Amici del Timone n�27 del 29 dicembre 2013

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1 BASTA ABORTI: IL DOTTOR ORIENTE OSPITE A SIENA
Ha dichiarato: ''Con queste mie mani uccidevo i bambini degli altri, poi mi sono accorto che è un abominio e ho detto: basta''
di Vanessa Gruosso - Fonte: Toscana Oggi
2 IL GIORNO DI NATALE APRITE LE BRACCIA AL MONDO COME FANNO I SIMPSON

di Carlo Bellieni - Fonte: L'Occidentale
3 EDUCAZIONE SESSUALE IN SVIZZERA
Ma il compito di educare i figli è della famiglia, non dello Stato, che continua a forzare l'opinione pubblica a cambiare secondo valori contrari al buon senso
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 L'ABORTO NON E' IL PRIMO DIRITTO UMANO, MA LA SUA NEGAZIONE IN PARTENZA
Il Parlamento europeo boccia in via definitiva il rapporto Estrela pro aborto e gender
Fonte: Tempi
5 LA DOPPIA FOLLIA DEL MONDO MODERNO: ABORTO E FECONDAZIONE ASSISTITA:L'ILLUSIONE DI FARSI DIO E DECIDERE TUTTO
Miriam Zoll racconta in un libro la sua esperienza: orrori e fallimenti di una scienza che vende illusioni
di Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
6 PIU' NASCITE CREANO PIU' RICCHEZZA
La crisi dipende anche da scelte demografiche sciagurate del passato
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 DARWINISMO IN CRISI: QUESTA NON E' SCIENZA
La teoria darwiniana (o neo-darwiniana) dell’evoluzionismo, spacciata per scientifica, implica il verificarsi di una serie improbabile di eventi da attribuire al “caso” che così diventa una divinità onnipotente capace di spiegare ogni cosa.
di Enzo Pennetta - Fonte: Il Timone
8 LO SPOT CONTRO IL FEMMINICIDIO IN REALTA' E' ANTI UOMO
Promosso dal Ministero delle (dis) Pari Opportunità rappresenta un autentico incitamento all'odio contro fidanzati e mariti
di Alfredo Di Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana
9 DIFENDIAMO LA SPERIMENTAZIONE SUGLI ANIMALI
Intervista a Silvio Garattin, scienziato e ricercatore farmacologico: ''L'uso delle cavie animali è necessario per il progresso della ricerca... e piantiamola di usare la parola vivisezione''
di Emanuele Michela - Fonte: I Tempi

1 - BASTA ABORTI: IL DOTTOR ORIENTE OSPITE A SIENA
Ha dichiarato: ''Con queste mie mani uccidevo i bambini degli altri, poi mi sono accorto che è un abominio e ho detto: basta''
di Vanessa Gruosso - Fonte: Toscana Oggi, 5 gennaio 2014

