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PRESENTATO A SIENA IL NUOVO LIBRO DI COSTANZA MIRIANO ''SPOSALA E MUORI PER LEI''
Paolo Delprato ha ribadito che i temi del matrimonio e della femminilità sono tra gli argomenti di cui si occupa statutariamente l'associazione nazionale di Scienza & Vita
Fonte Toscana Oggi, 25 novembre 2012
In un incontro organizzato da Scienza e Vita, Costanza Miriano, giornalista del Tg3, ha presentato il 9 novembre a Siena il suo nuovo libro "Sposala e muori per lei. Uomini veri per donne senza paura", seguito del grande successo "Sposati e sii sottomessa". Finalmente una persona capace di ridare positività al matrimonio, di dare una scossa al mondo contemporaneo in cui ormai spadroneggiano soltanto frasi del tipo "il matrimonio è la tomba dell'amore", o, "abbiamo divorziato per incompatibilità di carattere", come se esistessero un uomo e una donna perfettamente compatibili. Costanza, con molta semplicità, mostra come uomini e donne siano diversi ma complementari e come all'interno del matrimonio si possa giungere alla felicità. Basta impegnarsi: ad esempio noi donne possiamo sforzarci di abbandonare la nostra tendenza all'ipercontrollo e al dominio che mette in crisi l'uomo, e l'uomo deve impegnarsi a lasciare il suo egoismo che lo attrae verso le comodità, piuttosto che renderlo pronto a dare la vita per la moglie e la famiglia. Ad introdurre la serata c'era Paolo Delprato, presidente di Scienza e Vita, il quale ha ribadito che i temi del matrimonio e della femminilità sono tra gli argomenti di cui si occupa statutariamente l'associazione nazionale di Scienza e Vita. Poi la parola è passata a Padre Giorgio Carbone, docente di bioetica e teologia morale alla Facoltà di Teologia dell'Emilia-Romagna e direttore delle Edizioni Studio Domenicano, il quale ha spiegato molto bene le cause che stanno all'origine della crisi del matrimonio. Una prima causa è la convinzione acriticamente accettata che siamo frutto del caso: l'amore viene spesso chiamato colpo di fulmine o cotta, come se fosse il risultato di un incontro fortuito. Se il motivo dell'amore è soltanto casuale, l'amore non avrebbe senso, quindi neanche il matrimonio ne avrebbe. L'essere umano infatti non può vivere senza un senso; tutto il nostro intelletto è predisposto all'atto del pensare, che significa mettere in relazione le realtà esistenti. Ma se l'incontro con la persona che amiamo è avvenuto a caso, vivremo tutta la nostra vita a caso, compreso l'eventuale matrimonio. Vivendo a caso non si riuscirà mai a sopportare il dolore, quindi neppure le sofferenze che inevitabilmente ci saranno, anche con il coniuge. Se invece consideriamo l'amore come frutto di un progetto, tutta la nostra vita cercherà di esservi in sintonia e vivremo le difficoltà con il coniuge dandovi un senso e riuscendo così a superarle. È chiaro che se consideriamo il matrimonio come frutto del caso, crederemo anche che dopo il matrimonio c'è il nulla e vivremo tutta la nostra vita come se andasse verso il nulla; mentre se consideriamo il matrimonio una meta verso la pienezza e la felicità eterne, questa pienezza sarà già ora presente fra gli sposi. Un terzo dilemma, cioè una questione che ammette solo due soluzioni contrapposte, riguarda se ciò che conta all'interno del matrimonio sia solo ciò che è misurabile, cioè visibile, o anche l'invisibile. Nel primo caso dovremmo essere pronti ad esplorare tutta la realtà che ci circonda per dimostrare che l'invisibile non esiste e ciò sarebbe possibile solo ad un essere onniscente. Ma se crediamo anche in ciò che non è visibile e misurabile, siamo pronti ad accettare perfino qualcosa che ci supera: il mistero. Infatti, non conosciamo con chiarezza il progetto ultimo della nostra vita matrimoniale, siamo insufficienti a dare delle risposte, ma l'unica ipotesi ragionevole è quella di fidarsi di un disegno superiore alle nostre capacità percettive e intellettive. È come nel caso di un incendio di un palazzo molto alto; un uomo è rimasto intrappolato al quarto piano e guardando giù dalla finestra non vede nient'altro che il