« Torna alla edizione


RIFIUTI: UNA RIFLESSIONE DAL DIZIONARIO DI BIOETICA
Qualcosa che si può ancora utilizzare ma che nondimeno si getta via, nell’ottica che considera utile solo ciò che rientra nel nostro progetto.
di Carlo Bellieni

La definizione di rifiuti in 3 punti:
Realismo
Da “re” e “futare” che viene da “fondere” che significa spargere. Si tratta di ciò che non è considerato più utile. Riguarda sia le eccedenze alimentari e di suppellettili diventate obsolete (cioè di cose ancora utilizzabili) che di parti o strutture ormai inservibili o rotte.
La ragione
Un “prodotto” della società postmoderna. La società postmoderna è la prima società al mondo ad aver creato la categoria di rifiuto. Fino a qualche decennio or sono, anche fisicamente la “spazzatura” era inesistente: cioè che si rompeva si riutilizzava o si aggiustava; le scorie alimentari si davano agli animali o alla terra come concime. Oggi è subentrato il criterio folle che divide le cose in “utili” e “inutili” e siccome siamo in una società fobica che coltiva il culto della perfezione (per cui per non far brutta figura o per un nostro meccanismo interno l’oggetto “peccato” è invivibile e inutilizzabile), le cose inutili che si gettano si moltiplicano. E non si sa dove accumulare e come smaltire le scorie. Di pari passo, è entrato nella mentalità il concetto altrettanto folle che esistano persone “utili” e “inutili”; alle seconde (quelle senza capacità di autonomia) viene semplicemente tolto il riconoscimento di esser “persona”.
Cosa comporta? A questo fenomeno inquietante, la società risponde in maniera sbrigativa ma inefficace: per gli oggetti diventati rifiuto si cerca dove smaltirli (impiegando forze ingenti, dispendiose e inefficaci) senza domandarsi come ridurre la produzione di generi di consumo che non saranno consumati, e come riutilizzare le cose. E creando un senso di colpa nella popolazione sulla quale si addossa l’unico rimedio che viene propagandato come politicamente corretto: riciclare i rifiuti con una raccolta differenziata: cosa buona se non fosse che non risolve il problema, impiega energie per il riciclo talora maggiori di quelle che si vorrebbero risparmiare riciclando. Anche l’idea di riciclaggio — che comporta comunque la distruzione dell’oggetto — deve ormai lasciare il passo all’idea di riparare e riusare il bene: «Riparare un computer è venti volte più ecologico che riciclarlo». Per quanto riguarda le persone giudicate rifiuto (embrioni, feti, neonati, vecchi, disabili mentali – che non vengono riconosciuti come persone – la soluzione sembra quella di agevolarne la scomparsa: le politiche culturali che hanno alla base il culto della perfezione non tollerano che esistano soggetti che per la loro possibile disabilità ricordano al resto della popolazione che il tratto fondamentale della persona è la dipendenza reciproca e non una supposta autonomia; per questo diventa sempre più “normale” accettare soluzioni quali il suicidio, l’eutanasia, l’aborto eugenetico.
Il sentimento

Dividere cose e persone in “utili” e “inutili” è l’inizio della follia, perché dicotomizza il mondo che per sua natura ha un’unità strutturale e che è composto dall’armonia di tutto e tutti. Dividere questa unione intrinseca è segno di una cecità culturale e mentale.
 
Fonte: Bioethics, dizionario di bioetica per tutti