Una testimonianza toccante quella del dottor Antonio Oriente, Direttore del reparto materno infantile dell'Ospedale di Messina e Vice Presidente dell'Associazione Ginecologi Ostetrici Cattolici, invitato a parlare giovedì 4 dicembre a Siena da Scienza & Vita e dal CAV.
Erika Bettarini, presidente del CAV, ha parlato delle importanti attività del Centro di Aiuto alla Vita di Siena che sta cercando di radicarsi sempre più nel territorio. L'ingresso di alcuni giovani nuovi volontari ha permesso di migliorare il servizio in favore delle donne che durante la gravidanza abbiano problemi di coscienza o economici. Dopo il saluto di Paolo Delprato, presidente di Scienza & Vita, è stata la volta dell'attesissimo intervento del dottor Antonio Oriente che è venuto dalla Sicilia apposta per questo incontro senese.
Da medico abortista a coraggioso evangelizzatore per la vita, egli ha da poco avuto il privilegio e la grazia di poter parlare con il Santo Padre, consegnandogli i ferri chirurgici con i quali procurava gli aborti, e ricevendo in cambio, oltre alla benedizione e all'imposizione delle mani, il mandato a diffondere la cultura della vita, anche in paesi più lontani, come il Perù e l'Argentina, verso cui partirà a breve. Egli raccontando dell'incontro con il Santo Padre dice: "E' stato un vero e proprio miracolo, perché io non dovevo neppure esserci a quell'incontro, che Papa Francesco tenne nella Sala Clementina con i Ginecologi Ostetrici Cattolici". Egli ha raccontato che sia lui, sia il presidente dell'associazione, Pino Noia, avevano il suocero gravemente ammalato e non sapevano come fare a prenotare un appuntamento così importante; però era importante esserci e Noia riuscì ad ottenere due pass per parlare con il Papa. La persona incaricata di comunicare i due nomi agli uomini della sicurezza però, con un colpo di mano, sostituì il nome di Oriente con il proprio. Oriente ormai aveva già prenotato il volo e fu combattuto fino all'ultimo se recarsi o meno a Roma, pur sapendo che poteva assistere alla relazione del Papa, ma non avvicinarsi a lui e consegnargli i ferri chirurgici, come desiderava. All'una di notte si alzò come un sonnambulo, qualcosa lo spinse ad andare nel suo studio al consultorio e a guardare sotto l'imbottitura di una poltrona: là trovò un santino raffigurante la Madonna di Lujàn, protettrice dell'Argentina e sentì una voce nel cuore che gli diceva: "Va' a Roma, sarò io il tuo pass". Una volta a Roma, ovviamente non gli fu possibile sedersi nelle prime file, dove erano coloro che potevano avvicinarsi al Papa, ma guardando il suo santino disse alla Madonna: "Mi hai fatto arrivare qui, fammi arrivare anche dal Papa". Nel pensare queste cose non si accorse di rivolgere il santino verso il Santo Padre, il quale chiamato a sé il suo segretario personale gli disse: "Voglio parlare anche con quel giovane là".
Dopo il suo cambio di rotta, il dottor Oriente aveva immediatamente iniziato a recarsi là dove poteva per raccontare la sua storia e svelare gli studi scientifici "debitamente occultati" che mostrano i danni psichici e fisici provocati dall'aborto volontario. Lui definisce l'aborto "un concentrato di sofferenza che compromette la salute psichica, fisica e gestazionale della donna, la quale, dopo l'aborto, si porta dietro un imprimatur di ricordi che influiranno poi nella sua vita e nelle successive gravidanze". Queste sofferenze passano inevitabilmente dalle donne che abortiscono al personale sanitario, attraverso l'empatia che si instaura fra medico e paziente e tutto il peso ricade poi sulla società intera.
Uno studio di Priscilla Coleman dimostra l'influenza dell'aborto volontario sulle successive gravidanze. Infatti, il nostro organismo riceve sia messaggi esogeni (dall'esterno), cioè tutti gli eventi che ci accadono, che messaggi endogeni (dall'interno), come ad esempio le febbri, i dolori mestruali o le coliche. Entrambi questi messaggi arrivano a bombardare il rivestimento esterno del cervello, la corteccia cerebrale. Questa funziona come una spugna, assorbe tutti i messaggi gonfiandosi sempre più e andrebbe a scoppiare se non avesse una valvola di sfogo: l'ipotalamo. I messaggi ricevuti arrivano all'ipotalamo sottoforma di sostanze che vengono trasformate in pre-ormoni e si immettono nel circolo sanguigno. Questi pre-ormoni agiscono su tutte le valvole del nostro organismo (ovaie, testicoli, mammelle, tiroide, pancreas) che sono sotto controllo diretto dell'ipofisi. Ecco perché la parte psicologica gioca un ruolo fondamentale nell'infertilità. E certo un evento così importante come un aborto procurato causa molti danni a livello psicologico e lancia messaggi negativi verso l'organismo.
Ma come è avvenuta la conversione del Dott. Antonio Oriente? Egli lavorava con Ettore Cittadini allo studio delle tecniche di fecondazione artificiale in una clinica pilota di Palermo. Cercava così di risolvere i problemi di infertilità delle coppie e contemporaneamente uccideva bambini attraverso gli aborti. Lo faceva, secondo la sua testimonianza, senza apparente sofferenza. Finché incontrò una donna che amava moltissimo i bambini, a tal punto che era diventata un medico pediatra. Si erano sposati e avevano lasciato i loro rispettivi lavori come ricercatori, per dedicare più tempo alla famiglia. Ma i figli non venivano e nonostante tutta la scienza e l'aver eliminato i problemi di infertilità che entrambi avevano, i figli continuavano a non venire. La moglie poteva stringere ogni giorno i figli degli altri, ma non ne aveva di suoi da stringere. La sera si ritrovava completamente sola, perché non c'era neanche il marito, che spesso doveva restare via per lavoro anche qualche giorno (dovendo assistere le partorienti fino al momento del parto e trovandosi l'ospedale in cui lavorava a 50 km da casa).
 Il dottor Oriente non ne poteva più di vedere la moglie piangere e sentiva la sua impotenza, non potendo risolverle il problema. Una sera, nella disperazione più totale, Oriente rimase in ufficio, perché non aveva il coraggio di tornare a casa. Pianse amaramente e pensò: "Antonio, tutto ciò che ti sei guadagnato (la grande villa con parco, le tre macchine di grossa cilindrata), a cosa ti serve, se poi non riesci a dare un sorriso a tua moglie? In quel momento una coppia che stava seguendo come pazienti per i loro problemi di infertilità, vedendo la luce accesa nell'ufficio del dottore a quell'ora così tarda, decisero di salire. Lo trovarono in uno stato pietoso ed egli, pensando di avere di fronte delle persone che potevano capire come si sentisse, si aprì e confidò loro la sua grande sofferenza.
Essi lo invitarono ad andare alle preghiere che facevano con il gruppo del Rinnovamento nello Spirito Santo. Essi erano andati  molto titubanti le prime volte alle preghiere, ma ogni volta uscivano di lì con la gioia nel cuore, sentendo che potevano andare a visitare una persona, il Signore, nella Santa Messa, perché Egli per primo li aveva visitati nella loro sofferenza. Oriente li ringraziò molto ma non pensò neanche lontanamente di recarsi a quelle preghiere. Una sera però, mentre vagava con la macchina, sempre per non rientrare a casa, udì una musica che veniva da un fabbricato; pensò ad una discoteca così decise di andare a vedere, per svagarsi un po'. "E in effetti", ha esclamato Oriente durante la sua testimonianza, "era proprio una discoteca: la discoteca del Signore!". Il dottor Oriente sperimentò per la prima volta che il Signore lo stava aspettando. Piano piano iniziò a maturare in lui questa domanda: "Ma quanto può essere misericordioso questo Padre al quale io chiedo il dono di un figlio mentre uccido i figli degli altri?". Così su un foglio scrisse il suo testamento spirituale: "Mai più morte, fino alla morte". Dopo solo un mese da questa profonda scelta di cambiare vita, sua moglie rimase incinta. Adesso hanno due figli: Domenico e Luigi. Antonio Oriente ha concluso dicendo che prima non era pronto a capire e accogliere la vita. Adesso si batte per difendere la vita nascente ed esorta tutti noi a darci da fare, perché questa battaglia per la vita non sia persa.
La conferenza, ospitata dalla Cappella Universitaria nella chiesa di San Vigilio, ha visto accorrere oltre centocinquanta persone soprattutto giovani universitari e volontari del CAV di Siena. Il lungo applauso finale ha dimostrato apprezzamento per i contenuti e vicinanza affettiva per la forte e commovente testimonianza in favore della vita.

Fonte: Toscana Oggi, 5 gennaio 2014

2 - IL GIORNO DI NATALE APRITE LE BRACCIA AL MONDO COME FANNO I SIMPSON

di Carlo Bellieni - Fonte: L'Occidentale

I Simpson compiono 20 anni, e ho solo ora rivalutato questa serie tv che vorrei porre alla vostra attenzione: inizialmente mi erano francamente antipatici gli omini gialli che se ne fanno di tutti i colori, non riuscendo ad andare d’accordo come si presume che un paese di gente civile vada d’accordo; invece osservandoli - perché mio figlio li guarda - ho capito che noi siamo proprio così, nel bene e nel male. Se la storia della famiglia Simpson va avanti da vent’anni, ci sarà un motivo; e questo è semplice: sono il nostro ritratto ma anche il nostro ideale.
“Ma pensi davvero che noi vorremmo essere così? Che vorremmo essere violenti e falsi, squallidi e bulli?”, sento già dire. Certo che no, rispondo, ma c’è una cosa che invece vorremmo per noi e che genialmente dalla serie “Simpson” arriva senza prediche, forte, nel sottofondo: l’abbraccio di una famiglia. Tutte ma proprio tutte lo puntate della serie, in cui i personaggi si insultano, si picchiano, si tradiscono… finiscono con l’abbraccio di questa piccola famiglia che, qualunque cosa abbiano fatto, non li abbandona. Homer in una puntata entra in una specie di loggia massonica da cui poi viene regolarmente cacciato, e la moglie lo consola dicendogli “Vedi, Homer, tu fai parte di una loggia speciale: la nostra famiglia, dove due membri portano due anelli speciali di riconoscimento” (e guarda le fedi).  E’ solo un esempio per dire che a tutti noi piacerebbe avere un luogo dove, come recitava la sigla di un’altra serie tv (“Cin Cin”), Everybody knows your name (“Ognuno conosce il tuo nome”), cioè un luogo in cui siamo riconosciuti e abbracciati come la famiglia Simpson, anche se la vita squallida che il mondo ci impone ci porta a distruggere tutti i giorni quello che di bello potremmo costruire, proprio come accade a loro. Ma questa famiglia ci riabbraccia, così come ci riabbraccia la famiglia più grande del villaggio-microcosmo Springfield.

