Amici del Timone n�26 del 21 novembre 2013

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1 BASTA ABORTI: LA PROSSIMA CONFERENZA SENESE DI SCIENZA & VITA
Antonio Oriente, Vice Presidente dell'Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici: ''Con queste mie mani uccidevo i bambini, poi ho capito che è un abominio e ho detto: basta!''
di Paolo Delprato - Fonte: Toscana Oggi
2 IL GIUDIZIO DI PAPA FRANCESCO: «LA FAMIGLIA E' TRA UOMO E DONNA»
Nessuna novità perchè non è cambiata la legge naturale
Fonte: UCCR online
3 CHE COSA E' LA FAMIGLIA
Il nucleo fondamentale di ogni società
di Carlo Bellieni - Fonte: Dizionario di Bioetica
4 I DIRITTI DELL'INFANZIA NELLA SOCIETA' DEI CONSUMI
Bambini costretti a travestirsi da adulti
di Carlo Bellieni - Fonte: L'Osservatore Romano
5 SCANDALO NEL REGNO UNITO: CONDANNE A MORTE PER DIAGNOSI SBAGLIATE
Diagnosi errate e donne spinte ad abortire, ma i loro figli erano sani e non c'era alcun rischio per la salute delle mamme. Un problema ricorrente anche in Italia.
di Giovanna Sedda - Fonte: www.giovaniprolife.org
6 LIDIA RAVERA, GIA' FAMOSA PER ALTRI ATTACCHI MALEDUCATI, OFFENDE IL LUTTO DI MIGLIAIA DI GENITORI CONFONDENDO LEGGE 194 E SEPPELLIMENTO
Per dar contro a Renzi, avversario alle Primarie, si scatena un tam tam sul web: cattolico e prolife sono offese da usare per tappare la bocca
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 PER PARLARE DI ACCANIMENTO CON COGNIZIONE DI CAUSA
Anche la Chiesa lo disapprova, vediamo nello specifico cos'è
di Carlo Bellieni - Fonte: Dizionario di Bioetica
8 LA RAI FA SERVIZIO PUBBLICO? LA ''VITA IN DIRETTA'' CHE RACCONTA NON HA TUTTA LO STESSO VALORE
Alda D'Eusanio inciampa in un errore diplomatico, ma il clima della tv è irrimediabilmente pro morte...
di Lucia Bellaspig - Fonte: Avvenire
9 CLAMOROSO RISVEGLIO: UNA LACRIMA MI HA SALVATO
Una donna, data per spacciata, il giorno del distacco della spina ha fatto capire con una lacrima di non essere un vegetale
di Emanuele Boffi - Fonte: I Tempi
10 L'OMS PROMUOVE IL SESSO LIBERO FIN DALL'ASILO
L'Organizzazione Mondiale della Sanità dà le direttive per l'educazione sessuale nelle scuole: saranno incoraggiate la masturbazione, il gioco del dottore e le relazioni sessuali gay
Fonte: Notizie Pro Vita
11 DSM 5: DOPO L'OMOSESSUALITA', ANCHE LA PEDOFILIA DIVENTA NORMALE
La pedofilia era considerata una malattia, ma quest'anno (come accadde per l'omosessualità) l'associazione degli psichiatri americani l'ha convertita in un normale orientamento sessuale
di Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
12 CADE L'ULTIMO PALETTO DELLA LEGGE 40
Una sentenza abbatte l'ultimo brandello della legge sulla fecondazione artificiale che non può evitare il figlio su misura
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

1 - BASTA ABORTI: LA PROSSIMA CONFERENZA SENESE DI SCIENZA & VITA
Antonio Oriente, Vice Presidente dell'Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici: ''Con queste mie mani uccidevo i bambini, poi ho capito che è un abominio e ho detto: basta!''
di Paolo Delprato - Fonte: Toscana Oggi, 24 novembre 2013

