideologia stantia, quella dei reduci degli anni della contestazione, che ancora predicano la mancanza di responsabilità. Trascurando i pianti delle vittime degli incidenti automobilistici causati da giovani drogati, i lamenti dei parenti dei suicidi o le lacrime degli intossicati finiti, quando va bene, in comunità di recupero.
È l'ideologia di chi, come scriveva Pier Paolo Pasolini, ha giocato a fare il rivoluzionario e, arrivato ormai alla vecchiaia, si accorge di «aver servito il mondo contro cui con zelo ha portato avanti la lotta» (Trasumanar e organizzar, 1971). E regala ai giovani solo solitudine, rimpianti e droga, cioè «folletti di vetro, che ti spiano davanti e ti ridono dietro», come Fabrizio De André scriveva, con immagine efficace nel Cantico dei drogati (1968). È un'ideologia zoppa, che fallisce anche nella lotta allo spaccio, come sottolinea l'apposita task force dell'amministrazione statunitense, dalla quale apprendiamo che in Olanda, dall'apertura dei «marijuana bar» nel 1976, si è triplicato non solo l'uso di quella droga, ma anche dell'eroina. Senza parlare degli esperimenti svizzeri, miseramente falliti, dei parchi riservati ai tossicodipendenti. La sete di significato e di amore non si colma dando alcol e droga. Così si crea soltanto emarginazione.

Fonte: L'Osservatore Romano, 09/06/2011

2 - DICIASSETTENNE, MALATA DI TUMORE, RIFIUTA LE CURE PER PORTARE A TERMINE LA GRAVIDANZA
Se aspetti un figlio, è normale che vuoi dargli tutta te stessa, vita compresa e infatti, come santa Gianna Beretta Molla, Jenni ha detto: ''Ho fatto quello che dovevo fare''
di Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
Fonte: La Bussola Quotidiana

3 - COME CURARE IL POST-ABORTO
Un libro che aiuta a superare il trauma delle maternità interrotte
Fonte Zenit, 21/01/2012

