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Nel 2003 il Belgio introduce il “matrimonio” omosessuale. Successivamente apre anche all’adozione da parte dei “coniugi” gay. Ad inizio maggio è stata infine approvata la legge sulla co-genitorialità. Si tratta di questo: Tizia e Caia si “sposano”. Poi decidono di avere un bambino con la fecondazione artificiale. Tizia partorisce il bambino. Fino a ieri Caia, per figurare ufficialmente come genitore del piccolo, non poteva far altro che adottarlo. Ora invece scatta la presunzione di genitorialità. È dunque sufficiente che una delle due donne lesbiche partorisca il figlio affinché quest’ultimo automaticamente sia anche “figlio” della seconda donna.
La legge sulla presunzione di genitorialità ricalca in modo palese l’istituto della presunzione di paternità presente in molti ordinamenti giuridici. Se Maria è moglie di Roberto e partorisce un bebè, si presume per legge che Roberto realmente ne sia il padre, almeno fino a prova contraria. Ma nel caso delle donne lesbiche è scorretto parlare di presunzione, perché presumere che colei che non ha partorito l’infante sia madre biologica è assolutamente falso. Non si tratta dunque di una presunzione, bensì di una finzione, di un inganno.
Per quale motivo i legislatori belgi si sono inventati una norma così bizzarra? Perché in tal modo il bambino – così si legge nelle motivazioni – “non percepirà la disparità dei suoi due genitori. Questo riconoscimento è simbolico e permette alla coppia di rassicurare il bambino”. A parte che ci sono una montagna di studi i quali provano che un bambino cresciuto all’interno di una coppia omosessuale è tutto fuorché felice, ma al di là di questo le comunità gay non ci hanno ripetuto fino alla noia che la “disparità” tra genitori eterosessuali e omosessuali non viene percepita dal bambino, perché quello che conta è “l’amore”? Ora invece veniamo a scoprire che il bimbo potrebbe risentirsi nello scoprire che una della due donne è più madre dell’altra. “Disparità” questa che la legge sulla co-genitorialità di certo non potrà cancellare dato che una delle due avrà portato a termine la gestazione e avrà messo a disposizione il proprio ovocita per la fecondazione. Insomma il figlio anche con questa legge sarà figlio genetico e biologico solo di una delle due.
I legislatori paiono accorgersi che questa norma è tutta una montatura ed infatti parlano di “riconoscimento simbolico”. E qui si scoprono gli altarini gay. Perché non c’è nulla da fare con madre natura: fino a quando la tecnica non permetterà che un bambino venga concepito da due donne – ma il bioeticista John Harris in un suo articolo scientifico ci informa che la meta non è poi così lontana (cfr. “John Harris, il bioeticista che gioca con la vita”) – si possono ottenere sulla natura solo vittorie simboliche, di bandiera.
In realtà la norma appena varata mira, come sempre, non alla felicità dei futuri pargoli di coppie gay bensì a soddisfare i desideri di queste, la voglia di sentirsi “genitori” anche se non lo sono. Se non puoi essere genitore biologico, almeno che sia riconosciuto il diritto di immaginarsi come tale.
Tale decisione del Parlamento belga ha poi creato un curioso cortocircuito. Da questa normativa sono escluse le coppie “coniugate” maschili. Infatti l’unico modo perché almeno uno dei due partner possa essere genitore biologico è quello di passare attraverso la pratica dell’utero in affitto, pratica vietata in Belgio. Ad oggi le coppie omosessuali possono diventare “genitori” solo tramite l’adozione praticata da entrambi. Le comunità gay maschili sono insorte protestando e dichiarando che questa legge è solo una discriminazione bella e buona. Uno strano caso di discriminazioni tra omosessuali (e qui maschi e femmine una volta tanto gongolano). Una discriminazione che per paradosso ricorda a tutti i soggetti coinvolti nella vicenda che per davvero maschi e femmine sono diversi – dato che nel caso specifico ad esempio i primi non possono partorire - così empiricamente diversi che addirittura una legge gay friendly come questa lo riconosce per iscritto.
Lo smacco a questa nuova legge sulla co-genitorialità è ancor più cocente perché gli intenti della normativa andavano nella direzione proprio dell’egualitarismo più assoluto: «Le coppie hanno sofferto psicologicamente di questo mancato riconoscimento [della co-genitorialità automatica]. Nessun genitore, biologico o meno, è secondo all’altro. Non c’è un genitore numero uno e la filiazione omosessuale non può che migliorare il benessere e il funzionamento della coppia e della famiglia».
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