Che vuol dire "conversione"? Leggiamo a tal proposito cosa dice Wikipedia: "Il termine conversione suggerisce l'immagine di una persona che, accorgendosi di camminare su una strada sbagliata, decide di tornare sui suoi passi e di incamminarsi in una direzione diversa. La conversione è una presa di coscienza "esistenziale" che può avvenire in seguito all'azione persuasiva di una terza persona oppure alla considerata riflessione personale. Si decide, così, di cambiare il corso della propria vita, riorientando i propri atteggiamenti e comportamenti secondo criteri diversi da quelli seguiti fino a quel momento".
La conversione quindi non si concretizza necessariamente in una svolta soltanto interiore, spirituale. Anzi, la conversione spirituale stessa è ancora più tale ed autentica se viene seguita da un cambiamento di vita, da una revisione profonda di abitudini, atti, propensioni, appetiti. La conversione quindi può capitate a chiunque e forse ognuno di noi è stato protagonista di una conversione mancata, proprio perché magari non si ha avuto la forza di trasformare un avvenimento interiore in atti concreti che ne potessero dare forza e linfa.
Scienza & Vita di Siena, in collaborazione con il Centro di Aiuto alla Vita e con la Cappella Universitaria, propone stavolta un incontro con una storia di conversione forte, appassionata e radicale che ha visto il suo protagonista abbandonare scelte e gesti di morte per adottare scelte e gesti di vita. La storia del dottor Antonio Oriente è quella di un medico, un ginecologo, che da abortista è diventato uno strenuo difensore della vita nascente, sopportandone tutte le conseguenze, in termini professionali e di testimonianza con i fatti di quello che significa accogliere e supportare le madri nella loro decisione di portare avanti la gravidanza.
Una conversione vera, dunque, e suggellata recentemente dall'incontro che Antonio Oriente ha avuto con Papa Francesco, in cui ha avuto modo di donare al Pontefice i ferri con cui praticava gli aborti come gesto di definitiva rinuncia alla vita di "prima".
Un incontro rivolto a tutti, perché tutti, in fondo, siamo chiamati alla conversione del cuore e della vita.
La conferenza avrà come titolo: "Basta aborti". Sarà presente il dott. Antonio Oriente, Medico ginecologo presso l'A.S.L. di Messina, Vice Presidente dell'Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici. Introdurrò la serata insieme ad Erika Bettarini, la nuova presidente del CAV di Siena.
Vi diamo quindi appuntamento per giovedì 5 dicembre alle 18.00 presso la Chiesa di San Vigilio - Via Sallustio Bandini, 48 - Siena.
Vi aspettiamo numerosi, come sempre.

Per maggiori informazioni: http://www.scienzaevita-siena.it/it/contenuti.php?pagina=utility&nome=conferenze_future

Per leggere la testimonianza di Antonio Oriente: http://www.scienzaevita-siena.it/it/articoli.php?id=255

Fonte: Toscana Oggi, 24 novembre 2013

2 - IL GIUDIZIO DI PAPA FRANCESCO: «LA FAMIGLIA E' TRA UOMO E DONNA»
Nessuna novità perchè non è cambiata la legge naturale
Fonte UCCR online

Tornando in aereo dalla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile, papa Francesco ha esposto ai giornalisti quello che riporta da anni il Catechismo, ovvero che la Chiesa ha sempre condannato il peccato e non il peccatore. Il Pontefice ha spiegato: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte».
Se questa è la posizione della Chiesa rispetto ai fratelli omosessuali, il giudizio di Papa Bergoglio sul matrimonio e sulla famiglia è arrivato un mese dopo nel messaggio del Pontefice alla Settimana Sociale dei cattolici italiani: «La Chiesa offre una concezione della famiglia, che è quella del Libro della Genesi, dell’unità nella differenza tra uomo e donna, e della sua fecondità. In questa realtà riconosciamo un bene per tutti, la prima società naturale, come recepito anche nella Costituzione della Repubblica Italiana», ha spiegato Francesco. «Vogliamo riaffermare», ha proseguito il Pontefice, «che la famiglia così intesa rimane il primo e principale soggetto costruttore della società e di un’economia a misura d’uomo, e come tale merita di essere fattivamente sostenuta». Per sostenere tutto questo non occorre la fede: «Queste riflessioni non interessano solamente i credenti ma tutte le persone di buona volontà, tutti coloro che hanno a cuore il bene comune del Paese».
Come Benedetto XVI, anche Francesco ha puntato l’indice contro «le conseguenze, positive o negative, delle scelte di carattere culturale, anzitutto, e politico riguardanti la famiglia». Conseguenze che «toccano i diversi ambiti della vita di una società e di un Paese: dal problema demografico, che è grave per tutto il continente europeo e in modo particolare per l’Italia, alle altre questioni relative al lavoro e all’economia in generale, alla crescita dei figli, fino a quelle che riguardano la stessa visione antropologica che è alla base della nostra civiltà». Dobbiamo dare atto questa volta ai principali media di aver riportato la notizia senza le solite strumentalizzazioni o omissioni si veda ad esempio “Repubblica”.
Un altro giudizio interessante di Francesco è stato rivolto ai cattolici durante l’omelia nella domus di Santa Marta, invitandoli ad “immischiarsi in politica”: «Chi governa deve farlo con umiltà e amore, caratteristiche indispensabili. E i cittadini, soprattutto se cattolici, non possono disinteressarsi della politica». In particolare, ha proseguito Francesco, «un buon cattolico si immischia in politica, offrendo il meglio di sé, perché il governante possa governare». Ricordiamo che non è proprio una buona notizia per gli amici devoti al laicismo come il vaticanista Marco Politi, che infatti ancora una volta ha scelto di non commentare la notizia come invece avrebbe dovuto fare nel rispetto dei suoi lettori. Nemmeno Roberto Saviano ha commentato, lui che qualche mese fa invitava proprio i cattolici a non entrare in politica: «La Chiesa non ha alcun diritto di condizionare le leggi e le istituzioni dei paesi laici. I cattolici possono dire la loro, ma non influenzare o boicottare nuove leggi. Questo è profondamente ingiusto».

