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«Quella sera non ce la facevo più. L'ho messo a letto e non avevo neppure la forza di sollevargli la mano per il segno della croce come facevo sempre. "Massimiliano, gli ho detto, la mamma è tanto stanca. Se vuoi, prega da solo". L'ho visto alzare la mano e segnarsi. Subito dopo mi ha abbracciato». Magica serata di Natale del 2000. Nella sua casa di Carugate Massimiliano Tresoldi ritorna alla vita dopo nove anni trascorsi nella notte dello stato vegetativo dove l'ha sprofondato uno spaventoso incidente stradale. Dal coma e ritorno come il sottotitolo di «E adesso vado al Max!», il libro che Lucrezia Povia, la mamma di Max, ha scritto con i giornalisti Lucia Bellaspiga e Pino Ciociola (edizioni Ancora).
Perché lo ha scritto? È la stessa mamma Lucrezia a spiegarlo: «Lo scorso anno Massimiliano ha compiuto quarant'anni. Giravamo con lui a portare la testimonianza della nostra storia. Molti ci chiedevano di Eluana, era inevitabile. Eluana e Massimiliano erano suppergiù coetanei, le loro storie sono andate in parallelo: mio figlio ha avuto l'incidente il giorno di Ferragosto del '91, Eluana nel gennaio del '92. I giornalisti mi dicevano che la nostra storia era bella, che dovevo scriverla e pubblicarla. Ma, obiettavo, non so se ce la
farò, ho fatto solo la terza media. Alla fine ho parlato con Lucia Bellaspiga e ho incominciato. I primi tempi è stato durissimo tirare fuori tutti quei momenti, riviverli. Scrivevo di notte, dopo che erano andati tutti a letto.
La prima copia l'abbiamo consegnata al Papa. Il libro ha vinto il premio "Donne e Vita" a Pontremoli».
Nell'agosto del '91 con gli amici Max ha deciso di trascorrere le vacanze in Puglia, nella zona di Vieste. È il suo primo lungo viaggio in automobile. Dopo qualche giorno però si rimette in auto diretto a casa. E' il 15 agosto. In casa Tresoldi squilla il telefono: Massimiliano ha avuto un incidente, è in ospedale a Melegnano. La diagnosi è agghiacciante: cervelletto tranciato. «È un tronco morto», dicono i medici ai genitori. Ma lui resiste, vive, è un tronco, ma vive.
È la madre a prendere la decisione: Massimiliano tornerà a casa. In tanti tentano di dissuaderla, di convincerla che suo figlio è un malato ingestibile. Lucrezia resiste. E' la sua prima vittoria. Fino a quel Natale straordinario, quando Max riemerge da nove anni di buio. La mamma lo spiega così: «Credo che quella sera mio figlio abbia sentito che non ce la facevo più, che stavo crollando, che ero disperata. E mi ha risposto».
È un'altra vittoria. Ma Lucrezia sa che non deve stancarsi di combattere. «In questi anni, dal risveglio di Massimiliano in avanti, ho continuato a lottare. Mi chiedevo perché mio figlio non doveva parlare visto che le corde vocali non erano danneggiate. In un centro specializzato di Milano mi hanno confermato che tutto dipendeva dalla lesione al cervelletto. Non mi sono arresa. Nel 2008 ho trovato una logopedista, una ragazza brasiliana. Aveva lavorato in un ospedale italiano, aveva seguito un malato di Sla, mai pazienti come Massimiliano. Mi ha spiegato cosa poteva fare. "Forse ci siamo", ho pensato. Nel febbraio del 2009, mentre Eluana Englaro moriva, Max ha incominciato a pronunciare le vocali».
Max segue, capisce, vive il dramma della donna di Lecco. Quando Eluana se ne va scrive a stampatello su un foglio bianco, senza omettere la punteggiatura: «Io vivo felice, povera Eluana!».La mamma insiste per risentire la voce di suo figlio. «Un pomeriggio gli ho detto: "Se vuoi bere il caffè, me lo devi chiedere". Allora ha tirato fuori un "Io voglio il cafè". «L'altra lotta è per rimetterlo i piedi. Dopo l'incidente la parte sinistra era paralizzata. Adesso gli diciamo: "Calcia il pallone e non usare il piede destro". Allora, da seduto, tira su con fatica il sinistro e calcia. Ce la faremo». Sarà un'altra vittoria per Massimiliano e Lucrezia. «Massimiliano mi dice "rompi" e fa segno con la mano. E' vero, gli rispondo, sono una mamma rompi. Se non lo fossi stata non ti avrei recuperato».
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