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L'induzione floreale della primula di Domenico Arcuri e Stefano Boeri è durata due settimane. La sua fioritura, così poco biologica, è stata presentata in diretta streaming la scorsa domenica. Il terreno in cui germina è composto da una miscela variabile di riferimenti, passioni e significati profondamente italiani. "La primula intende trasmettere un senso di rinascita, evitando un messaggio coercitivo e che spaventi, ma trasmettendo l'idea che dopo il vaccino saremo liberi come prima della pandemia". Avrà la capacità di coinvolgere emotivamente il fruitore con un elogio alla bellezza e un messaggio di serenità e rinascita in cui lo stesso è portato a immedesimarsi. La primula è un omaggio, quindi, a Pier Paolo Pasolini, al Verrocchio e, ancora, a Sergio Endrigo. Ma, in quanto simbolo, acquisisce sempre più valore in funzione dei ricordi, delle emozioni e dei significati che può evocare e delle associazioni che ognuno di noi può costruire, dalla Primula Rossa di Castelvetrano agli assorbenti ultra con ali ripiegate.
Si è parlato molto di questi padiglioni e della figura grafica che li caratterizza, del contesto, delle condizioni, degli atteggiamenti che hanno portato all'elaborazione di questa idea. Si discute in termini di merito e di metodo e credo che sia giusto. Queste idee, questi concept, prodotti in un tempo insufficiente, sono riflessioni piccole annunciate in modo intenzionalmente ed eccessivamente plateale. E purtroppo, nella condizione storica e culturale un cui viviamo, questi gesti e queste proposte assumono significati importati. Non sono stati chiariti moltissimi aspetti di questa operazione. Innanzitutto come questo layout, in termini di logistica, si integra all'interno della più complessa governance del piano di vaccinazione. Non è stata presentata, perché non esiste ancora, una valutazione economica complessiva: dalla progettazione esecutiva, alla realizzazione, dalla manutenzione all'eventuale stoccaggio, riuso o smaltimento. Ma possiamo essere certi che questo progetto non potrà essere realizzato senza fondi, grazie all'impegno disinteressato dei privati. Anche il generoso e patriottico intervento dell'architetto Boeri e della sua squadra, che nonostante il periodo è evidentemente nella condizione eccezionale di chi non ha bisogno di ricevere un compenso per il lavoro svolto, è già ricambiato in termini di immagine e rappresenta una vastissima campagna di marketing.
Io credo che da parte nostra sia necessario pretendere dalle istituzioni, almeno, delle soluzioni più sviluppate e democratiche. Penso che sia importante, soprattutto in questo momento, evitare metodi e approcci difficili da decifrare che rischiano di creare ed alimentare personalismi. E sono assolutamente convinto della totale arbitrarietà ed eccedenza di questa decorazione. Io credo che una soluzione, forse meno celebrativa e meno instagrammabile, ma più matura e generativa, fosse possibile se le istituzioni incaricate alla definizione del piano strategico di vaccinazione anti-Covid, invece di iniziare due settimane fa, avessero iniziato con un po' di anticipo. Credo che la riconversione di spazi abbandonati potesse essere una soluzione più equilibrata e rispettosa. E, se valutata in relazione ai contesti locali, in una prospettiva a lungo termine, alla luce delle profonde necessità di sviluppo infrastrutturale in ambito sanitario e non solo, avrebbe potuto addirittura essere una reale possibilità di rigenerazione e crescita sostenibile che doveva essere discussa. Per fare questo, la politica dovrebbe unire l'immaginazione ad una grande capacità di organizzazione, dovrebbe essere un presidio, dovrebbe essere nelle comunità, dovrebbe praticare l'ascolto, piuttosto che occuparsi del consenso e della conservazione del potere.
