Amici del Timone n�46 del 01 agosto 2015
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LA CASSAZIONE GIUDICA ANCORA CONTRO LA LEGGE E CONTRO LA REALA'
Ora basterebbe la volontà del soggetto per cambiare sesso senza operazione: consigliamo i lettori di diventare donne ad hoc per andare i pensione prima
di Alessandro Fiore - Fonte: Notizie ProVita
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SOLO BUGIE PER CONVINCERCI
Perché la legalizzazione della cannabis non è una buona idea
di Alfredo Mantovano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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BAMBINI ABORTITI IN VENDITA A PEZZI....MA PERCHE' STUPIRSI?
L'orrore della vendita degli organi dei bambini abortiti è solo una tragica conseguenza del fatto che i bambini siano considerati cose
di Federica Paparelli Thistle - Fonte: La Croce
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LA TOSCANA E' DA SEMPRE TERRA DI PRIMATI....NEGATIVI!
In Italia è nato il primo figlio dell'eterologa. Ma è meglio andarci piano con i trionfalismi
di Leone Grotti - Fonte: Tempi
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QUESTO MATRIMONIO NON S'HA DA FARE
Perchè il matrimonio gay toglierebbe qualcosa alla famiglia tradizionale e alla società
di Alessandro Fiore - Fonte: Notizie Provita
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TRA NASCITA E MORTE, LA 'TERRA DI MEZZO' CI CHIAMA
Le parole del Papa a Scienza e Vita
di Umberto Folena - Fonte: Avvenire
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PERCHE' E' IN CORSO UNA GUERRA E NEGARLA NON CI AIUTERA' A VINCERE
Né omofobi né omomani, ma l'emergenza Gender c'è davvero
di Marianna Orlandi - Fonte: La Croce
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PREPARATEVI... ANCHE LA PEDOFILIA VERRA' LEGITTIMATA
Gli argomenti sono gli stessi usati a suo tempo per normalizzare l'omosessualità
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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LA PAROLA MAGICA PER IMPORRE L'EUTANASIA DI STATO
Usando come grimaldello la parola ''discriminazione'' stanno distruggendo la vita, la famiglia, la libertà religiosa, l'educazione dei bambini e molto altro ancora
di Tommaso Scandroglio - Fonte: Corrispondenza Romana
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LA CASSAZIONE GIUDICA ANCORA CONTRO LA LEGGE E CONTRO LA REALA'
Ora basterebbe la volontà del soggetto per cambiare sesso senza operazione: consigliamo i lettori di diventare donne ad hoc per andare i pensione prima
di Alessandro Fiore - Fonte: Notizie ProVita, 21/07/2015
In Norvegia, che è ovviamente ancora più avanti, si discute la possibilità di cambiare il sesso anagrafico sulla base, anche qui, di una semplice auto-dichiarazione: la particolarità è che si vuole estendere questo "diritto" anche ai bambini a partire dai 7 anni … con il consenso dei genitori però (quanta moderazione). Le magnifiche sorti e progressive non potevano non coinvolgere la nostra Italia dove, com'è noto, milioni di transgender vengono atrocemente discriminati e privati del sacrosanto diritto alla autodeterminazione. E' così, siccome la legge è lenta a rispondere, in Italia, com'è noto, per fortuna abbiamo i giudici, capaci di adeguare il nostro medievale ordinamento alla società dinamica, cangiante e fluida, quasi quanto l'identità sessuale dei cittadini. La Cassazione ci regala dunque una storica sentenza. Come riporta il Corriere, la sentenza è stata emessa su ricorso presentato da Rete Lenford per conto di una persona (un uomo) transgender che anni fa aveva ottenuto la possibilità di sottoporsi a intervento chirurgico di riassegnazione del sesso. Il trans però aveva poi rinunciato all'operazione perché (da quanto si legge nel comunicato di Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI) «aveva raggiunto nel tempo un equilibrio psico-fisico e da 25 anni vive ed è socialmente riconosciuta come donna». Infatti si era sottoposto a terapie ormonali e a interventi sui caratteri sessuali secondari ma rifiutava la "sterilizzazione forzata" conseguente alla modificazione chirurgica dei genitali (caratteri sessuali primari). Eppure lui voleva essere donna. In primo e secondo grado, prima il tribunale di Piacenza e poi la corte d'appello di Bologna avevano respinto la richiesta del ricorrente, conformandosi (medievali!) alla giurisprudenza prevalente che condizionava la modificazione degli atti anagrafici almeno al trattamento chirurgico sugli organi genitali. La Cassazione ha però rovesciato le precedenti decisioni e dato ragione al trans, con sentenza n. 15138/2015, regalandoci perle di saggezza: «la percezione di una disforia di genere determina l'esigenza di un percorso soggettivo di riconoscimento di questo primario profilo dell'identità personale né breve né privo d'interventi modificativi delle caratteristiche somatiche ed ormonali originarie. Il profilo diacronico e dinamico ne costituisce una caratteristica ineludibile e la conclusione del processo di ricongiungimento tra "soma e psiche" non può, attualmente, essere stabilito in via predeterminata e generale soltanto mediante il verificarsi della condizione dell'intervento chirurgico». Insomma, per cambiare sesso/genere sulla carta d'identità, ora non serve nemmeno l'intervento chirurgico. Niente più interventi chirurgici "dolorosi e invasivi" (eh già …): la presidente dell'Associazione Rete Lenford, Maria Grazia Sangalli, esprime la propria soddisfazione per la sentenza «che ha finalmente chiarito che l'intervento chirurgico di riassegnazione – quando non è frutto di una scelta personale – è uno strumento lesivo dell'integrità fisica e della dignità umana". La Cassazione non arriva ancora alla autodeterminazione pura del genere (probabilmente a causa di residui di omotransfobia) ma riconosce l'autodeterminazione, potremmo dire, condizionata a qualche "apparenza" del sesso/genere desiderato: bastano le somiglianze a livello dei caratteri sessuali secondari e non più dei caratteri primari. (Ma presto arriveremo a superare anche questo ostacolo: la pura autodeterminazione di genere sembra essere dietro l'angolo). Non ci resta che contemplare ammirati le conseguenze di cotanto progresso: - in Italia è diventato un sacrosanto diritto (di origine giurisprudenziale per il momento) avere la propria identità di genere riconosciuta pubblicamente, anche senza trattamento chirurgico. - E quindi c'è il relativo dovere di assecondare la disforia di genere di una persona: cioè riconoscerla per quello che oggettivamente non è, ma crede di essere in base a una percezione patologica. (Un po' come se ci fosse il dovere di dichiarare sovrappeso una persona che soffre di anoressia …). Ma questo in realtà già c'era, perché con o senza operazione chirurgica il risultato è lo stesso: assecondare una patologia. - in Italia due "donne" potranno avere naturalmente un figlio … cioè una donna (più o meno) normale e una"donna" transgender con genitali maschili integri. Insomma è diventato possibile che un bambino abbia due "mamme" senza passare per la fecondazione eterologa. E così anche due "papà" … (Notate le virgolette per favore). Queste aberrazioni però non sono che il risultato abbastanza logico di alcune premesse: il peccato originale da questo punto di vista (senza andare troppo indietro nel tempo) è di aver permesso la "riassegnazione del sesso". Cioè di aver permesso l'impossibile. Cambiare veramente sesso, con o senza modificazione dei genitali, è in realtà impossibile. Il sesso è iscritto nel nostro DNA, in ogni cellula del nostro corpo, e gli effetti più profondi di tutto quel meccanismo biologico determinato dalla presenza o dall'assenza del cromosoma Y, come la conformazione stessa dell'encefalo, sono irreversibili. Le operazioni chirurgiche non potranno che creare un'apparenza di organi genitali del sesso opposto. I trattamenti ormonali non potranno che creare un'apparenza di femminilità o mascolinità senza modificare la sessuazione cerebrale. Si potranno indossare quanto si vuole i "vestiti" del sesso opposto, ma l'identità sessuale di nascita rimane, profonda, inestirpabile, perché coincide in fin dei conti con il nostro "Io": noi siamo (non solo ma anche) corpi sessuati. Il secondo peccato mortale è stato di introdurre nell'ordinamento (in norme primarie e secondarie) la nozione di identità di genere come aspetto più profondo dell'identità sessuale (e di conseguenza, prevalente rispetto al sesso biologico). La sentenza della Cassazione non è che il prodotto di ingredienti già presenti nella nostra società: ingredienti che porteranno prima o poi alla assoluta autodeterminazione del genere. Il regno del gender è alle porte. Sta a noi fermarlo.