Fonte: UCCR online

3 - CHE COSA E' LA FAMIGLIA
Il nucleo fondamentale di ogni società
di Carlo Bellieni - Fonte: Dizionario di Bioetica

Realismo
La parola famiglia viene da famulus, cioè coloro che collaborano all’andamento della casa. La parola matrimonio, invece, deriva dal latino matrimonium, ossia dall’unione di due parole latine: mater, madre, genitrice e munus, compito, dovere; il matrimonium era nel diritto romano un « compito della madre », intendendosi il matrimonio come un legame che rendeva legittimi i figli nati dall’unione. Analogamente la parola patrimonium indicava il « compito del padre » di provvedere al sostentamento della famiglia. La famiglia ha dunque la sua radice storica in una separazione complementare dei compiti tra uomo e donna, e nella protezione del debole che, un tempo, era per definizione la donna e il figlio. La società è cambiata e mentre la donna si è ben emancipata socialmente, il figlio è restato il soggetto fisiologicamente debole, e per questo è il fulcro della ragione d’essere della famiglia, ne costituisce la definizione. Altre forme di convivenza, che non prevedono almeno come possibilità il concepimento di figli e che non sono contrattualmente fondate in maniera da non essere scioglibili con un semplice saluto non hanno questa caratteristica « figliocentrica» e dunque sono rispettabili ma non sono una famiglia in senso stretto.
La ragione
Cosa ci importa realmente della famiglia? È un legame naturale indissolubile quello che lega i genitori ai figli, anche nelle famiglie più burrascose e disorganizzate ed è un legame che crea benessere; per questo la società ha interesse di tutelarlo e di agevolarlo. Il legame tra uomo e donna nel matrimonio, pur non essendo genetico, non ha solo una funzione di contratto, ma di parabiosi, cioè di somministrazione reciproca di vita. In altre parole, chi si sposa acquista una natura diversa, perché allarga il suo essere al coniuge.
Tutelare la famiglia rispetto ad altre forme di vita in comune? Certo il matrimonio può diventare una caricatura e spesso lo è diventato, quando le due dimensioni ( classicamente definite eros e agape) “si distaccano completamente l’una dall’altra”, cosa che avviene quando la dimensione di contratto prevale. Questo si è sempre verificato, con matrimoni combinati, di convenienza, imposti; ma ora sembra essere la norma. Allora altre forme di presenza sociale - persone che scelgono di vivere da sole o coppie che non accettano un legame stabile - trovano spazio nella società, ma non sono una famiglia, proprio per l’assenza del concetto di base: accettare un legame “parabiotico” nell’interesse del più debole, capace di concepire una vita nuova. La famiglia è base di consistenza della società, sia per un fatto etico sia per un fatto economico; per questo sostenere le famiglie e favorirne la costituzione è un atto che la società fa nel suo stesso interesse. Una società moderna che non favorisce le famiglie nella misura della loro numerosità e bisogni è una società morente, dato che le famiglie ne garantiscono la forza morale e ne esercitano l’azione di ammortizzatore economico in momenti di crisi.
Il sentimento
Non si può pensare alla famiglia solo come ad un contratto; quando se ne parla in questi termini - fosse anche per sostenerne l'utilità - si distrugge l'idea stessa di famiglia. E paradossalmente non se ne può parlare solo in termini di "amore" o "innamoramento", perché ci sono periodi duri in cui nella famiglia scoppiano conflitti, pur restando una famiglia. Si parli allora di famiglia pensando ad un luogo di accoglienza, condivisione, costruzione e creazione, in cui tutti i giorni si cerca di guardare con uno sguardo positivo al destino degli altri.
Maggiori informazioni http://glossario.webnode.it/famiglia/

