Amici del Timone n�95 del 15 ottobre 2020

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NON SARA' IL VACCINO A SALVARCI DAL CORONAVIRUS
La scienza vera invita a diffidare dai facili entusiasmi diffusi dai media: il vaccino non è l'unica forma di prevenzione: non garantisce protezione, e porta molti rischi e dubbi etici
di Paolo Bellavite

Un mondo globalizzato e scristianizzato, già fiero delle sue conquiste tecologiche e informatiche, è ora terrorizzato da un esserino più piccolo di un millesimo di millimetro. La gente si difende nascondendosi goffamente, guarda la TV più che far moto e arieggiare i locali, sperando nel vaccino. Il vaccino è il Salvatore, la scienza è Dio. A proposito, pochi hanno notato che la curva epidemica in Italia è iniziata proprio il 27 marzo, giorno della benedizione in una piazza S. Pietro vuota, bagnata dalla pioggia.
Non si preoccupino i lettori: non sono un no-vax, né spero solo nelle benedizioni! Ho insegnato Patologia Generale e Immunologia tutta la vita e ho decantato le lodi dei vaccini, salvo impegnarmi poi motivatamente contro l'obbligo, o ricatto che dir si voglia, di 10 vaccini di cui alcuni per malattie inesistenti e uno imposto dopo corruzione del ministro De Lorenzo. Ne ho relazionato alla Commissione Igiene e Sanità, su invito. Sono un medico scienziato (H-Index = 47) e credo fermamente nella Scienza rigorosa e libera, senza bisogno di "patti trasversali" di qualsiasi sorta. Una Scienza al servzio dell'umanità e dell'ambiente, che non si presta a manipolare l'uomo, né i virus più pericolosi.
È venuto il momento del vaccino. Il ministro della salute si è spinto a dire di mantener il lock-down finché arriverà il vaccino-salvatore. Super-esperti all'inizio dicevano che ci sarebbero voluti 18 mesi (perché la cosa più importante, dicevano, è la sicurezza), ora si sente parlare di meo di 6 mesi. Ovvio, perché altri 18 mesi avrebbero creato la delusione e la rivoluzione. Qui faccio alcuni brevi commenti solo su due aspetti fondamentali di vaccinologia: efficacia e sicurezza.
Efficacia. Senza dilungarmi in analisi tecniche dei diversi tipi di vaccini, è chiaro che se ce ne sono così tanti è perché non c'è un solo metodo tradizionale che funzioni. Non va bene la proteina attaccata all'alluminio (come l'esavalente, per intenderci), né il virus attenuato (come MPRV, per intenderci): se funzionassero, lo avrebbero già fatto da un pezzo per la SARS e la MERS. Ci sono mille altre idee in competizione, per un mercato ultra-miliardario. Pare che ormai la fretta abbia fatto accelerare gli studi "preclinici" e si passi alle sperimentazioni sull'uomo. La prima sperimentazione si svolge su soggetti sani e forti che si fanno iniettare (a pagamento) il candidato vaccino per dimostrare che si sviluppano anticorpi e per provare se ci sono reazioni avverse gravi e immediatamente evidenti. Per questo test servono pochi volontari perché è ovvio che se si inietta una sostanza estranea - qualunque sostanza estranea - si sviluppa una reazione immunitaria. Quindi dobbiamo aspettarci che questa prima fase – pare sia già in corso con qualche vaccino, compreso uno "italiano" - darà risultato positivo, cioè si formeranno i benedetti anticorpi, il qual successo sarà celebrato all'inverosimile dai media.