Fonte: Notizie ProVita, 21/07/2015
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SOLO BUGIE PER CONVINCERCI
Perché la legalizzazione della cannabis non è una buona idea
di Alfredo Mantovano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/07/2015
La novità della proposta di legalizzare lo spaccio delle droghe qualificate "leggere" non sta negli argomenti che adoperano i suoi 218 parlamentari sottoscrittori: li abbiamo a noia da circa 40 anni. La novità è che il Parlamento italiano si trova oggi nelle sciagurate condizioni di approvare un testo del genere; quel che è accaduto dall'inizio del governo in carica legittima questa conclusione: da marzo 2014 a oggi, su impulso dell'esecutivo e col sostegno della sua maggioranza sono stati approvati il divorzio breve, il divorzio facile, una pessima controriforma della legge sulla droga, si è scelto di non dare alcuna legislativa alle sentenze della Consulta su eterologa e selezione genetica pre-impianto, e si è andati avanti col gender a scuola, se pur con qualche apparente correzione di rotta. Si prospetta il rischio che la discussione ripeta banalità pluriripetute e alla loro stregua legiferi. In un recente volume - Libertà dalla droga, Sugarco 2015 -, scritto con Giovanni Serpelloni e con Massimo Introvigne, abbiamo raccolto ed esposto sul punto elementi di fatto e argomenti di carattere scientifico, giuridico e sociologico. Rinviando a quel testo per una esposizione meno rapida, ecco i principali luoghi comuni sul tema: a. primo luogo comune: ci sono le droghe "buone" e le droghe "cattive", quelle che possono far male e quelle che aiutano a passare una serata in spensieratezza, quelle "ludiche" e socializzanti e quelle che invece provocano qualche problema, quelle da permettere e quelle da vietare. É una distinzione falsa e fuorviante: lo "spinello" oggi in circolazione ha effetti devastanti e non sempre reversibili sulla psiche e sul fisico. The Independent, il popolare quotidiano inglese che per circa un decennio, a partire dal 1997, ha condotto una intensa campagna a favore della legalizzazione della cannabis, il 18 marzo 2007 è poi uscito con la copertina dell'edizione domenicale recante il titolo Cannabis, an apology: una richiesta di scuse ai lettori fondata su dati obiettivi. «(…) nel 1997 – è possibile leggere nel reportage di Jonathan Owen, sulla stessa testata – mentre questo giornale chiedeva la depenalizzazione, milleseicento persone erano in cura per dipendenza da cannabis. Oggi (cioè nel 2007) sono diventate ventiduemila». La campagna lasciata nel 1997 ha però condizionato nel Regno Unito la decisione, adottata nel 2004, di far passare la cannabis dalla tabella B – quella delle anfetamine e dei barbiturici – alla tabella C: quella delle droghe "leggere", il cui uso non è punibile. Nell'editoriale si cita una celebre frase di John Maynard Keynes – «se i fatti cambiano, noi cambiamo opinione» – per aggiungere che «il legame fra cannabis e psicosi adesso è chiaro, mentre non lo era dieci anni fa». b. Il secondo luogo comune è che ognuno è arbitro della propria salute, e quindi libero di "farsi" come desidera, senza che lo Stato si intrometta. Questo argomento però non va adoperato a intermittenza: nessuno ha mai contestato il principio ispiratore dell'obbligo del casco alla guida delle motociclette; si tratta dei primi tre articoli della legge 11 gennaio 1986 n. 3: eppure, in caso di incidente, il danno potenziale riguarda esclusivamente il soggetto che viola la norma. Non vi è mai stata contestazione perché la Costituzione italiana, e prima ancora il buon senso, pongono alla base della convivenza il principio di solidarietà, che si articola in diritti – quelli, per es., di ricevere cura e assistenza in caso di difficoltà – e doveri: nel momento in cui, colpevolmente o dolosamente, io ledo la mia salute a seguito di miei comportamenti, con ciò stesso mi sottraggo all'adempimento dei quei doveri e costringo le istituzioni a impiegare risorse ed energie per soccorrermi. Proprio con riferimento all'uso del casco, con una sentenza del 1994, la n. 180, la Corte costituzionale ha respinto la tesi dell'ingerenza dello Stato nei diritti del cittadino, e ha aggiunto che la salute dell'individuo costituisce "interesse per la collettività", per cui va apprezzato l'intervento del legislatore, anche perché gli incidenti stradali hanno un costo per l'intera società. c. Terzo luogo comune: anche alcool e tabacco fanno male, eppure, a differenza della droga, nessuno invoca sanzioni contro la loro commercializzazione. Partendo dagli alcolici, chi dice che è illogico vietare e punire la cessione controllata di droga, soprattutto di quella "leggera", e invece ammettere la vendita bevande alcooliche, non ha ben chiara la distinzione fra uso e abuso. L'uso equilibrato di alcool, soprattutto se a bassa gradazione e in assenza di controindicazioni correlate alle condizioni di salute di chi lo assume, non fa male; un buon bicchiere di vino rosso è anzi consigliato durante il pasto. L'abuso provoca invece l'alterazione di sé, ed è in vario modo scoraggiato sul piano normativo: si pensi alle disposizioni sul tasso alcolemico da non oltrepassare quando si conduce un veicolo, e alle sanzioni penali in caso di inosservanza. Per il consumo di droga la distinzione non regge: già il semplice uso di stupefacenti produce alterazioni dell'equilibrio fisico e psichico; non attendere che si passi a stadi di dipendenza più elevati per dissuadere dall'assunzione è coerente con il sistema. Il professor Luigi Janiri, vicepresidente della sezione dipendenze della Società italiana di psichiatria, ha spiegato, nel corso dell'audizione svolta il 2 aprile 2014 davanti alle Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali della Camera dei Deputati: «(…) sulla questione della differenza tra la cannabis e l'alcol. Indubbiamente l'alcol è in grado di determinare effetti nocivi sulla salute sia fisica, sia psichica. È un dato accertato che questo avvenga per dosi progressivamente crescenti di alcol e in un tempo molto più lungo. L'altra differenza importante rispetto alla cannabis risiede nel fatto che gli episodi acuti psicotici transitori di cui è responsabile la cannabis non si verifichino con l'alcol. Mentre un episodio psicotico transitorio si può verificare in una persona anche alla prima assunzione di cannabis, non si verifica alla prima assunzione di alcol». Ulteriore differenza è il tempo di smaltimento: «una persona che si fuma una canna oggi impiega (…) per eliminarla fino a 15-20 giorni». Considerazioni analoghe, mutatis mutandis, valgono per il tabacco; non è necessario consultare un tossicologo per constatare la differenza che c'è tra gli effetti di una sigaretta e gli effetti di una "canna". Nei confronti del fumo peraltro l'ordinamento non è indifferente, essendo in atto da tempo misure dissuasive che vanno dalle periodiche campagne di informazione sui danni che esso provoca alle sanzioni amministrative per chi fuma in luoghi pubblici. La svolta è avvenuta con la legge n. 3/2003, la c.d. legge Sirchia, dal cognome del ministro della Salute dell'epoca, che ha introdotto il divieto di fumare nei locali chiusi; è una riforma che ha provocato affetti tangibili: secondo l'Istat mentre nel 2003 l'abitudine al fumo riguardava il 23,08% degli italiani, nel 2013 essa è scesa al 20,9%. Per l'alcool come per il fumo la prevenzione e la dissuasione sono commisurate alla nocività delle sostanze e agli esiti derivanti dalla loro assunzione; nocività ed esiti qualitativamente diversi rispetti alle sostanze stupefacenti, e comunque a queste ultime non equiparabili. d. Quarto luogo comune: "legalizzare" le droghe sottrarrebbe potere e terreno