Fonte: Dizionario di Bioetica

4 - I DIRITTI DELL'INFANZIA NELLA SOCIETA' DEI CONSUMI
Bambini costretti a travestirsi da adulti
di Carlo Bellieni - Fonte: L'Osservatore Romano

L’infanzia sta subendo nei Paesi occidentali un terribile attacco psicologico e sociale, che ormai possiamo descrivere come una nuova forma di violenza: al bambino non è più permesso di comportarsi da bambino.
Il riconoscimento dei diritti dei bambini è minacciato in tante parti del mondo: stando ai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, esistono ancora troppi Paesi dove i minori sono sfruttati dagli adulti privandoli del diritto al gioco, a un ambiente adeguato, all’istruzione, e per questo è bene celebrare la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e Una striscia di Mafalda, il personaggio nato dalla matita del disegnatore argentino Quino (dal libro «Tutto Mafalda», Milano, Salani, 2009)dell’adolescenza  che cade il 20 novembre. Ma l’attacco ai bambini ha anche caratteristiche che riguardano da vicino l’occidente. L’infanzia è una fascia della vita che il mondo occidentale scarta, che sente come non sua, a meno che non venga integrata nell’unico pensiero dominante oggi consentito: quello della capacità di essere funzionali a un sistema che vede gli individui non più come persone, ma come consumatori.
Mafalda, la celebre protagonista dei fumetti dell’argentino Quino, in una celebre striscia diceva sconsolata agli amichetti: «Triste scoperta, ragazzi: siamo facoltativi!» ed era un presagio del malessere dei bambini che ormai sentono di arrivare sulla scena del mondo in modo non gratuito, ma funzionale agli interessi dei grandi. Infatti, oggi il bambino semplicemente non è previsto nella società, a meno che non venga relegato nel ruolo di ciliegina sulla torta, oppure a meno che non si integri nella parte del consumatore; non si atteggi insomma, invece che a bambino, a giovane: l’unico modello di vita oggi ammesso.
Chi non sa “fare il giovane”, infatti, non viene accettato, e si assiste a una corsa dei vecchi al ringiovanimento per non sembrare tali e dei bambini all’invecchiamento — grazie a tacchi alti, rossetto, alcolici — già a dodici anni. E soprattutto il bambino non deve fare il bambino, cioè non deve essere imprevedibile e scavezzacollo, come sarebbe normale. Molto meglio fargli vivere un mondo multimediale pieno di pubblicità e inviti a spendere, che ben supera le due ore tra televisione e computer poste come limite massimo dall’American Academy of Pediatrics; trasformandolo così in un microconsumatore che ha la tv in cameretta, che non gioca ma “fa sport”, che non va a spasso ma “alle feste”.  Che non è nemmeno più padrone in casa sua, dove non deve toccare niente. Le case sono infatti a misura dei grandi pressati da pubblicità invasive che, per vendere disinfettanti, fanno vedere minacce di microbi in ogni angolo. I bambini
 —  e i pediatri se ne rendono ben conto  — non sono nemmeno più “signori” delle strade e delle piazze, dove un tempo la facevano da padroni, e addirittura hanno perso la capacità di spostamento (quante obesità infantili oggi proliferano anche per questo). Oggi si muovono solo se li accompagna un grande; neanche da scuola possono più uscire da soli per andare a casa col permesso dei genitori, tanta è la paura per i moderni mostri del traffico sfrecciante e della pedofilia. Mostri, beninteso, orribili, ma che non sarebbero  prolificati  se contemporaneamente non fosse fiorita l’indifferenza sociale. Un tempo il bambino era un po’ di tutti, e se qualcuno lo disturbava nel quartiere o se correva qualche pericolo, subito c’era un’altra mamma o un amico del babbo che interveniva. Oggi invece vige l’indifferenza — una caricatura della libertà — e con questa scusa si lasciano agire le persone più turpi e si lascia crescere una
 città certo non a misura di bambino. E in un mondo giovanile sazio ma abbandonato, alla ricerca di omologazione, si assiste a fenomeni che la cronaca tristemente riporta: bullismo e prostituzione di minorenni.
Celebrare l’infanzia significa celebrare la sana avventatezza che sa confrontarsi con l’imprevisto. Invece ciò che è imprevisto è rigettato oggi dalla cultura occidentale. Lo testimonia un dibattito avvenuto su un’importante rivista filosofica internazionale, il «Journal of Medical Ethics», sul  quale un filosofo è arrivato a porsi questa domanda: «Fare figli è solo irrazionale o anche immorale?». La spiegazione è la seguente: chiunque al mondo prima o poi soffre, dunque si deve pensare che qualunque figlio prima o poi soffre; e siccome provocare la sofferenza è male, fare figli è immorale. È un’affermazione che fa venire i brividi, ma che non rappresenta un’opinione tanto innovativa come a qualcuno potrebbe sembrare. Il  dibattito sulla rivista vedeva infatti altri filosofi discettare sull’irrazionalità o sull’immoralità del fare figli, senza che nessuno che si sia spinto a suggerire che mettere al mondo dei figli è
 semplicemente bello o naturale.
Non senza motivo la Chiesa ci invita a celebrare il Natale, festa che riporta all’attenzione del mondo la figura infantile, celebrando un bambino che è Dio pur essendo bambino: un segnale del rispetto dovuto a ogni età della vita, senza alcuna esclusione. In nessun momento, dal concepimento alla vecchiaia estrema,  l’esistenza umana deve essere considerato uno scarto o fingere di non essere se stessa per essere accettata.