I nostri giorni passano davvero come nel piccolo paese: facendo i furbi, i bulli, i secchioni, ma ogni tanto incontrando un raggio di sole. Perché non possiamo non riconoscere che anche noi viviamo tutti in una specie di grande lager (il mondo macchiato da qualcosa di inesprimibile che ne rovina la sincerità e la limpidezza e che la tradizione chiama “peccato originale”); ma che in questo lager esistono momenti in cui la bellezza si manifesta e ci abbraccia. Ed è il dolce tocco di Marge che, paziente, perdona Homer e lo chiama “papino”. Ed è la dolcezza di Lisa che investe i suoi soldi per ricomprare a Bart l’anima che si era paradossalmente venduto. E, come diceva don Luigi Giussani, è pur vero che l’ideale è vivere e aprire le braccia abbracciando il mondo sulla cima di una montagna e non vivere in un sottoscala; ma subito dopo aggiungeva che… però, per aprire le braccia in un sottoscala come se fossimo in montagna, bisogna proprio essere dei grandi! E il piccolo popolo frustrato di Springfield apre le braccia per pochi istanti e continua a farlo senza perdere la speranza, sollevato e sollecitato da piccoli incontri che li innalzano da una condizione infraumana al riconoscimento di essere tutti una risorsa l’uno per l’altro; pur vivendo sotto un reattore nucleare, pur avendo la pelle di uno strano colore malaticcio. E per questo sono un ideale, più di tanti eroi televisivi (preti o laici che siano) che in modo agiografico e dunque utopico vorrebbero essere un esempio di bontà.

Fonte: L'Occidentale

3 - EDUCAZIONE SESSUALE IN SVIZZERA
Ma il compito di educare i figli è della famiglia, non dello Stato, che continua a forzare l'opinione pubblica a cambiare secondo valori contrari al buon senso
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

Sex box. Non si tratta di qualche gadget acquistabile in un sexy shop, bensì di un kit “formativo” destinato alle maestre di asilo di alcune zone della Svizzera per svolgere lezioni obbligatorie di educazione sessuale a detrimento dei bambini in età prescolare.
Per ora l’esperimento riguarda solo il Canton Basilea e alcuni comuni di Appenzello e San Gallo ma nel 2014 tali corsi potrebbero estendersi alla Svizzera tedesca, a quella francofona e al Canton Ticino, a due passi da casa nostra.
L’iniziativa è dell’Ufficio federale della sanità pubblica in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione. Sul sito dedicato da questo Ufficio all’educazione sessuale (amorix.ch) alla voce “Nozioni di base” si cita l’estratto di un documento dell’International Planned Parenthood Federation, una delle principali agenzie internazionali filo-abortiste al mondo, in cui si spiega che "l’educazione sessuale come approccio basato su diritti fornisce ai giovani le conoscenze essenziali, le capacità, le competenze e i valori di cui hanno bisogno per conoscere la loro sessualità, provando piacere fisico, psichico ed emozionale”. Il solito concetto di sessualità come ricerca “responsabile” del piacere, avendo cura di tenere fuori dall’amplesso il figlio e pure l’affetto per l’altro partner.
Sempre sul sito, alla voce “Educazione”, si chiarisce – in un traballante italiano – che per l’infanzia “l’educazione sessuale dovrebbe essere parte integrante dell’educazione primaria, poiché i bambini sono esseri sessuali dalla nascita con bisogni, desideri, atti sessuali e le esperienze che ne derivano”. L’espressione “esseri sessuali” rimanda al mondo animale e, intesi come animali, i bambini non possono che vivere di bisogni e impulsi da soddisfare.
Poi si forniscono indicazioni pratiche in merito all’educazione sessuale dei bambini in età infantile: “Si gioca al dottore. Comincia una piacevole esplorazione del proprio corpo. Si fanno giochi di ruolo: famiglia, sposarsi, baci, eventualmente rapporti sessuali. Cominciano le amicizie intime”. Tra i contenuti proposti troviamo “Percepire il corpo in modo ludico” e “Disegnare le parti del corpo, inclusi gli organi sessuali”.
Per i più grandicelli, circa dai 6 ai 10 anni, si parlerà tra gli altri argomenti di masturbazione, di preservativi, di orientamento sessuale e infine di “prima mestruazione, prima eiaculazione”. Curiosa accoppiata questa, quasi che la prima eiaculazione fosse cosa necessaria e naturale come il primo mestruo. Poi si suggerisce agli educatori di tenersi pronti per rispondere alle classiche – secondo loro - domande dei bambini tra cui: “Quando si è maturi per ‘scopare’ [sic]?”. I bambini svizzeri devono essere particolarmente – diciamo così – disincantati se fanno domande di questo tenore oppure i cervelloni dell’Ufficio della sanità pubblica hanno qualche problema di devianza.
Per i 13-15 anni si metterà a tema la contraccezione, l’aborto, la “molteplicità sessuale (omosessualità, eterosessualità, bisessualità)”. Tenersi pronti poi a risponde a domande piccanti quali: “Anche le ragazze possono avere ‘sogni bagnati’ [sic]?; Come raggiunge un orgasmo una ragazza? Come si diventa un buon amante? Di che misura è mediamente un pene? Qual è la posizione migliore nel fare sesso? Quante ce ne sono? Che cosa si fa con un vibratore? Come ci si accorge che il sesso è soddisfacente? Come ci si accorge che anche lui/lei lo desidera? Ingoiare lo sperma fa ingrassare?”. Agli educatori viene consigliato non di rispondere in modo astratto, bensì attingendo alla propria e personale “biografia (sessuale)”. A questa età poi si parlerà di “pianificazione familiare”, “costituire una coppia, viverla e la fine della stessa (morale della negoziazione [sic])” e di “Molteplicità sessuale / anche intersessualità e transessualità”.
Naturalmente in questo progettino horror sull’educazione sessuale manco l’ombra di un accenno a temi quali la castità, la donazione di sé, il valore della procreazione e l’affettività.
Torniamo al sex-box, uno degli strumenti di questa campagna “educativa” per l’infanzia. In esso troviamo oggetti quali peni di legno e in gomma piuma, vagine di pelouche (clicca qui se vuoi vedere un esempio di sex-box); poi manuali dove si spiega che i bambini devono essere incoraggiati a toccarsi, a giocare nello scoprire l’uno il corpo dell’altra. Come “sussidiario” viene anche usato il libro “Lisa und Jan” che sotto forma di vignette e fumetti contiene immagini a dir poco esplicite: c’è una bambina che si masturba mentre un’altra l’osserva e la imita; un bambino masturba un altro; un terzo che si tocca sotto le lenzuola mentre con una torcia elettrica illumina le parti intime; una donna che infila un preservativo ad un uomo; una bambina in piedi che si solleva l’abitino e mostra il sesso ad un suo compagno lì inginocchiato davanti a lei  e un’altra che si fa la doccia e indirizza il getto d’acqua verso il pube; due bambini che si abbracciano nudi e un altro che spia dalla finestra i genitori mentre hanno un rapporto sessuale; una donna che partorisce, il tutto disegnato in modo assai realistico. Da notare: in tutte queste immagini gli organi sessuali sono sempre ben visibili e nulla è lasciato all’immaginazione del piccolo lettore. C’è poco da dire: è solo pedopornografia di Stato. Pura macelleria sessuale da far ingoiare ai bambini come se fosse un omogeneizzato. Né più né meno.
La Fondazione svizzera per la protezione dell’infanzia ha giudicato invece il libro “Lisa und Jan” adatto per i bambini dai 5 anni in su. Non stupisca questo giudizio: la Fondazione è essa stessa autrice di un libro per bambini dagli zero ai 6 anni che incoraggia l’autoerotismo e il gioco del dottore.
C’è anche il libro “Questo sono io. Dalla testa ai piedi” in cui si vedono, sempre tramite vignette colorate, due uomini guancia a guancia e poi una donna che bacia sulla guancia un’altra.
Pierre Felder, direttore per il Ministero della Pubblica Istruzione delle scuole primarie e secondarie, dopo le polemiche accese dal sex box, ha pensato di buttare acqua sul fuoco, non accorgendosi che invece l’acqua era benzina: “I modelli di organi sessuali di peluche […] non verranno in nessun caso mostrati ai bambini dell'asilo […] ma solo nelle scuole medie.” In effetti un bambino di 11 anni sembra proprio essere pronto per passare dall’orsacchiotto di pezza ad un altro tipo di pelouche. E il resto del materiale porno-didattico, caro dott. Felder?
Questo progetto di educazione sessuale elvetica si muove lungo le direttrici disegnate dal documento della sezione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dal titolo “Standards for Sexuality Education in Europe”, di cui questo giornale si era occupato pochi giorni fa nell’articolo “l’Oms gioca al dottore con i bebè”: anche lì si parlava di masturbazione infantile e del gioco del dottore.
Molti genitori naturalmente sono insorti dato che le lezioni, come accennato, sono obbligatorie. Religione è materia facoltativa, la pornografia invece no. E’ partita anche una petizione popolare che ha raccolto sino ad oggi 92mila firme che verranno presentate alla Conferenza dei direttori cantonali dell’educazione.
Una volta ai bambini si leggevano le favole con principi azzurri, principesse e orchi. Oggi i principi e le principesse sono rimaste nelle fiabe, mentre gli orchi sono usciti dai libri e vivono in mezzo ai nostri figli.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