alle organizzazioni criminali che traggono profitto dai traffici di stupefacenti, affidandone la distribuzione e la cessione al controllo dello Stato. Premesso che il problema numero uno non è che i clan aumentino i profitti con i traffici degli stupefacenti, ma che questi ultimi determinino la morte o la prostrazione di tante persone, è certamente importante contrastare i network criminali che si dedicano, in tutto o in parte, ai giri di stupefacenti. Ammettendo che sia vera – e non lo è, per quanto si esporrà fra breve – la tesi secondo cui la mancata legalizzazione è causa dell'arricchimento dei clan, ogni ipotesi di legalizzazione sarebbe diretta a limitare lo sfruttamento criminale dei traffici, non a ridurre la platea degli assuntori di droga, quindi lascerebbe inalterato il problema n. 1. La realtà poi smentisce la tesi della riduzione della entità dei traffici criminali; ogni legalizzazione ha dei limiti, di età dell'assuntore, di quantità e di qualità (intesa come percentuale di principio attivo) della sostanza. Neanche il "legalizzatore" più convinto arriva a sostenere che un fanciullo possa recarsi a piacimento al tabaccaio, o allo sportello della Asl, e farsi impacchettare mezzo chilo di cocaina, con elevata percentuale di principio attivo. Alla criminalità sarà sufficiente operare oltre i limiti fissati: quanto a quello dell'età, puntando, ancora di più di quanto non avvenga oggi, allo spaccio fra minorenni; quanto alla quantità e alla qualità, offrendo "merce" in grammi o in capacità stimolante, al di là delle soglie stabilite. L'esperienza degli Usa, al cui interno circa venti States hanno legalizzato il fumo di cannabis per uso medico, e due States anche per uso ricreazionale, indica che la legalizzazione della cannabis aumenta soprattutto la quantità consumata pro capite. Gli introiti per gli Stati derivante dalle accise sulla cannabis "legale" è annullato dalle maggiori spese connesse al trattamento dei suoi effetti è cronici. I due mercati, legale e illecito, sono strettamente connessi: quantità sostanziali di marijuana medica prodotta in eccesso grazie a economie di scala sono dirottate verso il mercato clandestino. Tuttavia, negli Usa gli adolescenti non possono accedere alla cannabis legale: la legalizzazione non riguarda i minori, che sono i maggiori consumatori di cannabis e quelli più a rischio per i suoi effetti a lungo termine. Risultato: negli Usa la legalizzazione della cannabis non ha eliminato il mercato illegale ma ne ha semplicemente ristretto la clientela agli adolescenti e agli adulti che non possono permettersi il costo elevato della cannabis legale. È ragionevole sperare in un grado di approfondimento che tenga conto delle valutazioni tecniche degli addetti ai lavori, ascoltandone il parere e con un confronto proporzionato alla gravità della materia di volta in volta discussa?
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 19/07/2015
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BAMBINI ABORTITI IN VENDITA A PEZZI....MA PERCHE' STUPIRSI?
L'orrore della vendita degli organi dei bambini abortiti è solo una tragica conseguenza del fatto che i bambini siano considerati cose
di Federica Paparelli Thistle - Fonte: La Croce, 16/07/2015
Se mai vi foste chiesti che faccia ha il male, ho un nome per voi: Deborah Nucatola. Se un po' avete seguito questa pagina, sapete che Planned Parenthood è la catena di cliniche abortiste più grande d'America, una cosa enorme, un giro d'affari per oltre un miliardo di dollari. La dottoressa Nucatola a Planned Parenthood riveste un incarico di prestigio: è Senior Director of Medical Services, una posizione ai vertici del quartier generale del colosso degli aborti. In questa veste supervisiona le pratiche abortive nelle sedi PP di tutta l'America fin dal 2009 e si occupa anche dell'addestramento dei nuovi arruolati nei ranghi delle cliniche della morte. E da martedì sappiamo anche un nuovo perché. L'associazione californiana prolife Center For Medical Progress, nel lanciare il suo sito, ha pubblicato martedì un video che riporta l'inimmaginabile: con una telecamera nascosta, le immagini mostrano un pranzo di lavoro in un ristorante di Los Angeles fra la dottoressa Nucatola e due attori, che si sono finti imprenditori nel campo delle biotecnologie e interessati all'acquisto di tessuti fetali. La dottoressa, mentre impassibile pasteggia con un calice di vino rosso in mano, racconta con una noncuranza rivoltante il commercio illegale che Planned Parenthood farebbe di organi e altre parti dei bambini appena abortiti. Il video, emblematicamente intitolato "Capitale umano", è il risultato di un'azione investigativa durata quasi tre anni da parte dell'associazione non-profit, che – dichiara – è costituita da cittadini giornalisti interessati alla sorveglianza delle pratiche sanitarie. Per questo motivo le immagini girate nel ristorante riportano impressa la data del luglio 2014. Del video esistono due versioni, entrambe pubblicate su YouTube: quella integrale, della durata di più di due ore, e quella sintetica, di circa otto minuti, che qui raccontiamo. Il video si apre con un'intervista del 2000 condotta dai giornalisti della ABC News, nella quale si chiede all'allora CEO di Planned Parenthood, Gloria Feldt, di commentare uno scoop della rete televisiva su un commercio analogo. Si vede la Feldt che si indigna e, dall'alto della sua caratura morale, esclama: "Se c'è reato, che i colpevoli siano consegnati alla giustizia". Belle parole, indubbiamente. Il video, a commentare direttamente queste affermazioni, riporta alcuni estratti della conversazione con la Nucatola, la quale con orgoglio riporta come siano diventati esperti a Planned Parenthood nel preservare polmoni, fegato e soprattutto il cuore, per il quale, riferisce, c'è un'altissima domanda. E anche gli arti inferiori, ammettendo di non sapere neanche che cosa vogliono farsene gli acquirenti, forse cercano il tessuto muscolare. Con l'ironia tipica di chi sa che te la farà pagare, l'attore commenta: «Certo, dieci centesimi la dozzina». Peccato che il commercio di parti del corpo umano sia un reato federale, tanto che c'è un'espressa previsione che riguarda proprio il traffico di resti di bambini abortiti, punito con la reclusione fino a 10 anni e/o un'ammenda fino a 500mila dollari. Ce ne informa il filmato subito dopo. Tanto che si resta increduli a guardare le immagini che seguono: una schermata presa dal sito Stemexpress.com, nel quale basta riempire un semplice modulo online per richiedere gli organi (organi!) che si desiderano, con possibilità di scegliere anche la settimana di gestazione del feto. Nel menù a tendina del modulo d'ordine si può leggere una lista impressionante: cervello, cuore, cuore con arterie e vene, polmoni, fegato, fegato e timo, tiroide con paratiroidi, milza, intestino tenue e crasso. Se andate sul sito e siete curiosi di sapere a quale livello può arrivare l'avidità umana, avete anche la possibilità di richiedere l'intero catalogo e vedere alcuni prezzi – si parla di migliaia di dollari. Cioè avevate, non si può più. Il sito ora è in manutenzione. Un caso, certamente. Ma non basta. Il video prosegue: gli attori chiedono alla Nucatola se il fatto di sapere che esiste una specifica richiesta di tessuti cambi qualcosa nella procedura medica dell'aborto – in pratica se Planned Parenthood faccia o meno "aborti su misura", a seconda delle necessità del cliente, con lo scopo di raccogliere determinati organi. Pare che sia proprio così: infilando la forchetta nell'insalata, la Nucatola risponde che «fa un'enorme differenza: direi che molte persone vogliono il fegato. E per questo motivo la maggioranza dei providers [medici