Fonte: L'Osservatore Romano

5 - SCANDALO NEL REGNO UNITO: CONDANNE A MORTE PER DIAGNOSI SBAGLIATE
Diagnosi errate e donne spinte ad abortire, ma i loro figli erano sani e non c'era alcun rischio per la salute delle mamme. Un problema ricorrente anche in Italia.
di Giovanna Sedda - Fonte: www.giovaniprolife.org

L’ospedale dell’Università del Galles è finito al centro della bufera. Secondo un recente denuncia centinaia di mamme hanno ricevuto diagnosi errate per i figli che portavano in grembo e sono state spinte all’aborto, ma i bambini erano perfettamente sani. Ad alzare il velo dell’omertà è stata Emily Wheatley, una mamma incinta di nove settimane che ha ricevuto l’ennesima diagnosi errata.
Emily arriva all’ospedale universitario della città di Cardiff per un'ecografia di controllo quando i medici le dicono che il bambino che portava in grembo era morto e che sarebbe stato, conseguentemente, necessario un aborto per rimuovere il corpicino. La diagnosi sconvolgente si è però rivelata totalmente sbagliata quando l’esame è stato ripetuto in una seconda clinica dove la mamma si era recata per effettuare l’evacuazione uterina.
L’esito stavolta è stato opposto: il bambino era vivo e senza alcun problema di salute. Immediata è scattata la denuncia al “Public Services Ombudsman”, l’autorità inglese competente che ha prontamente iniziato una inchiesta. Peter Tyndall, dell’Ombudsman del Galles, parla di “errore inaccettabile” e di “Pratiche cliniche di ostetricia sono stati potenzialmente difettose”.
Dai primi accertamenti emerge che la clinica universitaria applica un protocollo diagnostico incompleto e fuorviante che ha certamente portato a numerose diagnosi sbagliate con altrettanti aborti motivati da problemi inesistenti. Secondo quanto riporta il Dayly Mirror la deputata laburista Ann Clwyd non si è affatto stupita dello scandalo e ha dichiarato l’urgenza di “una indagine estesa sulle carenze del sistema sanitario nazionale nella regione del Galles”.
Il quotidiano inglese inoltre ricorda che il rischio delle diagnosi errate è del resto conosciuto. Proprio un team di ricercatori inglesi (Imperial College di Londra) nel 2011 ha detto che il problema della diagnosi errata della morte del feto riguarda oltre 400 donne l’anno. Il problema delle diagnosi errate esiste anche in Italia e questo episodio rimette al centro dell’attenzione la difesa della vita sin dal concepimento e l’importanza di battersi per la vita in ogni situazione.

Fonte: www.giovaniprolife.org

6 - LIDIA RAVERA, GIA' FAMOSA PER ALTRI ATTACCHI MALEDUCATI, OFFENDE IL LUTTO DI MIGLIAIA DI GENITORI CONFONDENDO LEGGE 194 E SEPPELLIMENTO
Per dar contro a Renzi, avversario alle Primarie, si scatena un tam tam sul web: cattolico e prolife sono offese da usare per tappare la bocca
di Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