Sono sempre più evidenti i danni psicologici generati dalle interruzioni di gravidanza.
Secondo uno studio pubblicato dal British Journal of Psychiatry, "le donne che hanno abortito registrano l'81% di aumento del rischio di soffrire di problemi mentali".
L'autrice Priscilla Koleman è arrivata a queste conclusioni dopo aver esaminati 22 ricerche di area anglosassone e incrociato i dati relativi a 36 diversi disturbi e a quasi 900.000 persone.
Per cercare di analizzare il problema e indicarne le strade per la cura, lo psichiatra e psicoterapeuta prof. Tonino Cantelmi, la psicologa, psicoterapeuta e ricercatrice presso l'Istituto di Psicoterapia Cognitivo Interpersonale Cristina Cacace e il Consigliere Nazionale del Movimento per la Vita Italiano Elisabetta Pittino, hanno scritto il libro "Maternità interrotte. Le conseguenze psichiche dell'IVG" pubblicato dalle Edizioni San Paolo.
Per la presentazione del volume riportiamo la prefazione del sociologo e psicoterapeuta prof. Claudio Risé.
"Ciò che turba e scuote l'essere umano, prima di diventare sindrome o disagio poi variamente classificato nelle diverse culture, è una condizione esistenziale nella quale la persona si viene a trovare in conflitto con le richieste elementari dell'esistenza: la sopravvivenza, il mantenimento dell'integrità psicofisica, la difesa della vita. Di questo ci parlano le grandi narrazioni: i racconti delle diverse letterature, i miti, le religioni. Gli studiosi del disagio e della sofferenza, i terapeuti proposti dal modello culturale e scientifico vigente, collocano quel malessere nelle categorie utilizzate in una determinata epoca, arricchendole con i dati forniti dalle ricerche scientifiche di quel periodo.
Le conferme più attendibili, e per certi versi, di ciò che questo libro definisce e illustra come vengono, dunque, fornite da immagini e narrazioni archetipiche, eterne, lontane dalle categorie non solo psicologiche e psichiatriche, ma anche politiche e religiose di oggi. In tali categorie, risalenti spesso a tempi e culture lontanissime dalla nostra, compare con chiarezza il dramma della madre spinta, da sé stessa o da altri o da ciò che essa chiama, a sopprimere i propri figli. Diventa difficile, in queste narrazioni, parlare di influenze ideologiche, di letture opportunistiche di tesi piegate ai poteri e agli interessi dell'oggi. In esse, allora come oggi, è l'essere umano, la donna, che grida il suo dolore per non aver saputo o potuto proteggere la vita che ha generato. Questa lettura mostra (con una precisione che riceve dettagliate conferme cliniche nelle pagine del presente volume) come il venir meno all'imperativo naturale della custodia del piccolo possa realizzarsi solo attraverso una scissione della personalità della donna-madre. Tale scissione è ben illustrata in questo ricco e documentato volume, in particolare nel contributo di Cacace-Cantelmi. Della stessa scissione, per esempio, ci parla Medea, più di due millenni prima, quando toglie la vita ai suoi due bambini. Il greco Euripide descrive così il dispositivo attraverso il quale la madre si divide per compiere il suo atto. Nella tragedia, Medea si esorta: Dimenticali, per ucciderli. Poi datti il tempo del lutto.
Circa tre secoli dopo, Seneca, sempre parlando di Medea, evidenzia in modo folgorante la stessa scissione necessaria alla madre per convincersi a sopprimere la prole. Per uccidere i bimbi è necessario prima negare la maternità, poi occorre comunque ritornare all'inevitabile riconoscimento della realtà: sono miei.