delle cliniche di Planned Parenthood, n.d.r.] eseguono questi casi con l'aiuto dell'ecografo, in modo da sapere dove mettono il forcipe». Per cui è importante per il medico "essere consapevole di dove mette le pinze, tu cerchi intenzionalmente di andare sopra o sotto il torace. Siamo stati molto bravi a ricavare cuore, polmoni, fegato, perché lo sappiamo. Quindi non andrò a schiacciare quella parte, in pratica andrò a schiacciare sotto, o andrò a schiacciare sopra e vedrò se riesco a ottenere il tutto intatto». Difficile dire che cosa sia più osceno, se sia la facilità con cui usa la parola "schiacciare" parlando del corpo di un bambino indifeso o il gusto con cui mangia l'insalata mentre dice queste cose. Anche se non sembra possibile, la Nucatola aggiunge altro orrore, andando avanti a spiegare come la parte più difficile sia riuscire a mantenere la testa intatta in un aborto. In questi casi il medico cercherà di modificare la posizione in cui si presenta il bambino, perché se è posizionato a testa in giù, la dilatazione all'inizio della procedura medica non è sufficiente per preservare l'integrità del cranio. Per questo motivo l'abortista girerà il bambino in modo da poter effettuare un'estrazione podalica, al termine della quale avrà una dilatazione sufficiente per ottenere il suo scopo. La Nucatola non chiarisce come avvenga l'aborto, cioè in quale momento dell'operazione il medico proceda a uccidere il bambino in questo caso. Il video di Center for Medical Progress inferisce che questa procedura sia identica a quella dell'aborto con nascita parziale, una pratica dichiarata illegale a livello federale nel 2003, particolarmente se e quando diretta al commercio di parti umane. Una norma che è riuscita anche a superare il giudizio di costituzionalità da parte della Corte Suprema (che, a quanto pare, ogni tanto prende anche qualche decisione giusta), seppure con un voto di 5 a 4. In questo tipo di procedura – e se siete impressionabili, scorrete più avanti nella lettura – il medico, dopo aver estratto il corpo del bambino fino al collo, lasciando intenzionalmente la testa all'interno, procede a perforare il cranio e ad estrarne il contenuto con un aspiratore. Se così non facesse, il bambino nascerebbe vivo e ogni ulteriore pratica volta a ucciderlo sarebbe considerata omicidio per la legge. Che Planned Parenthood si preoccupi delle possibili conseguenze legali di tutto questo emerge nella conversazione nel momento in cui gli attori chiedono se sia possibile trattare l'acquisto dei tessuti direttamente con la sede centrale di Planned Parenthood. La domanda non è peregrina: Planned Parenthood, infatti, per proteggersi da azioni legali federali, obbligherebbe i potenziali acquirenti a rivolgersi alle singole cliniche locali, in modo che, qualora il traffico venisse scoperto, potrebbe sempre sostenere che si tratta della devianza del singolo provider e non una pratica autorizzata dall'azienda. La Nucatola candidamente ammette che, a livello nazionale, la cosa è stata discussa ma gli avvocati di Planned Parenthood vogliono evitare ogni coinvolgimento della sede centrale. «È un problema troppo delicato al momento perché possiamo assumerci la posizione di intermediario", intendendo fra gli acquirenti e i singoli provider locali. Ma poi aggiunge: «Però vi dirò che, a porte chiuse, queste conversazioni si fanno». All'uscita del video, Planned Parenthood non ha tardato a rilasciare un comunicato stampa, nel quale si precisa che tutti i campioni di tessuto sono ottenuti in modo etico e legale, trattandosi di materiale donato dalle pazienti. Come se fosse roba loro, viene da dire. E poco vale il fatto che la sua dipendente abbia parlato esplicitamente di un compenso per campione, che va dai 30 ai 100 dollari: poiché la Nucatola ha specificato che il prezzo varia "a seconda di cosa comporta", secondo il vicepresidente dell'ufficio comunicazioni di Planned Parenthood, Eric Ferrero, si tratterebbe semplicemente di un rimborso spese per la consegna dei campioni, presi seguendo "i più alti standard etici e legali". Dimenticando di spiegare l'intera faccenda dell'aborto con nascita parziale. La replica di Center for Medical Progress non si è fatta attendere: in primo luogo l'associazione sottolinea che, con il comunicato, Planned Parenthood esplicitamente ammette di raccogliere organi nei suoi centri e che esiste uno scambio monetario collegato a questa attività. Mette inoltre in dubbio che questa pratica predatoria sia fatta con il consenso delle pazienti, che Planned Parenthood non ottenga alcun guadagno da ciò e che tutto sia perfettamente legale. A supporto di queste affermazioni, i giornalisti pro-life sganciano la seconda bomba: un volantino pubblicitario ottenuto da Stem Express LLC (più volte nominati dalla Nucatola nel video come loro acquirenti) nel quale si esaltano ripetutamente i vantaggi economici che le cliniche otterrebbero entrando in collaborazione con loro. A questo si aggiunge il vero e proprio endorsement di una delle direttrici delle cliniche di Planned Parenthood che compare sul volantino. Al momento, la signora Nucatola risulta sparita dai radar: account Twitter cancellato, pagina Facebook che fino a martedì era ricca e colorata, ora è ridotta all'essenziale, il sito di Stem Express LLC è inaccessibile, anche se rimane la memoria incancellabile di Google, che ancora mostra nella copia cache le pagine dei moduli d'ordine, con tanto di gamma di prezzi, alcuni di svariate migliaia di dollari. Tutti rimborsi spese? Il sito di Center for Medical Progress invita più che altro a sollecitare un'indagine da parte del Congresso sulle pratiche di Planned Parenthood. E i primi segnali sono confortanti: già due Governatori, quello dello Stato del Texas e quello della Louisiana, hanno annunciato azioni investigative per verificare la legalità di quanto avviene nelle cliniche abortiste dei loro Stati. I repubblicani si stanno mobilitando: il senatore e candidato presidenziale Ted Cruz ha auspicato che il Governo inizi un'estesa indagine, non solo su Planned Parenthood ma anche su tutti gli altri soggetti coinvolti, invocando nuovamente la sospensione di ogni erogazione di fondi statali al colosso degli aborti; sulla stessa linea anche un altro candidato, Marco Rubio; il portavoce della Camera John Boehner ha dichiarato di aver dato disposizioni alle varie commissioni competenti di esaminare la questione e ha chiesto al presidente Obama di condannare simili pratiche. Da parte dei Democratici, un silenzio assordante. E forse è meglio così, visto che, nel giorno in cui queste atrocità vengono alla luce, il leader del mondo libero ha twittato: «Noi riconosciamo che ogni bambino merita delle opportunità. Non solo alcuni. Non solo i nostri». Qualcosa sembra muoversi, dunque. La notizia è approdata su molti media, riportata anche dal canale televisivo FoxNews e, cosa molto più rara, anche dal Washington Post. Più di un commentatore, della parte esclusivamente non liberal, ha affermato che l'exposé dell'associazione è il segno più evidente che un approccio sicuro e legale all'aborto è cosa impossibile: nel momento in cui si disumanizza un bambino al punto da ritenere moralmente accettabile l'aborto, ogni altra pratica accessoria appare secondaria e, perciò, giustificabile. Anzi, ne è la logica conseguenza. A quali conseguenze porterà per Planned Parenthood lo scoop di Center For Medical Progress lo sapremo solo con il passare dei giorni. Che ci sarà una battaglia legale è ormai quasi una certezza. Ci auguriamo che i giornalisti pro-life riescano a provare tutto ciò che affermano. Di assolutamente vero, ad ogni modo, rimane il motto del gigante degli aborti: «Cura. A qualunque costo».
