Amici del Timone n�51 del 01 gennaio 2016

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CONTRORDINE COMPAGNI: IL PAESE HA BISOGNO DI FIGLI
Cecità, ignoranza e isolamento scientifico hanno guidato le politiche antinataliste dei paesi comunisti: dopo la Cina anche la Corea fa marcia indietro....forse troppo tardi
di Marco Respinti

Contrordine compagni: fare figli fa bene alla Patria socialista. Dalle notizie che Radio Free Asia (clicca qui) è riuscita a carpire, una direttiva emanata l'8 ottobre dal governo della Corea del Nord, l'ultimo baluardo del comunismo più regressivo e oscurantista, cambia drasticamente politica demografia mettendo fuori legge l'aborto e i sistemi anticoncezionali impiantati nei corpi delle donne. I trasgressori, in specie i ginecologi, verranno severamente punti con multe e carcere.
La Corea del Nord sta infatti morendo, per estinzione. Dagli anni 1990 il suo tasso di natalità è in caduta libera. Secondo il World Factbook stilato dalla Cia, la Corea del Nord è al 134° posto su 224 Paesi censiti per tasso di natalità. E tutto per colpa unica e totale del perverso sistema di collettivizzazione economica perseguito dal regime che, stringendo il Paese in un'autarchia improduttiva, genera solo miseria e carestie continue. I nordcoreani, infatti, non hanno di che vivere. Per questo non fanno figli che non saprebbero come mantenere. Moltissime coppie, ridotte letteralmente alla fame, si sono autoimposte la regola del figlio unico, ricorrendo a ogni tipo di tecnica contraccettiva e abortiva. La spirale intrauterina, inoltre, è popolarissima per via dell'altissima diffusione della prostituzione e del numero enorme di stupri che si verificano nel Paese. La qualcosa però non fa che aggiungere aberrazione ad aberrazione, visto che la contraccezione non incide affatto sulla riduzione del numero degli stupri (anzi, semmai il contrario, visto che non producono "conseguenze") e dunque, riducendo tutto al "problema gravidanze", "risolto", ne implica la progressiva accettazione sociale.
In Corea del Nord l'aborto fu totalmente legalizzato dal Codice penale «per ragioni importanti» sin dal marzo 1950. Normalmente avveniva attraverso iniezioni letali per il feto. Quello di Stato veniva praticato specialmente sulle donne riparate illegalmente in Cina e poi rimpatriate (perché la Cina comunista questo fa, rimanda alla Corea del Nord comunista tutti quelli che cercano di scappare): se c'era il sospetto che potessero essere incinte di uomini cinesi, venivano costrette all'aborto e i nati sfuggiti alla mattanza eliminati poco dopo il parto. Ancora il 17 febbraio 2014 un rapporto di quasi 400 pagine sulla situazione dei diritti umani nel Paese asiatico stilato dalle Nazioni Unite (clicca qui) denunciava la depravazione di cui sono oggetto i non-nati e gli handicappati, tra l'altro in una logica perfettamente eugenetica.
Infatti, gli handicappati che per qualche ragione sfuggono all'eliminazione nel grembo materno o subito dopo la nascita sono confinati in aree rurali che li tengono lontani dalle popolazioni "sane" delle città o sottratti alle famiglie (condannate a condizioni di estrema povertà per avere generato figli "impuri") e internati in strutture statali senza che i genitori li possano più vedere. Cosa sarà di loro dopo la nuova direttiva antiabortista nessuno lo sa, ma è verosimile che la loro sorte possa essere stralciata da quella degli aborti "sani" oggi vietati.
Adesso si volta pagina, almeno sull'aborto dei "sani", ma a imporre cautela è il precedente cinese che alla famigerata politica del "figlio unico", quella che con l'aborto obbligatorio impediva alle coppie di avere più di un figlio, ha appena sostituito la politica dei "due figli unici" (clicca qui) solo in nome di un welfare sostenibile. Ieri serviva allo Stato sopprimere vite umane, oggi serve salvarle. Ma proprio questo, dice Steven W. Mosher, fondatore e presidente del Population Research Institute di Front Royal, in Virginia, il primo a documentare anni fa orrore l'orrore della demografia cinese, fa temere che la Corea del Nord possa adesso pensare d'imporre ai cittadini una non meno scioccante politica della riproduzione forzata in nome della ragion di Stato.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/11/2015

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