fumo, ma sente una voce che gli grida: "C'è il telone, buttati!" Saranno davvero i pompieri? E ci sarà davvero il telone? In quel caso buttarsi non è facile, né è la condizione più comoda, ma è l'unica possibilità ragionevole. Allo stesso modo Dio ci chiede di fidarsi di Lui. Egli ci ha creati donando un senso alla nostra vita e quindi anche il matrimonio è regolato da un progetto che Lui ha su di noi. Non è facile, come nel caso dell'incendio, ma è l'unica via ragionevole. Il nostro telone è la Rivelazione di Dio: in tutta la Sacra Scrittura Dio ci parla dell'amore fra un uomo e una donna. Nella Genesi la complementarietà fra uomo e donna è il riflesso dell'amore trinitario; nell'Apocalisse le nozze tra Cristo e la Chiesa, sua sposa, prefigurano la pienezza dell'amore che sarà solo in Paradiso. L'altro fattore di crisi del matrimonio è l'interscambiabilità dei ruoli fra maschio e femmina e poi fra papà e mamma. Ciò è la risultanza delle teorie del genere, nate negli anni '60, che mirano all'abolizione delle differenze di sesso, anche quelle più evidenti, come quelle biologiche, somatiche e genetiche, in favore di una scelta libera. Sostengono che il sesso deve poter essere scelto dall'individuo esattamente come si sceglie di che colore vestirsi. E così si deve poter scegliere il proprio orientamento sessuale, etero, omo, transessuale, o addirittura tutti e tre nel corso di una sola vita... Ecco perché questa teoria non riconosce la specificità dell'essere maschio e femmina, che pur è evidente anche nei comportamenti dei bambini molto piccoli. Mira all'abolizione dei ruoli all'interno del matrimonio, dei termini come mamma e papà, da sostituire con genitore 1 e genitore 2, dato anche che i genitori potrebbero essere dello stesso sesso. Lo scopo ultimo è la disgregazione della famiglia, all'interno della quale si trasmettono dei valori, si dona protezione e si impara a tessere relazioni, perché si sa che un individuo "atomizzato", cioè che vive da solo senza relazioni significative e quindi incapace di relazionarsi è più facilmente predisposto alla manipolazione. Tale modo di pensare è inoltre appoggiato anche da certe multinazionali per scopi puramente commerciali: è studiato che 100 single consumano molto di più di 100 persone che compongono 60 famiglie. Verranno acquistate infatti 100 case, 100 frigoriferi, 100 lavatrici ecc. anziché solo 60. Scardinare questa ideologia che si sta insinuando nel mondo moderno, è possibile: parola di Costanza Miriano. Non dobbiamo far altro, sostiene l'autrice del libro presentato a Staggia, che riscoprire le differenze fra maschio e femmina e smettere di considerarle un limite perché invece sono una vera ricchezza. Ci donano la possibilità di creare una realtà ben ordinata: la famiglia, all'interno della quale educare dei figli all'amore. Se prendiamo atto di queste differenze saremo più capaci di smussarle e venirci incontro. La donna imparerà che non sposa un uomo per poi formattarlo a suo piacimento, ma per accettarlo ed accoglierlo con i suoi atteggiamenti tipicamente maschili. Così l'uomo capirà che deve essere una guida amorevole e sicura per la sua donna che ha bisogno di protezione e certezze. Egli è il più idoneo a prendere le decisioni con lucidità perché meno impulsivo e più calcolatore, così sarà suo il ruolo di capofamiglia, una responsabilità che lo renderebbe davvero virile, da cui l'uomo moderno fugge, perché implica il sacrificio della propria vita. Costanza mostra nel suo libro come sia un compito della donna quello di tirar fuori dall'uomo questa sua virilità, facendolo sentire accolto, dandogli spazio e fiducia, perché è tipica delle donne la capacità di adattarsi, portare su di sé pesi e plasmare con pazienza. Con la Grazia di Dio noi sposi cristiani possiamo mostrare la bellezza del matrimonio e la gioia che ne può scaturire, seppure in mezzo alle difficoltà normali della vita. Con un po' di impegno il matrimonio può trasformarsi da tomba dell'amore al rifiorire dell'amore, che con l'unione stabile del sacramento viene ogni giorno alimentato e raggiunge le vette più alte.