Fonte: La Croce, 16/07/2015
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LA TOSCANA E' DA SEMPRE TERRA DI PRIMATI....NEGATIVI!
In Italia è nato il primo figlio dell'eterologa. Ma è meglio andarci piano con i trionfalismi
di Leone Grotti - Fonte: Tempi, 13/07/2015
In Toscana il primo parto in un ospedale pubblico con la tecnica autorizzata dalla Corte costituzionale nel 2014. Inizia un dramma per tante famiglie e bambini In Toscana è nato il primo bambino italiano concepito con la fecondazione artificiale eterologa in una struttura pubblica. La notizia è stata data dall'ospedale fiorentino di Careggi, dove la tecnica è disponibile a pagamento, come in tutto il resto della Regione. L'eterologa è legale da quando la Corte costituzionale, nell'aprile del 2014, ha bocciato l'articolo della legge 40 che la vietava invocando il «diritto al figlio». AUGURI DAL GOVERNATORE. Salutando il primo bambino nato nella struttura pubblica, il governatore della Toscana Enrico Rossi ha dichiarato: «Auguri al bambino e ai genitori. Siamo felici di aver contribuito alla nascita di una nuova vita. La sanità toscana ne è orgogliosa. Per la qualità dei servizi e per l'impegno in difesa e per la promozione dei diritti della persona». Le parole trionfalistiche di Rossi, però, non dicono tutto sulla tecnica e sulla "promozione dei diritti della persona". TASSO DI SUCCESSO BASSO. Il tasso di successo della tecnica, innanzitutto, è finora molto basso: su 42 cicli di fecondazione avviati in Toscana, solo 12 hanno portato a gravidanze (non a bambini nati), cioè il 28 per cento. Questo, inoltre, non era il primo caso di eterologa in Italia: in ambito privato, erano già nati due gemelli nella clinica Alma Res Fertility di Roma. In ambito pubblico, invece, erano già nati l'anno scorso i due famosi gemellini dell'ospedale Pertini di Roma. «BAMBINI INDECIDIBILI». Quest'ultimo caso ha fatto il giro del mondo, perché si è trattato di un caso di fecondazione eterologa "involontaria": dopo un incredibile scambio di embrioni tra due coppie, i gemellini sono venuti al mondo nell'utero della donna "sbagliata". Ora i due bambini crescono nella famiglia della madre che li ha partoriti e suo marito, ma i genitori genetici non si sono arresi e si sono rivolti ai tribunali per riavere i loro embrioni, ormai bambini. Secondo il Comitato nazionale di bioetica, «entrambe le coppie hanno buone e fondate ragioni» per reclamare i gemelli. Per questo «dichiara "indecidibile", da un punto di vista bioetico, un'attribuzione netta di maternità e paternità». DRAMMI ESISTENZIALI. Al di là del tragico errore, che continua a far soffrire sei persone, il caso getta un fascio di luce sulla realtà dell'eterologa, al di là della propaganda progressista, cioè su una tecnica che consente di procreare bambini con il patrimonio genetico di altri, in tutto o solo in parte. Per quanto si cerchi di nasconderlo, figli, famiglie e persone coinvolte vanno incontro a drammi esistenziali e di identità non indifferenti. FIGLI DELLA PROVETTA. A sostenerlo non sono innanzitutto i detrattori della tecnica per motivi culturali o morali, ma gli stessi figli dell'eterologa. Come Stephanie Raeymaekers, 36 anni, fondatrice dell'associazione "Donorkinderen" e nata in provetta: «Io mi sento come un prodotto comprato al supermercato dal quale è stata tagliata via l'etichetta», ha dichiarato in un'intervista a Tempi. La donna belga spiega benissimo i drammi a cui i bambini vanno incontro, non potendo conoscere il proprio (o i propri) genitori/"donatori" biologici: «[Quando ho saputo che ero nata in provetta] mi sono arrabbiata moltissimo, perché i miei genitori mi avevano mentito per 25 anni su informazioni fondamentali per me, su chi mi aveva realmente fatto. Poi la rabbia con il tempo è scemata e sono comparse tantissime domande: chi è davvero mio padre? È vivo? È morto? Quanti fratelli e sorelle ho davvero? Ha fornito il suo sperma ad altri? Gli assomiglio? Mi pensa? So che non mi conosce, magari però pensa ai figli che sono stati concepiti con il suo sperma. L'ha fatto per soldi? Per aiutare gli altri? Prima la mia vita era semplice, ora è molto più complicata». RAPPORTI ROVINATI. Stephanie spiega anche come questa tecnica di concepimento abbia rovinato il rapporto con suo padre, ad esempio: «Io voglio bene ai miei genitori e voglio bene a mio padre, che resterà sempre tale, anche se non mi ha concepito biologicamente. Però i rapporti sono stati influenzati, per forza di cose. Quando l'ho saputo, mio papà mi ha detto: "Il fatto che tu non sia mia biologicamente interferisce nel rapporto che io ho con te. Tu infatti mi ricordi costantemente che io sono sterile"». Oggi la donna belga si batte per cambiare quelle «leggi ingiuste che non considerano i diritti dei bambini, ma vedono i bambini come un diritto». Di casi come quelli di Stephanie ce ne sono a centinaia.