Alcuni fanno parlare di sé più da morti che da vivi. E non si tratta di persone famose, anzi sconosciutissime. Si tratta dei bambini abortiti. La cronaca recente ci conforta nel sostenere questa ipotesi: Matteo Renzi approva una delibera dove si dispone che una parte del cimitero comunale di Trespiano, una frazione di Firenze, sia destinata all’inumazione dei bambini non nati.
Lidia Ravera, assessore alla Cultura e alle Politiche Giovanili della regione Lazio, si imbufalisce e tramite post pubblicato sull’Huffington Post, un blog affiliato al gruppo L’Espresso, non le manda a dire al sindaco di Firenze: «si tratta del cimiterino dei non nati, del diritto di seppellire grumi di materia, chiamandoli bambina e bambino”. La Ravera è ancora ferma all’idea preistorica e antiscientifica che il feto sia un ammasso di cellule».
Poi continua: «È uno splatter che ritorna sugli schermi della politica con inquietante regolarità. Il copione è sempre lo stesso: una compassionevole aggressione delle mamme mancate. Tutte quelle donne che, poiché il corpo ha le sue insondabili leggi, non sono riuscite a portare a termine il loro dovere di animali al servizio della specie». Dopo l’insulto ai figli tocca alle madri. Anche qui la Ravera non riesce ad abbandonare lo stereotipo femminista che vuole la maternità come un errore di natura, un brutto handicap fisiologico delle donne.
Naturalmente l’occasione è buona per dire ancora una volta che il totem della 194 non si tocca: «Sarebbe una delle tante crociate del superfluo, se non fosse, sempre più chiaramente e tristemente, una delle tappe simboliche più subdole ed efficaci della battaglia per la trasformazione della legge 194 in carta straccia». Da una parte è curioso che si tiri in ballo la 194: la sepoltura dei bambini abortiti volontariamente c’è proprio perché esiste la 194 che permette l’aborto. La Ravera non vuole più vedere questi cimiteri da splatter? Si batta per l’abrogazione della 194. Dall’altra l’assessore alla cultura ha compreso bene l’effetto dinamitardo per le coscienze di tutti: seppellire è un gesto adeguato solo alle spoglie mortali di una persona, non di un grumo di cellule. Quella lapide testimonia a tutti che si è perpetrato un omicidio.
Poi la Ravera parte per la tangente e tira in ballo i soliti cliché che nel caso presente c’entrano come i cavoli a merenda: i medici obiettori, il maschio sfruttatore e ignaro delle sofferenze delle donne, etc. «Ci ha pensato il simpatico Renzi – domanda l’assessore - mentre la sua giunta approvava la delibera in materia di sepolture e gravidanze interrotte? Ha pensato per un attimo che, in Italia, nascosta dietro la foglia di fico del "problema di coscienza" una percentuale elevatissima di ginecologi, rifiuta di eseguire il proprio dovere medico, nonché di ottemperare ad una legge dello Stato? Ha provato a immaginare che cosa vuol dire per una ragazza, per una donna, che non si sente pronta a diventare madre, dover aspettare, cercare, bussare ad altri ospedali, mentre i giorni passano e l'operazione da dolorosa diventa pericolosa? No, non lui. Nessun uomo sa, nessun uomo riesce a immaginare».
Infine una mazzata anche a quelle donne che avrebbero tanta voglia almeno di piangere sulla tomba del loro piccolo che hanno abortito: «Chi, invece, in buona fede, pensa di procurare sollievo alle non-mamme, mandandole a piangere davanti a un quadratino di terra smossa, sappia che non è così. È una forma di sadismo di Stato. Un'ingerenza intollerabile. Oltreché una palese buffonata». Insomma non c’è pietà per nessuno, né per i morti né per i vivi.
Di simile tenore sono anche le parole del consigliere comunale fiorentino Tommaso Grassi: «è solo un perverso scivolamento verso il macabro, […] l’equiparazione dei feti a cittadini che sono stati e non ci sono più».
Ma davvero Matteo Renzi l’ha fatta così grossa? In realtà no. La pratica del seppellimento dei bambini non nati a Trespiano è cosa vecchia essendo attiva dal 1996: 1.019 sepolture da allora. La delibera del primo cittadino di Firenze non fa altro che aggiornare un regolamento del 1996 che già prevedeva questa possibilità in ottemperanza a quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990. Questo decreto stabilisce che i feti abortiti volontariamente o spontaneamente superiori alle 28 settimane di gestazione debbano ricevere degna sepoltura. Nel caso in cui il feto abbia un’età gestazionale inferiore alle 28 settimane, se i genitori entro le 24 ore non provvedono alle esequie, ci pensa l’ospedale a buttare il feto nei rifiuti ospedalieri speciali, insieme ad arti amputati e pezzi di intestino che finiranno in un sacco destinato all’inceneritore. Questo sì è che splatter. Però per fortuna esistono meritorie associazioni di privati, come l’Associazione Difendere la Vita con Maria, che evitano questo ulteriore sfregio alla dignità dei bambini realizzando convenzioni ad hoc con le aziende ospedaliere per prelevare i resti mortali dei bambini non nati e dare loro adeguata sepoltura.
Il tema del seppellimento dei feti abortiti tocca i nervi scoperti degli amanti della morte pre-natale per una ragione evidente: laddove c’è una tomba, ci dicono gli antropologi, lì c’è una civiltà. E laddove c’è una tomba lì sotto c’è una persona. Negare le esequie è perciò disconoscere al defunto lo status di persona e cittadino. Ce lo ricorda Antigone la quale decide, contro la volontà del nuovo re di Tebe Creonte, di dare degna sepoltura al fratello Polinice. Creonte, negando la sepoltura a quest’ultimo, voleva privargli il riconoscimento di essere uomo al pari di tutti. Insomma, come si diceva all’inizio, alcune persone danno più fastidio da morte che da vive.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

