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Il Comune di Bologna, come già accaduto per altre città italiane, ha provveduto a dare il via libera alla trascrizione presso l'Ufficio dello Stato Civile dei matrimoni fra persone dello stesso sesso contratti all'estero. Lo ha fatto attraverso una disposizione organizzativa del sindaco Virginio Merola dello scorso 21 luglio. Scontato il plauso delle associazioni gay, mentre Avvenire Bologna 7 sul numero di domenica ha ospitato un editoriale firmato da Filippo Savarese, il portavoce nazionale di “Manif pour Tous Italia”. Proprio il 22 luglio la “Manif pour Tous Bologna” ha tenuto una manifestazione in modalità “Sentinelle” (circa 150 partecipanti e qualche disturbatore) per ribadire la contrarietà al ddl Scalfarotto e all'ipotesi di una legge per le unioni civili.
Savarese nel suo editoriale ribadisce che la posizione della “Manif” è quella per cui «il senso del matrimonio non ha nulla a che vedere con il riconoscimento di “diritti sentimentali”, e sia la Corte Costituzionale che la Corte Europea dei diritti dell'uomo hanno negato più volte che esista un ipotetico diritto al matrimonio omosessuale». La battaglia per i diritti civili messa in campo da diverse lobby, invece, sembra protesa a riconoscere tutti i matrimoni possibili, da quelli fra persone dello stesso sesso, fino alla frontiera del “poliamore”. «Da anni», Savarese, «ideologie e filosofie relativiste tentano di delegittimare il ruolo antropologico della famiglia e di sconfessare la centralità della complementarietà tra uomo e donna nel progredire dell’esistenza umana. La nuova frontiera del progresso sarebbe ora negare che ogni figlio ha naturalmente bisogno e diritto di crescere con un papà e una mamma».
Anche a livello politico sembra che le vere battaglie di avanguardia siano quelle per i “nuovi diritti”, mentre quelle a difesa della vita e della famiglia sarebbero inutili tentativi di barricarsi su indifendibili trincee. Evidentemente non la pensa così Valentina Castaldini, consigliera comunale Ncd, che ha risposto alla disposizione Merola con un esposto formale indirizzato al ministro dell'Interno e al Prefetto di Bologna. L'abbiamo incontrata per chiedere conto di questa iniziativa.
Castaldini, perché questa scelta dell'esposto formale?
«Perché c'erano troppe cose che non andavano. Perché ci sono le condizioni per dire che il sindaco ha oltrepassato il suo ruolo esercitandosi in un'esegesi giurisprudenziale che non compete a un ente locale. Tra l'altro, il sindaco non ha agito con una delibera di giunta, ma con una disposizione organizzativa, bypassando così ogni discussione sia in giunta, che in consiglio. Dove va a finire il ruolo di dibattito per i consiglieri?».
Bologna su questi temi è una città simbolo...
«Sì, Bologna è spesso punto di partenza per questi dibattiti. Anche se, in concreto, si tratta di situazioni che spesso riguardano minoranze veramente esigue. Ad esempio, dal 1999 Bologna ha un albo per la registrazione dei cosiddetti “vincoli affettivi” e, ad oggi, risultano registrate appena cinque persone. Eppure, di fronte ai tanti problemi concreti che hanno i cittadini bolognesi, il sindaco preferisce trattare temi che non sono di sua stretta competenza».
Sta facendo una battaglia contro i mulini a vento?
«Purtroppo me lo sento dire spesso, ma credo che oggi sia necessario uno scatto di coraggio. Ci vuole il coraggio di dire che il “re è nudo” e difendere verità e giustizia, in politica, come nella società civile. La questione antropologica che riguarda la famiglia non è questione di colore politico, né confessionale, ma riguarda il futuro della nostra comunità civile. Battersi per un'idea di verità e di giustizia deve rimanere valido per ogni politico, dal consigliere comunale, fino al Presidente del Consiglio».
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