In Germania hanno iniziato a pianificare la campagna di vaccinazione dai primi di novembre. Berlino ha iniziato il 9 di novembre e undici centri sono già pronti per essere usati, realizzati in aeroporti o spazi fieristici. 780 medici sono disponibili ad entrare in servizio per la campagna di vaccinazione e sono già stati organizzati i piani orari di lavoro. Le prime 900.000 dosi erano attese entro il 15 dicembre, saranno pronte invece tra la fine dell'anno e metà gennaio e troveranno l'infrastruttura e il personale medico, forse meno petaloso, ma sicuramente operativo. Quello che possiamo aspettarci in Italia sarà certamente diverso da quello che viene illustrato in questi giorni. L'immediatezza delle immagini che abbiamo visto, sacrifica molte caratteristiche generali e particolari che dovranno obbligatoriamente essere considerate. Sarà necessario approfondire aspetti di ordine logistico e urbanistico, di accessibilità, di trasporto, di sorveglianza e informazione, che sostituiranno al decoro e alla centralità di queste immagini, una realtà meno decorata, molto più vera e periferica. Ma lasciando da parte le scelte infrastrutturali, i dettagli architettonici, il linguaggio visivo, quello che interessa davvero è inquadrare il progetto di comunicazione per il piano strategico di vaccinazione anti-Covid all'interno del più ampio contesto di progressiva perdita ideologica in relazione all'attività politica in genere. Una politica cedevole e sprofondante che deve essere esaminata in relazione alla contrazione intellettuale connessa all'attività tecnica e di governo.
È innanzitutto doveroso fare delle precisazioni, distinguere gli aspetti relativi alla comunicazione con gli aspetti di governance relativi al piano di vaccinazione anti-covid. Il contributo dell'architetto Stefano Boeri è relativo solo all'elaborazione di elementi grafici e architettonici che fanno parte dell'identità visiva del piano di vaccinazione anti-covid. Il piano strategico di vaccinazione è altra cosa. Il Parlamento ha approvato le sintetiche linee guida il 2 dicembre scorso; l'ultimo aggiornamento, contenuto in un documento di una dozzina di pagine, risale al 12 dicembre ed è stato elaborato da Ministero della Salute, Commissario Straordinario per l'Emergenza, Istituto Superiore di Sanità, Agenas e Aifa. Nonostante l'architetto – sui social, a volte – lo confonda con il più vasto e serio e urgente piano strategico che ancora non sembra esistere, il suo intervento – fino a questo momento – è solo nell'asse della comunicazione, dei caratteri cosmetici e grafici e limitatamente ad alcuni aspetti della logistica, ambito che è di diretta competenza di Domenico Arcuri a cui è inoltre affidata la responsabilità dell'attuazione del piano. Quello che abbiamo visto e di cui si parla non sembra nemmeno essere la campagna di comunicazione del piano di vaccinazione. Sembra piuttosto un'operazione di comunicazione, isolata, sviluppata in un tempo che è contrario all'approfondimento e alla completezza, che utilizza affermazioni concettose e sintetiche, proprie della propaganda politica, della pubblicità politica. Quello di cui parliamo, insomma, è uno spot pubblicitario "modello Milano", inspiegabilmente realizzato da un architetto. L'obiettivo non sembra essere quello di informare riguardo il vaccino, piuttosto rassicurare riguardo l'attività di governo. In questo contesto non è assurdo pensare che sia un'operazione, voluta dal commissario straordinario, tutta tesa a dissimulare il ritardo accumulato su tutti i fronti, a mascherare l'incapacità – o impossibilità – di mettere in campo un piano pertinente e solido, strutturato e sviluppato oltre l'insieme delle linee guida.