Fonte: Tempi, 13/07/2015
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QUESTO MATRIMONIO NON S'HA DA FARE
Perchè il matrimonio gay toglierebbe qualcosa alla famiglia tradizionale e alla società
di Alessandro Fiore - Fonte: Notizie Provita, 4 e 5 luglio 2015
"Vogliamo solo dare dei diritti a una minoranza, non stiamo togliendo diritti a nessuno, tanto meno stiamo danneggiando la vostra famiglia tradizionale!" A prima vista l'argomento potrebbe apparire verosimile: in effetti non sembra che la concessione di "diritti" a una minoranza possa togliere diritti a nessuno e non sembra che l'unione civile tra due persone omosessuali possa danneggiare il matrimonio tra uomo e donna, non essendo (così parrebbe) istituti "concorrenti" (gli eterosessuali potranno aspirare solo al matrimonio, gli omosessuali solo alle unioni civili). In realtà però, l'argomento è: 1. pretestuoso (almeno in parte), 2. irrilevante; 3. falso. 1. Pretestuoso (almeno in parte): la maggior parte dei diritti che si reclamerebbero per i conviventi già sono riconosciuti dall'ordinamento. In particolare quei diritti che sono più spesso portati a esempio per la loro inoffensività (subentro nel contratto di locazione, visite in carcere, visite in ospedale, ecc.). 2. Irrilevante: una riforma può essere ingiusta anche se non tocca diritti altrui o non danneggia direttamente nessun individuo. E' giusto infatti "dare a ciascuno il suo". Ora se non c'è un motivo ragionevole per predisporre un regime pubblico con certi diritti, simile al matrimonio, per una unione diversa, questo basta per renderla ingiusta. Sarebbe infatti (per quanto a prima vista possa sembrare paradossale) contrario al principio di uguaglianza e non discriminazione. Questo principio non impone soltanto di trattare in maniera uguale situazioni uguali, ma anche di trattare diversamente situazioni diverse. Ora la famiglia naturale (uomo e donna) fondata sul matrimonio è una situazione profondamente diversa dall'unione di due persone dello stesso sesso. Quindi predisporre un regime sostanzialmente uguale al matrimonio per unioni civili tra persone dello stesso sesso è una vera ingiustizia nei confronti del matrimonio e un privilegio ingiustificato e irragionevole in favore delle unioni civili. Questo ci dovrebbe lasciare insensibili? Trattare in modo uguale situazioni diverse non ci lascerebbe insensibili nell'ipotesi in cui, lasciando il (più importante) diritto di famiglia, ciò riguardasse, per fare un esempio a caso, il diritto tributario: in questo campo esigiamo che lo Stato chieda tributi diversi a chi ha diversa capacità contributiva, anche se a noi non "togliesse" nulla di più. Si immagini il caso in cui lo Stato dovesse promulgare una legge "ad personam" e decidesse di fissare per alcune poche persone molto ricche delle imposte sul reddito uguali a quelle previste per l'impiegato medio. Probabilmente non inciderebbe molto sul bilancio pubblico e non "toglierebbe" nulla al resto dei cittadini, i cui contributi rimarrebbero invariati. Non lo percepiremmo ugualmente come una ingiustizia? 3. L'argomento è, infine, falso: cioè dire che predisporre un regime pubblico simile al matrimonio per persone dello stesso sesso non "tocca" i diritti altrui e non reca un danno alla società è semplicemente falso. Persino uno studente di primo anno di giurisprudenza sa che qualsiasi diritto (che esso sia "relativo", come i diritti di credito, o "assoluto", come la proprietà) implica sempre dei doveri corrispondenti in capo ad altri. E un dovere è per definizione una limitazione di libertà, o limitazione di un diritto altrui. Per fare un esempio, il diritto assoluto di proprietà implica il dovere di tutti i consociati di riconoscere il titolare del bene, di non appropriarsi della cosa, non utilizzarla senza il consenso del proprietario, ecc. Questo vale per ogni diritto, a prescindere dal fatto che sia giusto o meno. Lo stesso si verifica relativamente ai "diritti" riconosciuti ai conviventi omosessuali: implicano dei doveri in capo a molte altre persone, quindi delle limitazioni di diritti o di libertà. Qualche esempio. L'art. 1 del ddl dispone che l'unione civile si costituisce mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile che deve poi iscrivere l'unione in apposito registro. Questo presuppone in capo agli ufficiali di stato civile il dovere di riconoscere e registrare quelle unioni gay. Ciò non è per nulla scontato. Alcuni potrebbero opporsi a questo riconoscimento per ragioni di coscienza (e farebbero bene). Si crea in altre parole una frizione tra il riconoscimento pubblico dell'unione e la libertà di coscienza di un altro cittadino, o anche la libertà religiosa o di espressione.L'approvazione del ddl quindi implica una limitazione del diritto alla libertà di espressione e di religione di alcuni cittadini (almeno quelli che svolgono il ruolo di ufficiale di stato civile: i sindaci, i loro delegati, gli impiegati di ruolo, ecc.). I problemi che derivano da questo fatto non sono fantagiuridici ma pura realtà: è noto quanta resistenza ci fu da parte di molti sindaci dopo l'approvazione del "marriage pour tous" in Francia, e i provvedimenti severi presi dal Governo contro i dissidenti. Ancora più recentemente abbiamo dato notizia della resistenza del Texas alla decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di estendere a tutti gli stati il matrimonio gay. Il problema è emerso quando il ministro della Giustizia del Texas ha dichiarato che i funzionari comunali non potranno essere obbligati a trascrivere le nozze gay: "Gli addetti (alle nozze) delle contee e i loro impiegati conservano le loro libertà religiose e quindi possono rifiutarsi per motivi religiosi di concedere una licenza di matrimonio a persone dello stesso sesso". Il ministro si è mostrato consapevole dellapossibilità che i funzionari vengano denunciati ma ha promesso in ogni caso sostegno legale. Questo è forse il più importante, ma non è certo l'unico caso concreto di "limitazione" di diritti o libertà in capo ad altri: si pensi alle "convenzioni matrimoniali" (il cui regime si applicherebbe anche alle unioni civili) che sono per loro natura opponibili a terzi; oppure al diritto successorio: la successione legittima spetterebbe anche al partner omosessuale del defunto. Questo limita in grande misura la parte di eredità che può essere devoluta ai (veri) familiari del defunto (si pensi soprattutto ai genitori o all'eventuale figlio biologico del solo defunto), indipendentemente da ciò che il defunto abbia disposto volontariamente in testamento. A prescindere dalla ingiustizia o meno di questa situazione, resta che è falso affermare che "concedere diritti" ad alcuni, non toglie nulla a nessuno. Ultima ragione per la quale non è vero che approvare il ddl Cirinnà "non toglie diritti a nessuno e non danneggia la famiglia tradizionale": il riconoscimento di uno pseudo-matrimonio, chiamato "unione civile", tra persone dello stesso sesso provoca un danno sociale.