4 - L'ABORTO NON E' IL PRIMO DIRITTO UMANO, MA LA SUA NEGAZIONE IN PARTENZA
Il Parlamento europeo boccia in via definitiva il rapporto Estrela pro aborto e gender
Fonte Tempi, 10 dicembre 2013

Il Parlamento europeo in sessione plenaria ha respinto per la seconda volta e in via definitiva il rapporto Estrela su "Salute e diritti sessuali e riproduttivi". La risoluzione che avrebbe sponsorizzato l'aborto come diritto umano, la fecondazione e la teoria del "gender" è stata respinta mentre è stato approvato il testo alternativo del Ppe per soli sette voti: 334 contro 327.

LA RISOLUZIONE DEL PPE
Il nuovo testo realizzato dal Ppe prevede che «la formulazione e l'applicazione delle politiche in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nonché in materia di educazione sessuale nelle scuole sia di competenza degli Stati membri». Si aggiunge anche che «per quanto spetti agli Stati membri formulare e applicare politiche relative alla salute e all'istruzione, l'Unione europea può contribuire a promuovere le migliori pratiche far gli Stati membri». L'approvazione del testo ha fatto decadere di fatto la risoluzione Estrela.

ESTRELA ESTREMISTA ANCHE PER IL PD
La nuova risoluzione è passata grazie agli eurodeputati del Ppe, mentre la maggior parte del gruppo dei Socialisti e democratici ha votato contro. Gli italiani hanno seguito tutti la linea del gruppo di appartenenza, con alcune eccezioni. Alcuni eurodeputati del Pd, infatti, come Patrizia Toia, Silvia Costa, David Sassoli, Mario Pirillo, Franco Frigo e Vittorio Prodi pur appartenendo ai socialisti si sono astenuti, favorendo la sconfitta del rapporto Estrela. [...]
La motivazione della scelta ribelle è spiegata da Toia: «Fin dall'inizio dell'esame in Commissione Donne abbiamo espresso perplessità sulla radicalità dell'impostazione. Occorre chiedersi perché l'onorevole Estrela non abbia saputo con un approccio diverso costruire una maggioranza solida a sostegno della sua relazione in Parlamento».

RAPPORTO ESTRELA
Il rapporto che osteggiava anche la campagna "Uno di noi" era già stato respinto lo scorso 22 ottobre. Tornato in commissione il 26 novembre scorso, era stato approvato di nuovo con modifiche insignificanti. Oggi è stato però respinto in via definitiva. Michael Cashman, europarlamentare e co-presidente dell'Intergruppo Lgbt ha commentato così la bocciatura: «Triste giorno al Parlamento Europeo. Il centro-destra ha respinto il rapporto progressista e approvato un'agenda conservatrice sui diritti delle donne». La stessa Estrela ha parlato di «ipocrisia e oscurantismo». Per Sergio Silvestris (Forza Italia), invece, «la relazione Estrela rappresenta il manifesto ideologico dell'Europa laicista, abortista e portatrice di un modello diverso da quello italiano».

AGENDA "GENDER"
Se il testo fosse stato approvato, gli Stati membri dell'Unione Europea sarebbero stati fortemente invitati a garantire a tutti, anche giovanissimi, aborto (senza consenso dei genitori), contraccezione, fecondazione assistita, rieducazione degli insegnanti, corsi obbligatori a scuola sull'identità di genere e contro la discriminazione delle persone LGBTI.

Fonte: Tempi, 10 dicembre 2013

5 - LA DOPPIA FOLLIA DEL MONDO MODERNO: ABORTO E FECONDAZIONE ASSISTITA:L'ILLUSIONE DI FARSI DIO E DECIDERE TUTTO
Miriam Zoll racconta in un libro la sua esperienza: orrori e fallimenti di una scienza che vende illusioni
di Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi

