Amici del Timone n�66 del 16 marzo 2017

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LA CHIAMANO FINE VITA PER NON DIRE CHE E' UNA MORTE. DI STATO.
Le bugie con cui vogliono farci sembrare normale uccidere un essere umano
di Carlo Bellieni

C'è molto di terrificante e di antidemocratico nella corsa all'individualismo che percorre l'Europa. Tutte le scelte politiche da prima pagina nel vecchio continente vanno nel senso di soddisfare scelte individuali: dalla liberalizzazione del gioco d'azzardo alle leggi sulle convivenze o sul fine-vita. Ed è significativo questo cambio di rotta in 50 anni, da uno stato centralista cui facevano resistenza gli organi intermedi (famiglia, partiti) ad uno stato transnazionale, cioè imprecisato come entità, che non trova nessuna resistenza nel popolo cui elargisce scorciatoie ai gravi problemi - invece di prevenirli – e in cui famiglia e partiti sono stati svuotati di significato, tanto da sgretolarsi fragili e contumaci. La prevenzione la si potrebbe fare rendendo la gente responsabile e virtuosa, ma un popolo cosciente sarebbe un impedimento allo stato impalpabile e transnazionale che vuole soppiantare la democrazia popolare, la repubblica "basata sul lavoro", per cui assistiamo all'esplodere di leggi basate sul bisogno individuale e al crollo di quelle basate sul bisogno sociale.
E il paradosso è che la politica non previene più il disagio; semplicemente lo asseconda. Lo vediamo con i recenti casi di suicidio assistito in Svizzera, e con la messa in primo piano nel dibattito parlamentare delle leggi sul fine-vita. Con il paradosso ulteriore che tanti si danno da fare per prevenire i suicidi, ma se il suicidio diventa un diritto, con quale forza morale si tenterà di dissuadere chi vuol farla finita? O si arriverà a denunciare chi interrompe un atto suicidario che non ha ottenuto l'autorizzazione statale? L'American Journal of Public Health di questo mese mostra che il tasso di suicidi in California è aumentato del 12,5% negli ultimi 10 anni. E questo è l'ultimo dato di un trend esteso a tutti i Paesi industrializzati. Cosa fa lo Stato? Legalizza il suicidio: in certi casi, a certe condizioni, ma certo non fa prevenzione; e questa è la cosa grave. In Slovacchia si è avuto un incremento di suicidi dal 2007, con la crisi economica dopo un periodo di stabilizzazione di questo fenomeno, secondo l'ufficio di statistica della repubblica Slovacca, e anche questo è un dato significativo che mostra che il suicidio è di chi subisce un attentato al proprio io, di persone fragili e non aiutate, come conferma uno studio condotto in Inghilterra e Galles; che il suicidio sarebbe prevenibile. Purtroppo si sottovaluta anche il fenomeno dell'emulazione, ben noto negli studi sul suicidio, e anche questo dovrebbe far riflettere: mettere tanta enfasi sul suicidio come diritto, porta ad una sua accettazione e normalizzazione, ad un suo sdoganamento e chi è solo e fragile non cercherà rivendicazione per i suoi diritti, non cercherà compagnia; e chi lo potrà aiutare avrà dallo stato un segnale di interessarsi dei propri affari e "rispettare" chi in solitudine, amara solitudine, sceglie la morte.
Questa è la legge che segna tanti fenomeni: chiudere gli occhi sulla prevenzione e aprire scorciatoie all'individuale. E' molto più facile e costa meno, molto meno, aprire le scorciatoie piuttosto che fare prevenzione, tant'è che una legge sulla liberalizzazione della cannabis è bell'e pronta in parlamento. Ci piacerebbe vedere invece uno stato che mette nelle leggi finanziarie al primo punto la prevenzione della emarginazione e della povertà; potrà fallire e non essere in grado, potrà accampare la mancanza di fondi ma almeno sarebbe chiara una priorità: prima vengono gli ultimi; poi tutto il resto. E impostare delle priorità di questo tipo sarebbe esemplare e lo sottoscriverebbe la maggioranza del popolo, anche se per questo dovesse fare sacrifici.
Non ci piacciono i possibili paladini di una stupido accanimento terapeutico, che voglia far insistere con cure inutili e dolorose; per questo si deve parlare e trovare un modo di dire basta alle medicine quando non servono o sono addirittura dolorose. Non ci piace nemmeno chi si oppone per pregiudizio a tutto. Serve il colloquio franco e costruttivo. Ma il problema è: come si può colloquiare con in politica si sente a suo agio tra le scorciatoie che costano poco e sceglie di non fare una costosa ma democratica e civile prevenzione del disagio? Prevenire il disagio costa, non è popolare (è più popolare sui massmedia il saltare a conclusioni drammatiche e spettacolari), ma dovrebbe essere chiaro che lo stato democratico è lo stato della solidarietà, dei legami e delle scelte sociali, non delle solitudini. La droga non è democratica; il gioco d'azzardo non è democratico perché distraggono dal passo necessario e purtroppo negato: l'intervento del sociale in soccorso dell'individuale. Lasciar morire senza aver dato non 1000 ma 100.000 aiuti a chi è nel disagio non è democratico ma pilatesco.

Fonte: Il Sussidiario, 02/03/2017

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