Un piano di comunicazione istituzionale invece, fondato su un progetto reale, come già previsto dal piano di Azione Europeo EVAP 2015-2020, dovrebbe innanzitutto fare i conti con i dubbi e le incertezze nella popolazione. Vuol dire, ad esempio, domandarsi: perché l'esigenza di immunità viene avvertita in negativo nel campo sociale, mentre in campo medico-biologico è positiva? In questo contesto storico, vuol dire comprendere le reali tensioni in atto su tutto il territorio nazionale, che significa capire cosa è successo a milioni i Italiani disperati, costretti nell'indigenza psico-fisica, senza reddito, ridotti o destinati alla povertà assoluta nei prossimi mesi. Al contrario, nel tentativo di raggiungere tutti e fare marketing anche all'estero, il messaggio istituzionale viene semplificato, atrofizzato, levigato da ogni complessità, da ogni memoria, da ogni interrogativo, da ogni carattere. Il risultato è paradossalmente, un messaggio esanime, inerte. Un messaggio di "rinascita", naturalmente privo di vita. Di quale rinascita parliamo? a quale "prima" facciamo riferimento? È proprio il ritorno al "prima", questa affabulazione, il pensiero dominante e soffocante, il pensiero omologato e omologante della ripartenza, che necessita una decostruzione estetica per mettere in crisi la sua stessa rappresentazione. Perché una vera rinascita non può essere ritorno ad un prima che non può più esistere. Bisogna avere il coraggio di dire che Il vaccino non ci farà immuni ai problemi che affronteremo in futuro, ben più gravi e violenti del contagio virale.
Perché senza investimenti nella sanità, nell'educazione, senza welfare pubblico, politiche su reddito, casa, inclusione sociale, ridistribuzione, rilancio di settori economici produttivi e della domanda interna, in cosa rinasceremo? Senza una prospettiva biopolitica il vaccino sarà solo fumo negli occhi che posticiperà di pochissimo il disastro. La politica dovrebbe smettere di adottare toni paternalistici e adottare un linguaggio più maturo e autentico, per sviluppare una prossimità di interessi e prospettive con gli invisibili, superare la logica cosmetica e rimettere al centro il sapere e le persone. La politica dovrebbe trattare la popolazione come un corpo sociale complesso, capace di ragionamento, e non come una marmaglia da affabulare. Dovrebbe usare gli strumenti del pensiero critico piuttosto che occuparsi del consenso e della conservazione del potere. Mentre si attende il vaccino, Io vorrei essere guidato da analisi relative a dove si verificano i contagi, in quali settori e situazioni e come lavorare su questo, piuttosto che da una linea sottile e arbitraria tra "essenziale" e "superfluo". Essenziale per chi? A quale scopo? Mentre le scelte adottate fino a questo momento ci restituiscono un quadro di strumentalizzazione del disastro sanitario per fini politici, questo messaggio di serenità, questo nuovo atteggiamento dello spirito a cui dobbiamo aderire, appare sorprendentemente facile da consumare, così semplice da acquisire. Questa pubblicità sembra prima di tutto di smemoramento delle decine di migliaia di morti causati dal Covid 19 e dall'aggressività di chi pensa al profitto piuttosto che alla salute dei cittadini. Un messaggio di pax deorum con le stesse istituzioni che fino a questo momento si sono dimostrate incapaci di usare sistemi di governance, criminalizzando le persone che non sono state aiutate e accompagnate a capire, ma hanno solo subito direttive e limitazioni senza prevedere adeguate misure di sostegno al reddito per le fasce meno garantite della popolazione.
Lo dico con estrema chiarezza, mi spaventa questa comunicazione rassicurante, che promette traguardi miracolanti, senza fornire dati programmatici, che lascia indiscussi molti aspetti. Genera frustrazioni e risentimenti che si radicano su antiche e recentissime disuguaglianze, che potranno risvegliare conflitti e traumi profondi qualora il vaccino, da solo, non dovesse garantire la rinascita promessa. Perché mentre la primula è immaginata nel contesto pittoresco dei centri storici, per esaltare solo gli aspetti più immediati e spettacolari, Il diritto a una vita dignitosa è per tutti o per nessuno, ma prima di tutto per i più deboli. In questo disastro sociale, mi chiedo e vi chiedo, cosa dovrebbe fare l'intellettuale, cosa dovrebbe rispondere di fronte alle necessità demagogiche di questa autorità politica?
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