Miriam Zoll si è sottoposta a numerosi cicli di fecondazione assistita, provando diverse tecniche, ma tutti i suoi tentativi sono falliti, compreso quello, estremo, dell’eterologa. La sua vana e dolorosa ricerca di un figlio attraverso la tecnica è durata anni, nel corso dei quali la donna è diventata un’esperta di un mondo. Un mondo del quale era diventata «dipendente, drogata». Ora che l’incubo è finito, Zoll ha deciso di raccontare in un libro (Cracked Open: Liberty, Fertility, and the Pursuit of High-Tech Babies) la verità su queste moderne “fabbriche” dei figli (o delle illusioni). Nel volume ricorda l’ostinazione con cui ha percorso un sentiero disumano, ossessionata dalla volontà di avere un bambino. Svela i numeri sui trattamenti che «falliscono quasi sempre». Racconta le angosce nascoste dietro «la vendita di false speranze» da parte di un’industria miliardaria che ha gettato sul lastrico diverse famiglie e che «ha fini eugenetici». Infine racconta la scoperta che la maternità non è la «produzione di un essere secondo le tue idee» ma «qualcuno da amare», fino alla presa di coscienza che «il mistero del concepimento non deve essere manipolabile». Oggi Zoll è finalmente mamma. Grazie all’adozione.
-Le pubblicità descrivono spesso le cliniche della fertilità come luoghi felici in grado di realizzare sogni. Qual è la realtà?
-Posso parlare della mia esperienza personale e delle informazioni che mi hanno dato le donne e gli uomini che si sono sottoposti allo stesso processo. Era un ambiente asettico, nelle sale d’attesa nessuno parlava, c’era tensione. Ho sentito che alcune cliniche stanno trasformando il loro ambiente facendolo assomigliare a quello dei centri benessere, offrendo “pacchetti weekend della fertilità”: massaggi, agopuntura, “vieni e goditi la tua esperienza di fecondazione”. Questo tipo di marketing crea l’illusione che i servizi medici saranno gradevoli e tollerabili. Ogni paziente ha una diversa soglia del dolore e nella mia esperienza i trattamenti sono stati invasivi, hanno trasformato la mia vita, fisicamente, emotivamente, sessualmente e spiritualmente. Per molti pazienti la fecondazione assistita è traumatica anche per il fatto che nella grande maggioranza dei casi fallisce: la Società europea della riproduzione e dell’embriologia presenta un tasso percentuale di fallimento globale del 77 per cento.
neonatoPerché, allora, l’American Society for Reproductive Medicine (Asrm) ha affermato che il 60 per cento delle donne sotto trattamento riesce ad avere un bambino?
Ho visto le dichiarazioni rilasciate dall’Asrm. Sono molto vaghe, fuorvianti e confuse. I dati citati dall’Asrm sono tratti da uno studio pubblicato nel 2012 sul New England Journal of Medicine, intitolato “Cumulative Birth Rates with Linked Assisted Reproductive Technology (ART) Cycles”. Lo studio conferma un tasso di fallimento dei cicli del 70 per cento: il 60 per cento è lo scenario migliore di riuscita su 247 mila donne che non si sono sottoposte a più di sette cicli successivi. In realtà molte donne che scelgono la fecondazione in vitro non riescono neppure a raggiungere la fase della fecondazione vera e propria. Inoltre, un bambino nato vivo non significa necessariamente che le coppie porteranno a casa un figlio sano: più trasferimenti di embrioni possono spesso portare a nascite premature e costose, a soggiorni prolungati nelle unità di terapia intensiva neonatale e in alcuni casi alla morte del bambino. I risultati dello studio parlano anche dei costi crescenti per i clienti, che vanno dai 40 mila dollari per due cicli fino ai 200 mila per dieci o più. Lo studio dimostra poi che le donne più anziane che usano i propri ovuli, registrando il minor successo con la fecondazione in vitro, stanno facendo aumentare la richiesta della pratica controversa della donazione di ovuli. Attraverso cui gli specialisti del campo ottengono ovuli da terzi, iniettando nelle cosiddette “donatrici” farmaci potenti che possono causare gravi effetti collaterali: si va dal gonfiore delle ovaie, molto pericoloso, alla sterilità, agli ictus e in certi casi alla morte.
-Perché i media e le autorità non parlano dell’alto tasso di fallimento dei trattamenti? Qual è il loro interesse?
-L’industria della fecondazione assistita racconta solo una parte di ciò che avviene al suo interno, mette in evidenza le storie andate a buon fine e non rivela le alte percentuali di insuccesso. Oggi l’industria conta 5 milioni di bambini nati grazie a questi trattamenti medici. Dato che dal 1978 i fallimenti sono cresciuti del 70-80 per cento, significa che negli ultimi trent’anni circa 15 milioni di coppie hanno subìto trattamenti senza successo. Prima che Robert Edwards e Patrick Steptoe (pionieri della fecondazione assistita, ndr) perfezionassero le procedure di fecondazione in vitro che hanno portato alla nascita di Louise Brown, la prima bambina in provetta nata in Gran Bretagna nel 1978, centinaia di donne povere della classe operaia della contea inglese di Lincolnshire avevano subìto procedure sperimentali fallite. Ma anche questo non viene mai detto.
-Il silenzio sull’alto tasso di fallimenti ha a che fare con il business di questa industria?
-Credo che le cliniche e l’intera industria traggano profitto dalla falsa percezione e dall’illusione che in molti casi questi servizi abbiano successo. In particolare questa industria mette insieme due aspetti incompatibili: uno economico e uno medico. È valutata globalmente miliardi di dollari e i suoi ricavi stanno crescendo, e i suoi farmaci e le sue innovazioni sono sponsorizzate senza sperimentazioni appropriate e sicure. È il caso del congelamento degli ovuli. Per le donne di 30 anni che vogliono un figlio, il tasso di fallimento della tecnica del congelamento lento di un ovulo da impiantare in utero è del 91 per cento; quello della vitrificazione (congelamento veloce, ndr) è del 77. Per le donne di 40 anni i tassi di insuccesso salgono rispettivamente al 96 per cento e al 91. Ancora una volta si ripete lo stesso schema: un tasso di fallimenti di cui nessuno parla. Un altro aspetto dell’espansione globale dell’industria riproduttiva è il business della compravendita di ovuli in paesi dove le donne povere sono reclutate per affittare i loro uteri e vendere i loro ovuli. In prima linea ci sono l’India, la Tailandia e il Messico.