Volontari? La seconda fase è quella in cui si deve provare che il vaccino sia capace di difendere il vaccinato dall'infezione. Infatti, non è detto che avere gli anticorpi equivalga a protezione dal virus. Per far questa prova in modo corretto, si devono confrontare due gruppi di volontari adeguatamente "randomizzati" (cioè l'appartenenza a un gruppo o all'altro è estratta a sorte), in cui un gruppo riceve il vaccino e l'altro il "placebo". E qui sta il vero problema, perché bisogna aspettare di vedere quanti avranno la malattia nei due gruppi, per fare il contronto statistico. Ma ci vuol tanto tempo. Il più famoso dei virologi ha rilanciato la proposta di accelerare le procedure, facendo il confronto tra due gruppi di giovani volontari sani, infettati artificialmente col coronavirus. Quanto sia etico esporre dei volontari, per quanto ben pagati, ad un pericolo mortale (il rischio vale anche per i vaccinati, se il vaccino non funziona!) non sta a me giudicarlo, mi sia solo consentito avere dei dubbi. Ma resterebbe comunque il problema che questa malattia è grave soprattutto per gli anziani con altre patologie, quindi uno studio di efficacia fatto su volontari sani e giovani non sarebbe applicabile a persone con altro tipo di sistema immunitario e fisiopatologia.
Quello che sarebbe fattibile, se ci fosse la volontà di un organismo statale, sarebbe di programmare sin da ora uno studio epidemiologico ben fatto: formare due grandi gruppi di cittadini, il cui gruppo sarebbe formato da volontari che scelgono di vaccinarsi, l'altro da volontari che scelgono di non vaccinarsi. I due gruppi sarebbero poi seguiti nel tempo per rilevare l'incidenza della malattia e altre eventuali modifiche dello stato di salute. Per uno studio di questo genere servirebbero due gruppi abbastanza grandi di volontari (anche per poter "aggiustare" le statistiche sulle diverse variabili anagrafiche, demografiche e cliniche) ma esso avrebbe il vantaggio della sicura eticità e non richiederebbe il pagamento dei soggetti partecipanti.
Sicurezza. La sicurezza del vaccino è un parametro fondamentale per la sua validazione e messa in commercio. Il discorso sarebbe molto lungo e articolato, ma qui accenno solo a due aspetti determinanti. Da una parte è necessario che gli studi di sicurezza "pre-marketing", quelli che misurano gli eventi avversi nella fase sperimentale, siano fatti in modo trasparente e controllato da un ente "super partes" rispetto ai produttori del vaccino stesso. Dall'altra è necessario che la rilevazione degli eventi avversi "post-marketing" sia effettuata con metodi validi, basati sulla rilevazione "attiva" degli eventi stessi e non solo sulla segnalazione "spontanea".
L'importanza della vaccinovigilanza attiva è nota nella letteratura scientifica. Ma c'è un altro punto-chiave che a molti non è noto: una volta che un evento avverso insorto dopo la vaccinazione sia segnalato, si deve valutare il "nesso di causalità" con il vaccino. Infatti, c'è la possibilità che una malattia sia insorta per caso o per altri motivi nello stesso periodo di tempo. Per far questo, si seguono le linee-guida dell'OMS, pubblicate nel 2018. Purtroppo tali linee guida hanno molti difetti, tali che molti eventi avversi possono essere erroneamente attribuiti ad "altre cause", anche se il vaccino è stato una causa scatenante. In altre parole, l'algoritmo ha un'impronta sostanzialmente negazionista. Ho approfondito e documentato questo grave problema – che intacca la credibilità della stessa OMS, già alquanto scossa in questo periodo - in una pubblicazione scientifica.
Infine una cosa sia chiara: chi promette il vaccino ancora non ha idea – perché non può averla - se esso sarà efficace, quanto sarà efficace, quanto duratura sarà l'immunità, quanti e quali saranno gli effetti collaterali. Sentir parlare di obbligo vaccinale da un viceministro, in queste condizioni, fa venire i brividi. Comunque sia, ben venga un vaccino efficace e sicuro, ma in attesa ricordiamoci che la prevenzione si fa in tanti altri modi. Ma questa è un'altra storia.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/04/2020

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