Per vedere la precedente conferenza (e i video) di Costanza Miriano a Staggia Senese, clicca qui!
IN ''SPOSALA E MUORI PER LEI'' CI SONO DEI SUGGERIMENTI ALLE MOGLI SU COME RENDERE VIRILE IL PROPRIO UOMO Intervista a Costanza Miriano: ''La virilità è la capacità dell'uomo di prendere su di sé i colpi della vita, a difesa di coloro che gli sono affidati; ecco perché il massimo della virilità è Gesù'' Per leggere l'intervista a Costanza Miriano, clicca qui sotto: http://www.scienzaevita-siena.it/it/articoli.php?id=127
Per il commento di Paolo Delprato, clicca qui!
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Fonte: Toscana Oggi, 25 novembre 2012
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L'ADOZIONE DEGLI EMBRIONI CRIOCONSERVATI E' DISUMANA
Un fine buono non rende leciti mezzi in sé illeciti
di Cristian Ricci - Fonte: Scienza & Vita Pontremoli, 29/11/2012
Il Presidente dell'Associazione Scienza & Vita Pontremoli fa sapere che non condivide la posizione del Presidente Nazionale, Prof. Lucio Romano, riguardante la presenza di un fondamento etico nell'adozione per la nascita (APN), o adozione prenatale, degli embrioni crioconservati a seguito di trattamento con tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), emersa nel corso del X Congresso Nazionale. Il disaccordo si basa sul principio che un fine buono, non rende leciti mezzi in sé illeciti. Infatti, condurre alla nascita questi embrioni significherebbe applicare pratiche indegne dell'essere umano, come sono la crioconservazione, la procreazione medicalmente assistita e la gestazione effettuata da donna diversa da quella il cui ovocita è stato fecondato. Ritengo che le linea proposta dal Prof. Romano sia in antitesi con lo scopo stesso che ci prefiggiamo come Associazione e cioè quello di una scienza a servizio dell'uomo, infatti se questa fosse la linea predominante, la nostra Associazione sosterrebbe, di fatto, che alla scienza è consentito fare anche ciò che è moralmente errato! La soluzione che dovrebbe sostenere Scienza & Vita su questo tema è ribadire un ferma contrarietà alle pratiche di PMA, che in sé sono indegna dell'essere umano e producono conseguenza deleterie, come quella di specie, che non hanno soluzioni moralmente accettabili.