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Abbiamo detto in altri articoli dei danni che deriverebbero da quella che costituisce una promozione pubblica del rapporto omosessuale, e del danno che può derivare ai bambini soprattutto qualora la giurisprudenza (europea o nazionale) allarghi, com'è prevedibile, il diritto di adozione, partendo dalla "stepchild adoption". Qui però vogliamo parlare di un altro danno, che interessa direttamente la famiglia naturale. La legge ha una rilevante forza pedagogica. Ciò che essa promuove tende a essere percepito come buono e giusto dalla collettività, ciò che proibisce come dannoso e cattivo. Allo stesso modo la definizione degli istituti a livello legale influenza la mentalità e il costume, creando indirettamente tutta una serie di incentivi o di freni verso certi comportamenti. Con l'approvazione di uno pseudo- matrimonio gay lo Stato sta dando un messaggio ben preciso: "riconosco un'unione e la promuovo pubblicamente, non perché ritengo importante la generazione e la crescita dei bambini, ma perché ritengo importante tutelare un sentimento ('l'amore')". L'effetto "pedagogico" è potenzialmente devastante. Ne consegue una inversione ideologica: il benessere emotivo e sentimentale degli adulti prevale sull'esistenza e il benessere dei bambini. Il motivo stesso per ricorrere al matrimonio tra uomo e donna cambia: poiché il regime è sostanzialmente identico a quello delle unioni tra omosessuali, cioè unioni essenzialmente e strutturalmente sterili, si è indotti a pensare che il riconoscimento pubblico del matrimonio non abbia a che fare con la possibilità di fondare famiglia, ma sia motivato dalla tutela dell'affetto tra eterosessuali. Anche i principi ispiratori della futura azione politica rischiano di cambiare a danno della famiglia naturale e della società tutta. Se lo Stato stesso smette di credere che il riconoscimento del matrimonio implica un legame stretto con la famiglia e i bambini, le politiche future che avranno ad oggetto il matrimonio non saranno principalmente dirette ad agevolare la nascita e la crescita dei bambini (e in particolare le famiglie numerose come vorrebbe l'art. 31 della Costituzione) ma a realizzare interessi personali e sentimentali degli adulti (la logica del divorzio breve è la stessa). Questo risultato sarebbe catastrofico per una nazione che soffre già in modo terribile di un'inverno demografico senza precedenti. Il tasso di fertilità medio della donna italiana si aggira sul 1,3, cioè molto al di sotto della soglia di sostituzione generazionale (2,1) e uno dei più bassi al mondo. Ciò vuol dire, tra le molte cose: invecchiamento progressivo della popolazione, insostenibilità economica, in particolare rispetto alla previdenza pubblica, e, in prospettiva, sostanziale estinzione del popolo italiano. Lo scenario sembra apocalittico, ma esso è semplice conseguenza dei numeri, se non si cambia in modo rilevante il tasso di fertilità (cosa difficile da fare) e non si punta sulla nascita dei bambini. Togliere rilevanza alla generazione dei bambini, come motivo fondante del riconoscimento del regime pubblico previsto per il matrimonio, è l'ultima cosa di cui l'Italia ha bisogno. Di conseguenza, il riconoscimento di pseudo-matrimoni gay (unioni civili), è l'ultima cosa di cui l'Italia ha bisogno.
Fonte: Notizie Provita, 4 e 5 luglio 2015
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TRA NASCITA E MORTE, LA 'TERRA DI MEZZO' CI CHIAMA
Le parole del Papa a Scienza e Vita
di Umberto Folena - Fonte: Avvenire, 31/05/2015
Breve e chiaro, gentile e accogliente. È papa Francesco nei commenti dei consiglieri di Scienza & Vita. Un Papa che sottolinea e rilancia. E, tra il sorgere della vita e il suo tramonto, indica quella 'terra di mezzo' dove si combatte quotidianamente la battaglia per la dignità e la bellezza contro la cultura dello scarto. «Parole belle e serene – spiega Carlo Bellieni – che fanno chiarezza: chi critica il Papa, imputandogli una supposta rottura con il suo predecessore, è servito». Non solo. Bergoglio rilancia e invita a un passo ulteriore, ad allargare lo sguardo «a tutti gli attentati alla vita – sottolinea Daniela Notarfonso – dagli immigrati scomparsi nel Mediterraneo ai morti sul lavoro». È tutta la vita da amare e tutelare, osserva Chiara Mantovani: «Ci ha messi in guardia dalla terribile cultura dello scarto, che disprezza i non ancora nati come coloro che vivono con sofferenza e difficoltà, fino all'eutanasia, nominata esplicitamente in un momento in cui questa parola sempre impronunciabile». È la stessa osservazione diMassimo Gandolfini: «L'ha chiamata con il suo nome, eutanasia: bene! Senza giri di parole né eufemismi. È importante anche perché la Dat (Dichiarazione anticipata di trattamento, giusto per non chiamarla con il suo nome vero, ndr) sta forse per fare la sua apparizione in Aula». Ma questa sorta di 'terra di mezzo' non costringe Scienza & Vita ad allargare fin troppo il proprio raggio di interesse e intervento? Per Bellieni non è così: «Da un lato è necessario essere realisti, tutto non possiamo fare. Ma neppure dobbiamo costringerci entro paletti troppo stretti. Comunque, tra i pilastri fondativi di Scienza & Vita sono già presenti campi di azione come le malattie rare e la condizione femminile, non riconducibili ad aborto ed eutanasia, a bioetica e fecondazione assistita. L'impegno per la vita non può essere zoppo, esige uno sguardo ampio e la capacità di andare oltre le specializzazioni». Consenso convinto e unanime anche attorno all'invito «a collaborare con chi non crede – spiega Emanuela Lulli, ma condivide il mistero e la bellezza della vita». Lo sottolinea anche Paolo Marchionni:«Dobbiamo domandarci subito come tradurre in pratica l'invito a dialogare con tutto il mondo della scienza. Lo strumento più adeguato potrebbe essere una società scientifica. L'importante è non porre immediatamente le ragioni della fede, ma affermare innanzitutto le ragioni di una scienza rispettosa dell'uomo, che sappia dialogare con gli strumenti suoi propri». Ma gli interlocutori ci sono? «Eccome ». E un primo obiettivo? Ad esempio, racconta Gandolfini, «studiare assieme come la scienza possa essere sempre a favore dell'uomo senza farsi sopraffare dalla tecnologia: scienza e fede, tutt'e due a servizio dell'uomo e non viceversa». Fa loro eco Chiara Mantovani: «Lo stesso Bagnasco ci invita a continuare a coltivare la buona scienza, quella che ama la vita, senza timore di relazionarci con alcuno, con garbata determinazione, perché ne va del futuro dell'uomo». Parla di bellezza Emanuela Lulli. Ne parla anche, non a caso, Daniela Notarfonso: «Nel nostro gruppo di lavoro sull'educazione abbiamo richiamato la necessità di annunciare innanzitutto la bellezza e la meraviglia della vita, senza commenti. Ai giovani e ai bambini. Che si emozionano al semplice vedere la bellezza di una gravidanza». Una vita bella e anche «sacra». Ma sacra in che senso? Se lo chiede Marchionni,che si risponde così, con Bagnasco: «Sacra come sacra è la patria, ossia grande e straordinaria, per una sacralità che non richiama necessariamente e subito l'elemento religioso. Sacra perché di per sé merita il massimo rispetto».