Come si nota, però, anche nel contributo di Cacace-Cantelmi, e in altre parti del libro, il dispositivo schizogeno che consente alla donna la soppressione della prole non riesce ad annullare il dramma identitario rappresentato dal rifiuto di rimanere nella posizione di madre, ormai sviluppatasi nei diversi aspetti della personalità anche dal punto di vista cognitivo e cerebrale. Quindi, quando in Seneca Medea, dopo la soppressione dei figli, annuncia di non essere più madre, ma di essere tornata nella condizione di vergine (una condizione che, con l'arrivo della maternità, la donna deve anche simbolicamente lasciare, assieme a quella di figlia), il suo disperato tentativo di rovesciare l'ordine simbolico per lei costituito sul piano di realtà si rivela (come tutti i tentativi simili) appartenere soprattutto all'ordine del delirio. È proprio su quella falsificazione dell'identità e della biografia personale, necessaria per consentire la soppressione della prole, che si sviluppa poi la sindrome post-aborto, con caratteristiche per certi versi assai simili alle forme che conseguono agli infanticidi di bambini già nati. Entrambe del resto, come si nota anche nel presente testo, sono innanzitutto sindromi post traumatiche, anche se la cultura abortista si arrampica sui vetri per mettere tra parentesi il trauma.
Il quadro complessivo che accompagna lo sviluppo di questa sindrome, i conseguenti disturbi d'ansia, da panico, le depressioni e le fobie qui ricostruiti con precisione trovano riscontro, oltre che nei dati e nelle ricerche cliniche, nelle cronache dei giornali e nella vita quotidiana delle coppie e famiglie italiane. Educatori e terapeuti ritrovano più tardi, nei figli che cercano le loro cure, le tracce e gli esiti del disagio materno.
Uno degli aspetti più pericolosi dell'aborto, che sgombra la strada ai peggiori sviluppi della sindrome da esso provocata, è l'annullamento che induce sull' che la gravidanza comporta, sia sul piano fisico che su quello psichico. Uno degli effetti è la fortissima diminuzione del rischio di suicidio assicurata appunto dalla gravidanza. Quando, invece, questa viene interrotta, come dimostrano le ricerche internazionali in materia, qui citate.
Ciò accade perché il trauma dell'aborto e la sua mancata elaborazione (ostacolata da un intero modello culturale e politico che ne nega proprio il carattere traumatico) non consentono, come è spiegato con precisione nel libro. La negazione politico-culturale del carattere traumatico dell'aborto, dopo averlo consentito e in molti casi promosso (nel caso, per esempio, del consenso all'aborto delle minorenni, senza informarne i genitori), agisce in rinforzo del blocco cerebrale, impedendo alla pienezza della coscienza di riconoscere la traumaticità dell'atto, e di porre così le basi per la sua trasformazione e integrazione. La cultura abortista, sostenuta e mantenuta in Italia anche dalla carente raccolta di dati nazionali sulla psicopatologia ed epidemiologia dei disturbi post-abortivi (ampiamente dimostrati invece dalle ricerche internazionali qui citate), finisce così con l'essere direttamente produttrice di malessere psichico, di cui impedisce il riconoscimento e la cura.
Il libro è stato scritto per fare luce su questo malessere negato e per aiutare chi ne è colpito a superarlo, nell'auspicio – umano e non ideologico – di contribuire a ridurre l'atto che quel malessere genera: la soppressione del figlio non ancora nato".

