Mercoledì scorso, 26 giugno, alla Camera bassa del Parlamento di Dublino sono ripresi i lavori parlamentari sul «Protection of life during pregnancy bill», la proposta di legge che permetterebbe un ampliamento notevole delle ipotesi per accedere all’aborto per le donne irlandesi. La chiesa cattolica non è stata a guardare ed ha messo in piedi la campagna “Choose life 2013”: una serie di dossier di carattere formativo e spirituale redatti dal Catholic Communications Office della Conferenza episcopale irlandese e rivolti ai semplici fedeli, ai siti web delle parrocchie e a tutti quanti vogliono contrastare questa nuova legge. Il materiale è confezionato in modo tale che possa facilmente essere inoltrato attraverso le newletters delle parrocchie o delle associazioni pro-life.
Nel documento dal titolo “Il tempo della chiarezza e della verità” che spiega l’iniziativa si può individuare il principio base ed inderogabile che muove l’azione episcopale: “Non importa quale legge è stata varata in un Paese: l’aborto è e sarà sempre un’azione gravemente sbagliata”. Nei dossier che analizzano il testo di legge poi non si fanno sconti a riguardo: “il disegno di legge sull’aborto non contiene nessuna procedura per dare attuazione all’ ’obbligo di cura’ dovuto al nascituro; non vi è alcun processo di appello; nessun sedativo da somministrare al bambino prima che gli venga tolta la vita; non vi sono le necessarie valutazioni dei rischi per l’interruzione anticipata e nessun rimedio per un bambino che sopravvive a un aborto, ma soffre di complicazioni mediche a seguito della cessazione anticipata di gravidanza”.
La campagna “Choose Life 2013” – che vuole richiamare il concetto di “choice” (scelta), principio cardine degli abortisti – ha dato vita anche ad una veglia di preghiera che si è svolta a Dublino l’8 giugno scorso e il cui slogan era “La scelta della Vita: abbiamo cura di entrambi”, madre e figlio. Lo slogan non è stato ideato a caso. In Irlanda il divieto d’aborto è disciplinato addirittura a livello costituzionale. Infatti l’art. 40 della Costituzione, al terzo comma, così stabilisce: “Lo Stato riconosce il diritto alla vita del bambino non nato e, con la dovuta considerazione per il pari diritto alla vita della madre, garantisce nelle sue leggi il rispetto, e nella misura del possibile, tramite le sue leggi, la difesa e la rivendicazione di tale diritto”. Nel ’92 la Corte Suprema esplicitò i limiti di questo divieto in modo più analitico: si può abortire se la donna è in pericolo di vita, ma il pericolo deve essere “reale e sostanziale”.
L’onnipresente Corte Europea dei diritti dell’uomo nel dicembre del 2010 emanò una sentenza sul caso A., B. e C. vs Irlanda in cui, in buona sostanza, si invitava il governo di Dublino a specificare meglio quando la donna in pericolo di vita potesse abortire. Questa indicazione della Corte Europea è stata una manna per il fronte abortista che ha inserito nella legge la possibilità di abortire quando la donna per la sue condizioni di salute non può portare avanti la gravidanza se non a prezzo della sua vita e nel caso in cui questa dichiari che se non abortirà tenterà di togliersi la vita: trattasi pur sempre di pericolo di vita per la donna, non trovate? Questa dichiarazione della donna dovrà essere vagliata da un’equipe di tre medici per verificarne la fondatezza. Risultato: basterà dire di essere pronti al suicidio e l’aborto verrà concesso sempre.
E’ dunque per questo motivo che i vescovi hanno voluto far sapere che si schierano a fianco del nascituro ma anche della madre specificando però che “mentre la salute può normalmente essere ripristinata, la vita, una volta persa, non può mai, mai essere ripristinata”, lasciando intendere che ipotetiche turbe psichiche o stati depressivi che possono inclinare a pensieri suicidi sono sempre curabili e che l’aborto aggraverà lo stato della salute delle donne e non lo migliorerà. Inoltre è da notare che il suicidio non viene praticamente mai invocato né desiderato dalla donna a cui è impedito l’aborto. Il 9 gennaio scorso un gruppo di esperti di ostetrici e ginecologi, tra cui Dr. Sam Coulter Smyth (Clinical Professor of Obstetrics and Gynaecology at the Royal College of Surgeons) e la dottoressa Mary McCarthy (University College At Dublin / National University of Ireland), ha tenuto un’audizione parlamentare a Dublino, spiegando che il suicidio in caso di aborto negato è estremamente raro. Negli ospedali dove loro operano ad esempio in 20 anni di attività sono stati registrati zero suicidi. Vedremo invece quante dichiarazioni di aspiranti suicide verranno fuori dopo questa legge. L’Irlanda diventerà in breve tempo la nazione più depressa del mondo.
In un comunicato che segue il lancio della campagna “Choose Life 2013” poi i vescovi irlandesi temono che questo disegno di legge cambierà anche il ruolo dei medici e paventano per costoro dei vincoli inaccettabili: “mai nessuna istituzione e nessun operatore medico possono essere obbligati a praticare un aborto contro la loro volontà”. La Conferenza episcopale irlandese ha anche scritto una “Preghiera per il bambino nel grembo materno” che così recita: “Guida Signore il lavoro di medici, infermieri e ostetriche. Che la vita della madre e quella del bambino nel grembo materno siano ugualmente amate e rispettate. Signore Gesù, aiutaci a scegliere la vita in ogni decisione che prendiamo. Amen”.