-Perché i governi non si impegnano per migliorare il processo delle adozioni, invece che incrementare l’accesso a queste tecniche?
-Anche l’adozione spesso non è un percorso semplice. Quello che so è che molte coppie che affrontano il dolore delle diagnosi di infertilità si rivolgono prima all’industria della fecondazione perché credono che supereranno i loro problemi. Credono a tutti i titoli letti sui giornali per anni e anni, che parlano delle gravidanze e dei successi di queste tecniche. So anche che molte coppie non cercano più l’adozione perché ormai sono troppo povere per sopportare altri costi dopo che hanno già speso tutti loro soldi nei trattamenti di fecondazione.
-Anche se la fecondazione in vitro avesse successo e non fosse dolorosa, non pensa che ci sia comunque qualcosa di sbagliato in questa volontà ossessiva di avere figli?
-Nel mio libro parlo di come, dopo essermi sottoposta ai trattamenti, ho cominciato a sentirmi sempre di più ossessionata dall’avere un bambino. Mi autodefinivo una drogata della fecondazione. Questa ossessione e dipendenza dalla speranza offerta dalla scienza cresceva sempre di più davanti ad ogni tentativo fallito. Ho lottato praticamente ogni giorno con la mia ossessione crescente. Mi sono domandata come mai mio marito e io fossimo così fissati con la procreazione come cammino verso la genitorialità, anche se significava sottoporsi a trattamenti sempre più invasivi e rischiosi. Mi chiedevo se volevo essere un genitore che “crea” un altro essere umano secondo la sua immagine. Mi interrogavo se essere madri non significa invece amare un bambino con tutto il mio cuore e tutta la mia anima, come amo il figlio che poi ho adottato e che ora ha quattro anni. Queste sono le domande esistenziali e spirituali che mi facevo durante quegli anni terribili e dolorosi. Mi sentivo davvero in colpa anche per aver aspettato i quarant’anni di età prima di avere un figlio. Ero arrabbiata con me stessa per aver creduto a tutto quello che avevo letto e sentito sul fatto che rimandare la maternità fosse una pratica innocua per le donne. Per essere chiari, alcune donne rimandano la maternità fino ai quarant’anni, ma si prendono un bel rischio perché la fertilità diminuisce. Io mi credevo una super donna, convinta che avrei potuto superare i limiti delle probabilità perché ero sana e mia madre mi aveva concepita a 39 anni. Ero arrabbiata con me stessa per aver privato mio marito della possibilità di fare esperienza della paternità. Quando ero giovane credevo che avrei potuto sconfiggere ogni statistica. L’esperienza della mia infertilità è stata la più umiliante della mia vita e sono piombata nella depressione, finché sfinita mi arresi.
-Attraverso questa esperienza è cambiato il suo modo di guardare alla maternità?
-Diventare una madre attraverso l’adozione mi ha confermato che si diventa madri per amare, ascoltare, proteggere, guidare, insegnare. Ci tengo a sottolineare che la maternità non è una questione di connessioni genetiche o di sangue. Nel momento in cui ho preso in braccio mio figlio, quando aveva quattro giorni di vita, un’esplosione di amore e di istinto protettivo è emersa dal profondo del mio essere. L’amore che ho provato per lui è stato spontaneo. Un’esperienza mai fatta prima.
-È vero che un bambino nato in laboratorio si sentirà un prodotto della volontà dei genitori?
-Non c’è dubbio che l’uso di queste tecnologie e servizi medici trasformano il mistero del concepimento in qualcosa di manipolabile, progettato e realizzato come una macchina. O come la produzione di un certo tipo di uomo: oggi ci sono alcune cliniche specializzate in selezione del sesso, del colore degli occhi e dei capelli del nascituro. Ci sono cause legali in corso in cui coppie di persone sorde hanno chiesto ai medici di manipolare i propri geni. Essere in grado di manipolare il concepimento umano al di fuori del grembo materno è una piattaforma tecnologia necessaria a qualsiasi scopo eugenetico moderno. Robert Edwards aveva implicitamente riconosciuto questo legame nel 1999, quando disse: «Presto diventerà peccato per i genitori avere un figlio che porta il fardello pesante di una malattia genetica. Stiamo entrando in un mondo in cui dobbiamo preoccuparci della qualità dei nostri figli». Edwards ha accennato al legame tra fecondazione in vitro e eugenetica quando, riflettendo sul venticinquesimo anniversario della nascita di Louise Brown, nel 1993 disse: «È più che combattere l’infertilità (…) volevo sapere esattamente chi era a guidare, se Dio stesso, oppure gli scienziati in laboratorio». La conclusione di Edwards fu: «Siamo stati noi». Edwards supportò pienamente l’uso di tecniche di selezione del sesso per ragioni sociali e non solo mediche.
-Esistono dati sui problemi fisici o psicologici dei bambini nati tramite fecondazione assistita?
-Queste tecniche sono relativamente recenti e gli studi di lungo periodo sono pochi. Fra questi nel 2012 ne sono stati pubblicati due importanti. Uno proveniente dall’università di Adelaide in Australia e uno dall’Ucla negli Stati Uniti. A maggio del 2012, la rivista New England Journal of Medicine ha pubblicato lo studio più completo del mondo da cui è emerso un altro rischio di malattie fra i bambini nati dalle tecnologie riproduttive assistite. Mettendo insieme tutti gli studi si vede che i bambini nati tramite fecondazione in vitro hanno il del 28 per cento di probabilità in più di contrarre malattie cardiache, muscolari, urogenitali, gastrointestinali e paralisi cerebrali.