Fonte: Scienza & Vita Pontremoli, 29/11/2012
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LA PAURA E L'AMORE
Un altro triste test anti-down: salta all'occhio l'impiego di risorse su risorse per questo scopo, mentre in molti Paesi le associazioni di persone con disabilità varie lamentano tagli su tagli nella ricerca per aiutare chi è malato
di Carlo Bellieni - Fonte: Avvenire
Proprio in questi giorni è stato inaugurato a Roma il centro "Exit",
nato dalla collaborazione di neonatologi e ostetrici del Policlinico
Gemelli e del Bambino Gesù. Exit è la sigla che indica una tecnica con
cui i medici intervengono sul feto (l’exit viene eseguita quando il feto
ancora riceve sangue dalla mamma attraverso la placenta) poco prima
della nascita effettiva per favorire la cura di certe patologie
congenite, e che già in alcuni Paesi è impiegata con successo. È
un’ottima notizia, perché la Exit e le varie forme di chirurgia fetale
non solo mostrano il bimbo non ancora nato come paziente – dunque è
culturalmente un passo importante –, ma anche perché realmente, con
grande soddisfazione delle famiglie, riesce a salvare delle piccole vite
che potrebbero avere un destino triste. Ottima notizia, anche
perché invece sembra che le risorse (e l’attenzione dei media) in ambito
prenatale siano indirizzate in stragrande parte verso la diagnostica
prenatale genetica. Entra per esempio in commercio in questi giorni in
Svizzera l’ennesimo test per individuare prima della nascita chi è Down e
chi non lo è. Non ne sentivamo la mancanza, anche perché sistemi per
individuare i bimbi Down non mancano. Certo, ci sono mamme ansiose per
le quali avere conferma che il figlio non è malato serve a rasserenarsi;
ma quanti padri e madri usano test genetici prenatali nell’ottica quasi
routinaria di abortire se il figlio non è "conforme"? Si moltiplicano i
test genetici prenatali; e salta all’occhio l’impiego di risorse su
risorse per questo scopo, mentre invece in molti Paesi le associazioni
di persone con disabilità varie lamentano tagli su tagli negli
stanziamenti sociali e nella ricerca per aiutare chi è malato, chi ha
malattie rare, chi ha familiari portatori di handicap. Anche chi
sostiene la liceità dell’aborto trova difficile a questo punto sostenere
che l’aborto sia una scelta libera: quale libertà può esserci se
l’alternativa di "tenere" il bambino non solo non trova un sostegno
economico, ma neanche culturale o sociale? Eppure la medicina non ha
difficoltà a riconoscere che il feto è un paziente e va curato; e
probabilmente se questi sforzi e questa consapevolezza venissero
assecondati, tutta la società ne trarrebbe vantaggio.
Il
problema che ci dovremmo porre, viste queste notizie, è duplice.
Riguarda in primo luogo l’allocazione delle risorse e quanto sarebbe
auspicabile che gli Stati dedicassero più attenzione alle cure che
all’alba della vita favoriscono la vita stessa, come fa il nuovo centro
di terapia fetale romano. Il secondo punto riguarda la cultura che si
respira in occidente riguardo la vita prenatale. È una cultura che
unisce disinformazione, paura e abbandono che mischiati senza cura
stuzzicano la parte emotiva dei futuri genitori. Ma la paura dovrebbe
essere combattuta culturalmente da una società che mostri con i suoi
strumenti potenti di non classificare i cittadini in categorie a seconda
della malattia; mentre l’abbandono di chi ha maggiormente bisogno non è
accettabile in un mondo che si dice moderno ed evoluto.
Che
segnale forte sarebbe, allora, introdurre un percorso virtuoso di
diagnostica prenatale in tutti gli ospedali e in tutti gli ambulatori
europei, per il quale alla diagnosi di una malattia genetica fetale la
famiglia venisse indirizzata automaticamente verso chi la cura prima e
dopo la nascita e allo specialista della malattia in questione; e se i
genitori volessero, anche verso chi questa malattia già la vive nella
sua famiglia, per uscire dall’emotività e trovare una strada al
desiderio di vita e di amore. Se poi si capisse che c’è tanta gente che
semplicemente vuole più aiuto per accogliere più figli, e si
indirizzassero lì le risorse, saremmo davvero sulla strada giusta.