7 - PER PARLARE DI ACCANIMENTO CON COGNIZIONE DI CAUSA
Anche la Chiesa lo disapprova, vediamo nello specifico cos'è
di Carlo Bellieni - Fonte: Dizionario di Bioetica

Realismo
Per accanimento si intende una insistenza cocciuta ; viene dall’espressione «ad canem», cioè «alla stregua di un animale». L’accanimento ha in sé qualcosa di insensato, animalesco, stando all’etimologia del termine, ma bisogna star attenti: vi può essere un accanimento buono o cattivo, a seconda delle intenzioni.
La ragione
Un accanimento quando le terapie sono inutili è giusto? Per rispondere bisogna sapere cosa significa terapia, e ricordarsi che la terapia deve avere un fondamento razionale. Bisogna ricordare allora un assioma: non è terapia se non cura. Quindi il termine «accanimento terapeutico» è una contraddizione in termini, un ossimoro: accanirsi quando non serve o addirittura fa male è un accanimento cattivo, non è razionale dunque non è terapeutico. Ma difficilmente ci sarà un medico che si accanisce a curare quando è chiaro che non serve. Il problema è che qualche volta sorgono diverse risposte alla domanda: «Quando curare non serve più?» e qualcuno risponde: «Quando la vita del malato ha una qualità che non merita di essere prolungata continuando a curare la sua malattia»: in questo caso si scivola facilmente in un gioco molto soggettivo per decidere quale è il livello di qualità di vita sotto cui non meriti essere curati. Può anche esistere l’accanimento diagnostico, cioè l’eccesso in accertamenti e ricoveri, talora inutili, fatti al fine di preservarsi da alcun rischio di accuse di trascuratezza anche quando si è nella certezza che il paziente abbia necessità solo di un ben determinato percorso o addirittura di nessuna cura.
C’è un rapporto tra accanimento e amore? Insomma, quando l’oggetto è il male, non è forse giusto essere accaniti? Quando ci si accanisce contro una malattia per scoprirne le cause, per salvare una persona, il medico può anche dare più di quello che gli è richiesto: è un accanimento buono, e magari ce ne fosse tanto! Bisogna star attenti agli effetti negativi dello spauracchio dell’accanimento «cattivo», che può portare a desistere dalle cure quando c’è ancora una speranza e far cessare l'accanimento «buono».
Il sentimento
Non si capisce la parola accanimento, se non si è appassionati di qualcosa, in particolare del proprio lavoro o di una persona; a quanti di noi è capitato di accanirsi per riuscire in un esame o in un esperimento… o in un’impresa difficile?. Di fronte a una difficoltà – se ci si tiene ad un risultato – accanirsi è un bene; ma si deve far molta attenzione erché il nostro accanimento non diventi una fissazione o un eccesso di cure inutili fatto magari per paura di venir accusati di aver tralasciato qualcosa magari solo formale: bisogna darsi dei limiti, per non nuocere ad altri.
Maggiori informazioni http://glossario.webnode.it/accanimento/

Fonte: Dizionario di Bioetica

8 - LA RAI FA SERVIZIO PUBBLICO? LA ''VITA IN DIRETTA'' CHE RACCONTA NON HA TUTTA LO STESSO VALORE
Alda D'Eusanio inciampa in un errore diplomatico, ma il clima della tv è irrimediabilmente pro morte...
di Lucia Bellaspig - Fonte: Avvenire