Fonte: Tempi

6 - PIU' NASCITE CREANO PIU' RICCHEZZA
La crisi dipende anche da scelte demografiche sciagurate del passato
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

“Prega per noi ora e nell'ora della nostra nascita”. L’aforisma è di Thomas Eliot e ben si attaglia al contenuto del Messaggio per la Giornata nazionale per la vita della Conferenza Episcopale Italiana, giornata che cadrà il prossimo 2 febbraio. Il documento, dal titolo “Generare futuro” e pubblicato lo scorso 4 novembre, tra gli altri aspetti tocca anche quello dell’aborto e fa comprendere come questo fenomeno sia la prima causa del rigidissimo inverno demografico che sta colpendo l’Italia da anni, inverno che non conosce stagioni tanto si è fatto lungo. Infatti se andiamo a prendere l’ultima Relazione del Ministro della Salute sullo stato di attuazione della legge 194, resa pubblica lo scorso 13 settembre, si scopre che gli aborti sono circa un quinto dei nati vivi. In altre parole su cinque bambini concepiti uno non vedrà mai la luce. Senza l’aborto dunque il paese avrebbe il 20% in più di nascite ogni anno.
Non solo, ma correttamente i vescovi fanno osservare che «è davvero preoccupante considerare come in Italia l’aspettativa di vita media di un essere umano cali vistosamente se lo consideriamo non alla nascita, ma al concepimento». L’aborto quindi si situa tra le prime cause di decesso nel nostro Paese e non solo da noi.
Ma torniamo alle pratiche abortive, capaci di svuotare le culle italiane. Oltre all’aspetto morale, il primo elemento di giudizio che deve essere tenuto in conto, l’aborto fa male anche alle nostre tasche. Scrivono infatti i vescovi: «L’alleanza per la vita è capace di suscitare ancora autentico progresso per la nostra società, anche da un punto di vista materiale. Infatti il ricorso all’aborto priva ogni anno il nostro Paese anche dell’apporto prezioso di tanti nuovi uomini e donne. Se lamentiamo l’emorragia di energie positive che vive il nostro Paese con l’emigrazione forzata di persone – spesso giovani – dotate di preparazione e professionalità eccellenti, dobbiamo ancor più deplorare il mancato contributo di coloro ai quali è stato impedito di nascere».
Si parla tanto di crescita economica eppure la soluzione più efficace è sotto gli occhi di tutti: aboliamo l’aborto. Naturalmente è solo una bestemmia pensarlo per un qualsiasi nostro politico, anche per quelli (sedicenti) cattolici, eppure gli studi ci dimostrano che laddove è maggiore la popolazione maggiore è la crescita del Pil, perché ci sono più persone che consumano e che producono. Lo dimostrano la Cina e l’India con tassi di crescita della popolazione e della produzione ugualmente importanti, lo dimostra anche l’allarme che tutti lanciano sul fatto che in futuro ci saranno sempre più anziani sulle spalle di pochi giovani produttivi: la famigerata piramide rovesciata.
Ma lasciamo la parola a chi ha studiato a fondo il problema della relazione tra crescita demografica e crescita economica. L’economista Ettore Gotti Tedeschi così si esprime: «Qualche mese fa si lesse sui giornali che il reddito delle famiglie italiane era tornato indietro di 27 anni. No, in realtà era cresciuto illusoriamente in 27 anni, sostituendo la crescita consumistica a una crescita equilibrata della popolazione, nella illusione folle che non facendo figli si sarebbe diventati più ricchi. Ma la natura ha dimostrato il contrario, o persino peggio: senza fare figli non si può neppure più mantenere i vecchi» (“Come cresce una società”, Formiche, n. 85, Ottobre 2013). Sul Corriere della Sera di qualche anno prima poi aveva così puntualizzato: «La crisi in corso nasce grazie al crollo delle nascite nel mondo occidentale, iniziato intorno al 1975. Tale caduta ha provocato la flessione dello sviluppo economico, l'aumento dei costi fissi (i costi sociali, con sanità e farmaci) a causa dell'invecchiamento della popolazione» e di conseguenza «l'aumento delle imposte e il crollo del tasso di crescita del risparmio prodotto» (“Riprendiamo a fare figli e l'economia ripartirà”, Corriere della sera, 23.7.2010).
In modo analogo così si esprime l’economista Roberto Giorni: «Per Malthus, senza una volontaria restrizione delle nascite qualunque progetto di miglioramento sociale era destinato a fallire, sconfitto dalla demografia». Ma i fatti lo hanno ampiamente smentito e infatti così chiosa Giorni: «In Europa si sono indebitati gli Stati per sostenere i costi sociali derivanti dalla mancata crescita demografica» (“Crisi economica e demografia”, Studi cattolici, n. 631, settembre 2013).
Giunge a conclusioni simili anche il premio Nobel per l’economia Friedrich August Von Hayek: «L'odierna idea che la crescita della popolazione minacci di produrre un impoverimento a livello mondiale è semplicemente un errore» (“La presunzione fatale. Gli errori del socialismo”, Rusconi, Milano 1997).
Giudizio condiviso anche da Gianluca Ansalone, consulente della Presidenza della Repubblica per l’Analisi internazionale e di sicurezza che in tal modo dipinge il nostro prossimo futuro: «I paesi industrializzati conosceranno un fenomeno generalizzato di decrescita della popolazione e di progressivo invecchiamento, con un aumento dell'età media. […] II peso demografico dell'Occidente rispetto al totale mondiale diminuirà del 25%, spostando rilievo e importanza economica verso i Paesi emergenti, che presentano tassi di crescita della popolazione (e, quindi, una capacità di impiego di forza lavoro giovane) più significativi. […] Queste dinamiche avranno, come ampiamente evidente, un impatto profondo sulla crescita economica e sulla capacità di generare ricchezza, sul peso del debito pubblico, gonfiato dalla spesa previdenziale e sanitaria, e sulla capacità, infine, di promuovere innovazione tecnologica e di investire in sicurezza e difesa. […]Lo tsunami demografico produrrà fenomeni macroscopici sotto il profilo economico e sociale e dal punto di vista dei rapporti internazionali: forti squilibri e tensioni tra continenti con trend demografici opposti; rischio ulteriore di un rapido declino dell'Europa e fenomeni di forte tensione sociale; massicce emigrazioni dall'Africa e dall'America Latina». E conclude affermando che negli anni a venire per i paesi dell’Occidente si assisterà ad «una contrazione permanente dei volumi di produzione e del Pil, i cui ritmi di crescita non potranno essere sostenuti a fronte di una diminuzione costante della popolazione totale e della forza lavoro disponibile».
Quali dunque i rimedi? «Una politica demografica e di welfare adeguata – continua Ansalone - appare come la prima, necessaria e più importante risposta per stabilizzare il futuro delle economie di mercato. Incentivare la natalità e consentire alle donne di avere un ruolo sociale ed economico più attivo, perfettamente conciliabile con la maternità, sono la precondizione per qualsiasi modello di sostenibilità sociale» (“Bomba demografica: geopolitica e demografia, indicazioni per un prossimo futuro”, Gnosis, 3, 2010).
Per amor di logica ci viene però da dire che se l’obiettivo è la ripresa della natalità allora prima di – o insieme a - fare altri figli sarebbe preferibile non uccidere quelli che già ci sono. Non è più semplice?

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

7 - DARWINISMO IN CRISI: QUESTA NON E' SCIENZA
La teoria darwiniana (o neo-darwiniana) dell’evoluzionismo, spacciata per scientifica, implica il verificarsi di una serie improbabile di eventi da attribuire al “caso” che così diventa una divinità onnipotente capace di spiegare ogni cosa.
di Enzo Pennetta - Fonte: Il Timone