Fonte: Avvenire
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RISVEGLIO DOPO ANNI DI COMA: LA VITA SOSPESA
A riprova che non vi è prognosi certa su questo tipo di condizioni, la madre di Massimiliano Tresoldi racconta il magico Natale del risveglio di suo figlio, dopo quasi un decennio di stato vegetativo dove l'ha sprofondato uno spaventoso incidente stradale
di Gabriele Moroni - Fonte: Il Giorno
«Quella sera non ce la facevo più. L'ho messo a letto e non avevo neppure la forza di sollevargli la mano per il segno della croce come facevo sempre. "Massimiliano, gli ho detto, la mamma è tanto stanca. Se vuoi, prega da solo". L'ho visto alzare la mano e segnarsi. Subito dopo mi ha abbracciato». Magica serata di Natale del 2000. Nella sua casa di Carugate Massimiliano Tresoldi ritorna alla vita dopo nove anni trascorsi nella notte dello stato vegetativo dove l'ha sprofondato uno spaventoso incidente stradale. Dal coma e ritorno come il sottotitolo di «E adesso vado al Max!», il libro che Lucrezia Povia, la mamma di Max, ha scritto con i giornalisti Lucia Bellaspiga e Pino Ciociola (edizioni Ancora). Perché lo ha scritto? È la stessa mamma Lucrezia a spiegarlo: «Lo scorso anno Massimiliano ha compiuto quarant'anni. Giravamo con lui a portare la testimonianza della nostra storia. Molti ci chiedevano di Eluana, era inevitabile. Eluana e Massimiliano erano suppergiù coetanei, le loro storie sono andate in parallelo: mio figlio ha avuto l'incidente il giorno di Ferragosto del '91, Eluana nel gennaio del '92. I giornalisti mi dicevano che la nostra storia era bella, che dovevo scriverla e pubblicarla. Ma, obiettavo, non so se ce la farò, ho fatto solo la terza media. Alla fine ho parlato con Lucia Bellaspiga e ho incominciato. I primi tempi è stato durissimo tirare fuori tutti quei momenti, riviverli. Scrivevo di notte, dopo che erano andati tutti a letto. La prima copia l'abbiamo consegnata al Papa. Il libro ha vinto il premio "Donne e Vita" a Pontremoli». Nell'agosto del '91 con gli amici Max ha deciso di trascorrere le vacanze in Puglia, nella zona di Vieste. È il suo primo lungo viaggio in automobile. Dopo qualche giorno però si rimette in auto diretto a casa. E' il 15 agosto. In casa Tresoldi squilla il telefono: Massimiliano ha avuto un incidente, è in ospedale a Melegnano. La diagnosi è agghiacciante: cervelletto tranciato. «È un tronco morto», dicono i medici ai genitori. Ma lui resiste, vive, è un tronco, ma vive. È la madre a prendere la decisione: Massimiliano tornerà a casa. In tanti tentano di dissuaderla, di convincerla che suo figlio è un malato ingestibile. Lucrezia resiste. E' la sua prima vittoria. Fino a quel Natale straordinario, quando Max riemerge da nove anni di buio. La mamma lo spiega così: «Credo che quella sera mio figlio abbia sentito che non ce la facevo più, che stavo crollando, che ero disperata. E mi ha risposto». È un'altra vittoria. Ma Lucrezia sa che non deve stancarsi di combattere. «In questi anni, dal risveglio di Massimiliano in avanti, ho continuato a lottare. Mi chiedevo perché mio figlio non doveva parlare visto che le corde vocali non erano danneggiate. In un centro specializzato di Milano mi hanno confermato che tutto dipendeva dalla lesione al cervelletto. Non mi sono arresa. Nel 2008 ho trovato una logopedista, una ragazza brasiliana. Aveva lavorato in un ospedale italiano, aveva seguito un malato di Sla, mai pazienti come Massimiliano. Mi ha spiegato cosa poteva fare. "Forse ci siamo", ho pensato. Nel febbraio del 2009, mentre Eluana Englaro moriva, Max ha incominciato a pronunciare le vocali». Max segue, capisce, vive il dramma della donna di Lecco. Quando Eluana se ne va scrive a stampatello su un foglio bianco, senza omettere la punteggiatura: «Io vivo felice, povera Eluana!».La mamma insiste per risentire la voce di suo figlio. «Un pomeriggio gli ho detto: "Se vuoi bere il caffè, me lo devi chiedere". Allora ha tirato fuori un "Io voglio il cafè". «L'altra lotta è per rimetterlo i piedi. Dopo l'incidente la parte sinistra era paralizzata. Adesso gli diciamo: "Calcia il pallone e non usare il piede destro". Allora, da seduto, tira su con fatica il sinistro e calcia. Ce la faremo». Sarà un'altra vittoria per Massimiliano e Lucrezia. «Massimiliano mi dice "rompi" e fa segno con la mano. E' vero, gli rispondo, sono una mamma rompi. Se non lo fossi stata non ti avrei recuperato».
Fonte: Il Giorno
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