Tutto era pronto, lunedì, in casa Tresoldi per la diretta tivù: da due giorni i camion della Rai stazionavano lì sotto, con via vai di giornalisti e cameraman che indaffaravano mamma Ezia, sempre pronta a sfornare focacce. Nel caseggiato di Carugate (Milano) abita Max, il giovane che nel 2001 si è risvegliato dopo dieci anni di stato vegetativo, e quando è "tornato" ha detto una cosa terribile e bellissima: «C’ero sempre stato. Sentivo e vedevo tutto, ma non sapevo come dirvelo».
Da allora, pur disabile, gira l’Italia a testimoniare come la cura dell’amore non sia una fiction ma l’unica terapia nota (la scienza neurologica la chiama "effetto mamma") e anche a «La Vita in Diretta» doveva raccontare la sua storia di speranza. «Riempite la casa di amici – avevano chiesto da via Teulada –, dobbiamo dare un grande messaggio alle famiglie». Così in tanti hanno preso ferie e puntuali alle 16.30 erano lì intorno a Max per quei venti minuti di diretta, molti per i tempi televisivi, pochi per raccontare dieci anni di attesa e un risveglio incredibile.
Ma per ore in studio si parla di altro e la parola passa a Carugate quasi alle 18, mentre già scorrono i titoli di coda. Max è stanco ma sorride, alza il pollice per dire che è ok, sua madre si affanna a riassumere, l’inviata della Rai pure. Due minuti tra tutti. Stop. Si torna in studio, commento finale affidato ad Alda D’Eusanio: «Quella non è vita», spara in faccia a Max, che non ha avuto il tempo di srotolare il poster in cui aveva scritto di suo pugno "sono tanto felice". «Tornare in vita senza poter più essere libero – ha proseguito imperterrita la D’Eusanio – e soffrire, e avere quello sguardo vuoto... mi dispiace, no!».
Non l’ha sfiorata il dubbio che quella «non vita» la stava ascoltando, non ha visto l’indignazione che passava in quello «sguardo vuoto», e nemmeno l’agitazione di Max sulla sedia a rotelle, arrabbiato di non poter urlare, proprio come nei dieci anni di stato vegetativo. «Rivolgo un appello pubblico a mia madre – ha continuato ormai senza freni Alda D’Eusanio –, se dovesse accadermi quel che è accaduto a Max, non fare come sua mamma!». Ovvero non abbracciarmi, non baciarmi, non lavarmi, non girarmi nel letto, non darmi pranzo e cena... Perché solo questo ha fatto Ezia, insieme al marito Ernesto e a quel mare di amici di Max conosciuti all’oratorio o sui campi di calcio, non terapie invasive, non respiratori o cannule, non accanimenti. Ha curato e amato.
Imbarazzo dei conduttori Paola Perego e Franco Di Mare, lui visibilmente commosso da Max e disgustato da una D’Eusanio che ora a Max dà persino del morto: «Quando Dio chiama, l’uomo deve andare!». Insomma, doveva crepare. Parole choccanti, il pubblico gelido non applaude. Mamma Ezia da Carugate ce la fa a riappropriarsi del microfono per gli ultimi secondi di trasmissione: «Voglio dire a quella signora che io non ho riportato in vita mio figlio, mio figlio è sempre stato in vita. E la sua vita è bella così com’è».
Finita la trasmissione, da Roma gli autori della trasmissione subito chiamano casa Tresoldi. Si sono accorti che la Rai ne esce male, chiedono scusa, cercano di uscirne in qualche modo. Le telefonate vanno avanti fino a notte, ma Ezia insiste con ferma dignità: «Esigo le scuse del direttore di RaiUno, non per me ma per mio figlio. Cos’è diventata la Rai? Chi invita come esperti? A che titolo quella donna dice a mio figlio che la sua vita è indegna?».
Questo è il vero problema. Dei venti minuti previsti sugli stati vegetativi, ben 16 (sul sito Rai si può rivedere la puntata e fare la "moviola") sono stati dedicati a presunte «visioni del paradiso», addirittura «porte dell’aldilà», luci «che immettono in un’altra dimensione», con interrogativi "profondissimi" del tipo «forse sono viaggi ai confini della vita che ci attende oltre l’esistenza terrena?».
C’è chi in sei giorni di coma ha visto le farfalle, chi la nonna. Max no, non ha visto niente in dieci anni, perché lui vedeva noi, i medici, la città, la vita vera, ma non riusciva a comunicarcelo. Questo è il vero mistero, ma in studio non un neurologo, non un giornalista informato. Confondere due temi seri come stato vegetativo e vita dopo la morte ridicolizza entrambi, oltre a creare un pericoloso fraintendimento coma=morte cerebrale. Derive ancora più inaccettabili se ce le imbandisce mamma Rai, fino a prova contraria servizio pubblico di informazione.

Fonte: Avvenire

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