Fonte: Zenit, 21/01/2012

4 - IN SLOVACCHIA SI PENSA A UN PROGRAMMA DI STERILIZZAZIONE DI MASSA PER GLI ZINGARI
Tornano di moda i progetti attuati dal nazismo in Germania, in molti stati americani e del Canada a partire dagli anni '20 con leggi ad hoc o in Svezia fino agli anni '70
di Danilo Quinto - Fonte: La Bussola Quotidiana
Fonte: La Bussola Quotidiana

5 - SOPRAVVISSUTA ALL'ABORTO: LA STORIA DI GIANNA JESSEN DIVENTA UN FILM
Ecco in anteprima il trailer di ''October Baby'' che uscirà prossimamente al cinema Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali
Fonte Unione Cristiani Cattolici Razionali
Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali

6 - L'INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA DISTRUGGE LE PERSONE
Gli aborti crescono con leggi che lo liberalizzano
di Renzo Puccetti - Fonte: Zenit, 05/02/2012

Il 19 gennaio è comparsa sull'edizione on line della prestigiosa rivista medica Lancet un articolo volto a fornire le cifre del ricorso all'aborto su base planetaria nel periodo compreso tra il 1995 ed il 2008.
Nell'articolo gli autori formulano la seguente affermazione: "le leggi restrittive sull'aborto non sono associate a tassi di abortività più bassi". Non desta sorpresa osservare che la pubblicazione è stata prontamente assunta da numerosi gruppi favorevoli all'aborto per sostenere la necessità di liberalizzare l'interruzione volontaria di gravidanza in ogni nazione.
Alla base della liberalizzazione dell'aborto si pone la teoria del cosiddetto aborto "safe", l'aborto sicuro, di cui la completa legalizzazione è elemento imprescindibile, benché non esaustivo. Si tratta di iniziative volte a convincere i governi, in particolare di nazioni del sud America, che una eventuale depenalizzazione dell'aborto non può che tradursi in un atto che fa solo del bene, evita alle donne le complicanze da aborto clandestino senza che gli aborti aumentino. Già, dicono così.
Ci si può però domandare se davvero questa lettura sia rispettosa della realtà, o se invece non sia piuttosto una rappresentazione conveniente per una prospettiva molto ideologica.
Un primo elemento di riflessione deriva dagli autori: membri del Guttmacher Institute, che è una formidabile macchina di divulgazione di istanze abortiste, storicamente legata a doppio filo alla più grande catena americana di cliniche per aborti, la Planned Parenthood. Il Guttmacher Institute fa parte di quella che viene chiamata "lobby dell'aborto" e che chiede alle istituzioni internazionali di riconoscere l'interruzione volontaria di gravidanza come parte dei cosiddetti diritti riproduttivi.
Gli autori affermano di avere elaborato i dati a partire da una molteplicità di fonti: studi pubblicati, rapporti occasionali, pareri di esperti. Come da tale zibaldone grezzo si giunga alle stime riportate nello studio è materia oscura, assai distante da quella trasparenza sui metodi seguiti che consente la verificabilità e riproducibilità propri del metodo scientifico galileiano. Non sono infatti a conoscenza di alcun rapporto che spieghi in modo dettagliato, passaggio per passaggio, come ogni dato sia stato statisticamente elaborato. Di una cosa però siamo a conoscenza e riguarda l'enorme grado di variabilità ed incertezza che sottende tutte le metodologie impiegate per stimare gli aborti clandestini.
Se si vuole avere una prova è sufficiente comparare le rispettabilissime stime del numero degli aborti prima della legalizzazione in alcuni paesi occidentali. Può essere utile rinfrescare la memoria citando alcuni numeri. Per l'Italia Grandolfo e coll. forniscono la cifra di 350.000 aborti prima della legalizzazione, mentre Figà Talamanca presenta stime che, sulla base di vari modelli matematici, spaziano da 220.000 a 3.640.000 aborti, quando invece il professor Colombo dava come cifra più probabile 100.000 aborti all'anno. In Francia L'INED, l'istituto nazionale di statistica, valutava gli aborti prima della legge Veil a 250.000 mentre Thierry Lefevre forniva una forbice di 55.000-90.000. Per l'Inghilterra invece si dava la cifra di 100.000 aborti prima dell'abortion act del 1967 quando altre pubblicazioni scientifiche facevano valutazioni comprese tra 15.000 e 31.000 aborti.
Non si dovrebbe neppure sottovalutare la testimonianza diretta del dottor Nathanson, fondatore del NARAL (National Association for the Repeal of the Abortion Laws), successivamente convertito alla causa pro-life ed al cattolicesimo, che testimonia l'esagerazione degli aborti quale tecnica adottata per creare l'impressione che l'aborto fosse diffusissimo in America al fine di ottenerne la legalizzazione.
Se quindi dovrebbero risultare chiari limiti e intenti di questo genere di pubblicazioni di cui questo articolo di Lancet è solamente un esempio, resta ancora una considerazione da svolgere e riguarda l'impiego di dati crudi anziché corretti per i numerosi fattori in grado di modificare gli stessi dati. La cosa risulta evidente e sospetta se la confrontiamo con lo zelo posto dal mondo pro-choice (favorevolo all'aborto) nell'impiego di ogni co-fattore possibile al fine di calmierare la maggiore probabilità di problemi psichici da parte delle donne che hanno abortito.
Si sostiene infatti che la causa non risieda nell'aborto in sé, ma in tutta una serie di fattori che predispongono le donne con problemi psichici ad abortire con maggiore probabilità. Ci si chiede così perché gli esperti che hanno pubblicato lo studio su Lancet non abbiano corretto i dati di abortività per i numerosi fattori che notoriamente influiscono sul ricorso all'aborto: reddito, religiosità, fecondità, scolarità, razza, solo per citarne alcuni.
Di una cosa si può essere certi: legalizzare l'aborto significa accettare l'aumento degli aborti. Non è una tesi, è molto più che un'ipotesi, è un dato che è stato dimostrato in Italia, così come in Romania, negli Stati Uniti così come in Peru e dimostra chiaramente che combattere per leggi restrittive significa combattere per la vita.