Se provassimo a domandare a un insegnante di scienze naturali cosa ne pensa della teoria darwiniana, o neo-darwiniana come sarebbe più corretto dire, ci risponderebbe con sicurezza, e forse anche con un tono un po’ seccato, che si tratta di una teoria scientifica ormai provata e consolidata. Inutile quindi cercare di sollecitare risposte sui punti deboli della teoria, si rischierebbe solo di passare per un ignorante, o peggio ancora, per usare una terminologia attuale, per un “creazionista”. È bene precisare subito che questo termine non indica, come si potrebbe legittimamente pensare, chi ritiene che il mondo sia stato creato da Dio, ma coloro che sull’argomento evoluzione sostengono che vi sia una contrapposizione tra fede e scienza. Oppure, fatto ancor peggiore, potremmo essere additati come “negazionisti”, neologismo quest’ultimo che ha in più una sfumatura infamante in quanto il negazionista sa che la sua tesi è errata ma mente consapevolmente per promuovere una causa a cui è ideologicamente legato.
Di fatto, intorno alla teoria darwiniana si è andato costituendo un consenso generale che induce anche persone esperte, come ad esempio i docenti di scienze naturali, ad accettarla come scientificamente verificata anche se in realtà non lo è. Si tratta di un atteggiamento che ha origine a partire dai massimi livelli della divulgazione scientifica sull’argomento, una divulgazione che si avvale anche di un uso ambiguo di termini linguistici che ha come conseguenza quella di confondere i concetti. In particolar modo i termini sui quali si gioca l’equivoco sono quello di evoluzione e di teoria darwiniana.
Per “evoluzione” si deve infatti intendere il fatto, testimoniato dai fossili, che la vita sulla Terra è comparsa in fasi successive attraverso le ere geologiche, per “teoria darwiniana” si deve invece intendere solamente una possibile spiegazione di quel fatto che è l’evoluzione. Quindi negare la validità della teoria darwiniana non significa affatto negare l’evoluzione.
Chiarito questo primo punto, andiamo a vedere cosa afferma la teoria darwiniana attuale (infatti si tratta di una teoria che nel tempo è andata incontro a profonde rivisitazioni). Il meccanismo evolutivo proposto prevede che le specie avrebbero avuto origine per mezzo di una serie di mutazioni accidentali del DNA, che avrebbero finito col modificare casualmente l’informazione genetica degli organismi fino ad ottenere il nascere di nuove caratteristiche e di nuove funzioni. Queste nuove caratteristiche sarebbero state infine sottoposte all’azione della selezione naturale che avrebbe eliminato quelle svantaggiose lasciando solo quelle vantaggiose.
Facendo un paragone, è come se scrivendo al computer e digitando casualmente i tasti, dopo innumerevoli frasi senza senso, potessimo arrivare infine a ottenere un testo con un significato. Quello che non viene detto è che un meccanismo di questo tipo per poter funzionare necessiterebbe di tempi talmente lunghi da non essere compatibili con la stessa età dell’Universo. Al riguardo, il noto biologo evoluzionista inglese Richard Dawkins, fervente darwinista, ha proposto di simulare il meccanismo darwiniano applicandolo alla scrittura di una frase dell’Amleto di Shakespeare in cui è scritto “Methinks it is like a weasel”.
Con un semplice calcolo matematico, si dimostra che le possibili combinazioni che si possono scrivere casualmente, usando l’alfabeto inglese, di una frase così breve equivalgono ad un numero pari a migliaia di miliardi di miliardi di volte quello dei secondi trascorsi dall’origine dell’Universo. Per superare questa insormontabile difficoltà, lo stesso Dawkins ha dovuto ipotizzare un meccanismo che implica l’esistenza di una frase “bersaglio”, cioè l’esistenza di un finalismo, che è invece quello che la teoria darwiniana, basata sulle mutazioni casuali, non ammette.
La teoria darwiniana è dunque basata sul verificarsi di eventi talmente improbabili che per verificarsi casualmente richiederebbero una lunga serie di miracoli. Una serie di miracoli che dovrebbero essere quindi compiuti dal “caso” che in questo modo viene trasformato in una specie di divinità onnipotente in grado di spiegare ogni cosa.
Ma c’è di più: nel momento in cui la teoria darwiniana ricorre al caso come spiegazione dell’evoluzione, rinuncia a una delle caratteristiche fondamentali per una teoria scientifica, cioè alla possibilità che esista un esperimento che possa dimostrare che la teoria è sbagliata: l’azione del caso non è infatti dimostrabile o confutabile in alcun modo. Per spiegarlo facciamo un semplice esempio, ricorrendo stavolta all’estrazione di una serie di numeri al superenalotto: prendendo in considerazione i numeri di un’estrazione qualsiasi, esiste un modo per dimostrare che non sono stati sorteggiati a caso ma che sono invece frutto di un’estrazione truffaldina? Esiste un modo per dimostrare che quei numeri non sono stati estratti a caso?
Un tale modo semplicemente non esiste, dire che una data successione di numeri è stata sorteggiata casualmente significa quindi fare un’affermazione che non ammette prove matematiche contrarie.
Riassumendo, la teoria darwiniana essendo proprio basata su mutazioni casuali, prima ancora che sulla selezione naturale, si rivela fondata su eventi talmente improbabili da poter essere paragonati a dei miracoli, ed è inoltre una teoria che non può essere smentita in alcun modo, ponendosi quindi per tale motivo al di fuori dell’ambito della scienza e collocandosi, nella migliore delle ipotesi, in quello filosofico - fideistico.
Ciononostante, troveremo una grandissima quantità di persone che affermeranno con sicurezza che sono stati verificati sperimentalmente numerosi casi di evoluzione avvenuta con il meccanismo darwiniano, ma chi si confronta quotidianamente con questi argomenti sa che in realtà non esiste alcun caso in cui si sia assistito al verificarsi dell’evoluzione (anche di un solo batterio) con tali meccanismi. Se qualcuno è in grado di indicarne qualcuno siamo pronti a prenderlo in considerazione.
Come dicevamo, di tutto questo non trapela nulla. Qualcosa però si muove proprio in ambito evoluzionista. Ad esempio, Eugenie C. Scott, ex direttore esecutivo del National Center for Science Education (NCSE) statunitense, nel 2009, in occasione delle celebrazioni per il duecentesimo anniversario della nascita di Darwin, ha dichiarato che la teoria dell’evoluzione attuale è talmente diversa da quella originale che non dovrebbe essere più chiamata “darwinismo”, un termine che ormai serve solo ad alimentare fraintendimenti e scontri ideologici.
E, solamente un anno prima, un gruppo di importanti scienziati evoluzionisti si era riunito quasi segretamente in Svizzera proprio per parlare della crisi del darwinismo e delle possibili soluzioni; della conferenza se ne parla in un libro intitolato “The Altenberg 16: An Exposé of the Evolution Industry”, scritto dalla giornalista scientifica Suzan Mazur, ma come già detto alla cosa non è stata data visibilità. Ma il caso più noto di contestazione della teoria rimane quello della pubblicazione del libro “Gli errori di Darwin”, di Massimo Piattelli Palmarini e Jerry Fodor, che nel 2010 mise autorevolmente sotto accusa la spiegazione darwiniana dell’evoluzione.
Oggi la teoria è più in crisi che mai e si mostra particolarmente vulnerabile alle critiche che vertono sugli aspetti scientifici mostrando gli enormi problemi che si vorrebbero tenere nascosti. Si spiegano così le reazioni nervose che i sostenitori del darwinismo manifestano quando si trovano a doversi confrontare con chi mostra pubblicamente i difetti della teoria. Il caso più eclatante nel nostro paese è stata l’iniziativa presa all’inizio di quest’anno nei confronti del sito Critica Scientifica che opera criticando in modo puntuale i punti deboli del darwinismo. Nel gennaio scorso, infatti, si è assistito al tentativo di fermarne l’azione ricorrendo alla minaccia di perseguirne il responsabile con iniziative legali.
Al di là dell’impressione di solidità che si vorrebbe dare, la teoria darwiniana è dunque in profonda crisi, le sue fondamenta sono vulnerabili e una seria critica scientifica può facilmente ottenere risultati importanti. Come lo stesso Massimo Piattelli Palmarini ha detto in un’intervista di circa un anno fa, il darwinismo è vincente «sociologicamente, non scientificamente», e quindi è proprio sul piano scientifico che è necessario incrementare l’azione.
Per saperne di più…www.enzopennetta.it
Enzo Pennetta, Inchiesta sul darwinismo, Cantagalli, 2011.
M. Piattelli Palmarini - J. Fodor, Gli errori di Darwin, Feltrinelli, 2010.
Roberto de Mattei [a cura di], Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi, Cantagalli, 2009. Marco Respinti, Processo a Darwin, Piemme, 2007.
Umberto Fasol, Evoluzione o Complessità, Fede & Cultura, 2010.

Fonte: Il Timone

8 - LO SPOT CONTRO IL FEMMINICIDIO IN REALTA' E' ANTI UOMO
Promosso dal Ministero delle (dis) Pari Opportunità rappresenta un autentico incitamento all'odio contro fidanzati e mariti
di Alfredo Di Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana
Fonte: Corrispondenza Romana

9 - DIFENDIAMO LA SPERIMENTAZIONE SUGLI ANIMALI
Intervista a Silvio Garattin, scienziato e ricercatore farmacologico: ''L'uso delle cavie animali è necessario per il progresso della ricerca... e piantiamola di usare la parola vivisezione''
di Emanuele Michela - Fonte: I Tempi
Fonte: I Tempi

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