Fonte: Avvenire, 31/05/2015
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PERCHE' E' IN CORSO UNA GUERRA E NEGARLA NON CI AIUTERA' A VINCERE
Né omofobi né omomani, ma l'emergenza Gender c'è davvero
di Marianna Orlandi - Fonte: La Croce, 08/07/2015
In questi giorni, contrassegnati dal proliferare di bandiere arcobaleno – sventolate da soggetti più o meno consapevoli dell'essere cavie d'indagini di mercato –, non è certo mancata un'accusa che questo giornale si è spesso sentito rivolgere: quella di occuparsi solo di gender, di uteri in affitto, di matrimoni omosessuali. Poiché ho l'onore di collaborarvi, mi sono fatta interrogare da questo rimprovero e intendo, se mi è concesso, esplicitare gli argomenti a mia difesa. Se è vero, infatti, che l'accusa al giornale è infondata, perché La Croce non parla né ha mai parlato solo di questo, e che sarà semmai il Direttore a rispondere a questo attacco, è pur sempre vero che io stessa mi dedico quasi esclusivamente a questi temi, sia quando vi scrivo che nella mia vita professionale (e, onestamente, anche nelle conversazioni a tavola, con amici e non). Mi sono chiesta, dunque: "È giusto? Ha senso quello fai? Non è che così tralasci qualcosa di molto più importante?" La risposta, ve lo anticipo, è no; per i seguenti motivi. Una prima e piuttosto ovvia obiezione all'accusa di "mono-tematicità" può formularsi rivolgendo a chi ci attacca delle semplici domande: chi di voi, l'undici settembre, si è preoccupato di leggere la cronaca locale? Chi di voi, se avesse avuto parenti su quella Costa Crociere che si schiantò sull'isola del Giglio, non si sarebbe preoccupato, per tutti i mesi successivi, solamente o prevalentemente delle sorti di quel processo? Chi di voi, se di nazionalità o religione ebrea, non si sarebbe occupato di combattere l'ascesa al potere di Hitler finché poteva farlo, finché aveva voce? Questo è quello che mi (ci) muove. L'ideologia gender, che va a braccetto con le pratiche di fecondazione artificiale e di utero in affitto – perché non è possibile scindere procreazione e sessualità se non pensando l'essere umano a prescindere dalla sua biologia, dalla sua realtà sessuata, dalla sua naturale caratteristica di essere, ancor prima che uomo, figlio –; l'ideologia gender, dicevo, con le bieche conseguenze pratiche e con le trascrizioni legislative che ne conseguono, è una minaccia all'essere umano. È una minaccia al genere umano. Non si tratta, nel nostro caso, di difendere"solo" una categoria di persone, una "etnia", una "religione": in ballo, mentre le cavie che ci accusano nemmeno di questo si accorgono, c'è la nostra relazione con il corpo, nostro e altrui. C'è il modo in cui il diritto, quello globale, tratterà i nostri corpi quando saremo malati o inutili; o come tratterà quelli dei nostri pronipoti. Se si dovesse proseguire nella terribile strada che l'occidente ha ormai da molti decenni iniziato a percorrere, sarebbe ancor più manifesto che ormai molto spesso i diritti dell'uomo non esistono più: molto spesso le persone già divengono cose. È questo che noi denunciamo! È così per le madri povere che si prestano alla "ovodonazione" o all'affitto del proprio utero (schiave). È così per i bambini abortiti nell'ultimo trimestre, che, in una percentuale di casi che in alcuni Paesi arriva al 30%, nascono vivi ma sono lasciati morire senza che alcuno accusi il medico di omicidio di fronte a un tribunale: sono bambini-prodotto. Ma sono anche prodotto-non-voluto.Fine, per loro, dei diritti umani. Mi spiace di non riuscire a parlare, di fronte a tutto questo, di una buona ricetta di cucina. Mi spiace anche di non poter dare consigli sul look per l'estate. Ne sono provvida: ma credo che le pagine di un giornale, gli spazi di un social network, finanche il tempo che passiamo con i nostri amici non possano, in questo periodo storico, essere sprecate per "pensare ad altro". Nessuno inneggia alle ossessioni; ma esistono delle priorità. È allora naturale che il medico, il giurista, il sociologo si indignino di fronte a questi crimini, in atto o potenziali. È giusto che un giornale ne scriva. Nel frattempo, io continuo a provare disgusto per tutti quei telegiornali che sentono il dovere, anche in giorni terribili quali quelli che stiamo vivendo, di dedicare uno spazio ai cagnolini abbandonati. O alla pallanuoto. Quanto sin qui detto potrebbe bastare, ma avrei anche una seconda obiezione, un po' meno scontata. Per questa vorrei ricollegarmi all'accusa che mi sono sentita muovere il giorno dell'attentato in Tunisia. Secondo il mio interlocutore, il giorno dopo non mi sarei dovuta occupare della sentenza della U.S. Supreme Court, perché c'era, per l'appunto, qualcosa di più importante. In primo luogo: non sono una esperta del campo. Per me, infatti, il principio di uguaglianza significa anche "saper distinguere". E fondamentale è saper distinguere la propria expertise, il proprio ambito e le proprie capacità. I tuttologi non servono. In secondo luogo, era giusto parlare di entrambe le cose perché, tanto in un caso quanto nell'altro, ci si trovava di fronte a fenomeni che si collegano al "propriamente inteso" rischio di fondamentalismo. Se l'attentato di Sousse, infatti, è espressione di un fondamentalismo già in action, la sentenza USA è perfetto presupposto per la rinascita di un fondamentalismo occidentale. Un fondamentalismo imposto dallo stesso argomentare della Corte americana. Come ho già esplicitato, la decisione che ha equiparato matrimonio etero ed unione omosessuale ha al tempo stesso relegato le opinioni dissenzienti all'ambito del "religioso", della fede, del dogma. Con ciò, delle due l'una: o ci si adegua al "comune sentire", abbandonando il proprio credo. Oppure, se lo si voglia mantenere, si potrà smettere di apprezzare la perfetta armonia tra ragione e fede di cui tanti hanno scritto. Problema: relegare le obiezioni alle nuove ideologie all'ambito della fede privata, equivale a ledere il più prezioso fondamento della nostra civiltà. Se l'Europa cristiana ha potuto accogliere genti di tutto il mondo, se ha saputo insegnare al resto del mondo fratellanza e tolleranza, è proprio perché la sua Rivelazione si appoggia a verità che la ragione da sola può comprendere, che tutti possono condividere, a prescindere dal credo. Concludo la mia difesa, allora, con un invito ai lettori/accusatori: quello di togliersi gli occhiali faziosi con cui – forse – ci leggono; quello di smettere di leggere la parola Dio dove essa, invece, non ricorre. Il titolo del giornale parla di Cristo, è vero. Ma non c'è bisogno di Battesimo per capire che se un bambino può essere comprato e soppresso nel silenzio di tutti, non siamo d'esempio per nessuno, tantomeno per i jihadisti. Ed è il caso di parlarne.
Fonte: La Croce, 08/07/2015
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PREPARATEVI... ANCHE LA PEDOFILIA VERRA' LEGITTIMATA
Gli argomenti sono gli stessi usati a suo tempo per normalizzare l'omosessualità
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/07/2015
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/07/2015
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LA PAROLA MAGICA PER IMPORRE L'EUTANASIA DI STATO
Usando come grimaldello la parola ''discriminazione'' stanno distruggendo la vita, la famiglia, la libertà religiosa, l'educazione dei bambini e molto altro ancora
di Tommaso Scandroglio - Fonte: Corrispondenza Romana, 01/07/2015
Fonte: Corrispondenza Romana, 01/07/2015
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