Fonte: Zenit, 05/02/2012

7 - ABORTO: UNA REALTÀ CHE NON SI RIESCE A CANCELLARE
E’ incredibile! Quando la realtà rende evidente ciò che contrasta una visione ideologica, essa viene immediatamente censurata.
di Gianfranco Amato - Fonte: Corrispondenza Romana, 01/02/2012

La moda è nata negli U.S.A. ma sta diffondendosi a macchia d'olio anche nel Regno Unito. Si tratta dei cosiddetti "foetus' party", ovvero feste organizzate dalle puerpere per mostrare alle amiche l'immagine ecografica del nascituro, e festeggiare insieme il lieto evento. La moda si deve alle innovazioni tecnologiche, ed in particolare alla ecografia quadrimensionale, che riesce a visualizzare nel dettaglio i movimenti fetali, fino alle espressioni del volto, come un sorriso o uno sbadiglio.
In Italia il gruppo di ricercatori guidati dal Prof. Umberto Castiello, docente di psicobiologia a Padova, attraverso l'osservazione – grazie proprio all'ecografia quadrimensionale – del comportamento di cinque coppie di feti gemelli, ha registrato che già fin dalla quattordicesima settimana di gestazione si possono verificare nell'utero movimenti volontari, precisi e diretti tra gli stessi gemelli. Vere e proprie coccole e carezze. Ognuno dei due feti, infatti, è consapevole della presenza dell'altro, e riesce a sfiorarlo con le mani, come conferma la decelerazione, ossia il rallentamento del gesto quando viene toccato il corpo del gemello, attraverso un movimento più controllato e accurato.
In Gran Bretagna il pioniere della tecnica ecografica quadrimensionale, il Prof. Stuart Campbell, nel momento in cui è riuscito a catturare l'immagine del sorriso di un nascituro di diciassette settimane, ha esclamato: «Ecco l'espressione gioiosa dell'umanità del feto».
Eppure queste immagini, che spalancano il nostro cuore al mistero della vita, ad alcuni fanno paura.
La Professoressa Cathy Warwick, Presidente del Royal College of Midwives (Collegio Reale britannico delle Ostetriche), ha criticato il dilagante fenomeno dei foetus' party, anche perché quell'utilizzo delle ecografie può indurre a ritenere che i feti di poche settimane siano davvero essere umani titolari di diritti. In un articolo pubblicato dalla BBC, la Professoressa Warwick si è posta, infatti, una domanda: «Non si corre forse il rischio di contribuire alla diffusione dell'idea, sostenuta da alcuni, che il feto abbia una vita autonoma prima della nascita e che, quindi, ad esso debbano essere riconosciuti pieni diritti?».
Precisa meglio il proprio pensiero la stessa Warwick quando afferma che «la legislazione vigente nel Regno Unito consente alla madre di assumere decisioni anche a nome del proprio bambino, prima che questi nasca», e quindi un utilizzo improprio della tecnologia ecografica nei foetus' party «rischia di compromettere questa posizione, ed aumentare il numero delle donne accusate di fare del male ai propri feti, come accade negli U.S.A.».
E' incredibile. Quando la realtà rende evidente ciò che contrasta una visione ideologica, essa viene immediatamente censurata.
Che un feto di quattordici settimane possa sorridere, sbadigliare o accarezzare il fratellino che con lui condivide il grembo materno, è un fatto oggettivo. L'evidenza cogente della sua assoluta umanità. E se questo cozza contro il pregiudizio dell'ideologia, allora deve essere negato. Vengono in mente le parole che David Myers, docente di psicologia al Hope College del Michigan, ha scritto nel suo interessante saggio Social Psychology: «Vi è una realtà oggettiva là fuori, ma noi spesso non riusciamo a vederla attraverso gli occhiali delle nostre credenze, attitudini e valori». E quando si tolgono gli occhiali dell'ideologia, la realtà oggettiva può apparire insopportabile.
E' quando è accaduto a Cathy Warwick e a tutti coloro che, ossessionati dall'idea che esista un diritto all'autoderminazione della donna, non riescono a tollerare la visione dell'essere indifeso ed innocente che viene soppresso in nome di quell'asserito diritto. Non potendo negarne l'esistenza, ne negano l'umanità.
La realtà, però, a volte gioca brutti scherzi. Lo ricordava il grande Marcel Proust nella sua Recherche, quando scriveva che proprio «la realtà è il più abile dei nemici», perché «lancia i suoi attacchi contro quel punto del nostro cuore dove non ce li aspettavamo, e dove non avevamo preparato difese». Sembra davvero essere ciò che è accaduto alla Presidente del Royal College of Midwife.

Fonte: Corrispondenza Romana, 01/02/2012

8 - L'INCREDIBILE CONVERSIONE DELLA DIRETTRICE DI UNA CLINICA DEL PIU' GRANDE ENTE ABORTISTA AMERICANO RACCONTATA IN UN LIBRO
''Se pensi che avere un aborto sia una scelta che elimina un problema... ripensaci, perché l'aborto non è la fine di un problema... è solo l'inizio di tanti problemi in più''
di Virginia Lalli - Fonte: Nuove Frontiere Onlus
Fonte: Nuove Frontiere Onlus

9 - MENTALITA' PERVERSA: ABORTIRE E' UNA QUESTIONE DI LIBERA SCELTA... QUINDI SE SEI CONTRO L'ABORTO NON MERITI NEMMENO DI ESSERE ASSUNTO COME MEDICO!
Lo sanno tutti infatti che compito principale del medico è la soppressione del bambino nel grembo delle madri
di Renzo Puccetti - Fonte: La Bussola Quotidiana
Fonte: La Bussola Quotidiana

10 - IL COMUNE DI GUBBIO ABOLISCE IL REGISTRO DELLE COPPIE DI FATTO: NON HA VALORE GIURIDICO, RISCHIA DI ESSERE ANTICOSTITUZIONALE E DISCRIMINA LE COPPIE SPOSATE
Su proposta di Luigi Girlanda il sindaco PD ha preso atto che il registro è inutile: pur esistendo da 10 anni, su 33mila abitanti aveva ricevuto l'iscrizione di una sola coppia
di Francesco Riccardi - Fonte: Avvenire
Fonte: Avvenire

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